Perché Papa Francesco è un grande messaggero di pace
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Perché Papa Francesco è un grande messaggero di pace

Sollecita popoli e governanti a farsi costruttori di pace a difesa dei più deboli, dei poveri, dei migranti

Papa Francesco
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Nuccio Fava Modifica articolo

22 Novembre 2016 - 10.15


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“Pacem in terris”a cui papa Roncalli aveva dedicato una bellissima enciclica è rimasto più una aspirazione che un reale impegno per contribuire davvero alla affermazione universale della pace. Sono prevalse le guerre con violenze e atrocità di ogni genere in tanti parti del mondo. Papa Francesco si è fatto messaggero di pace sin dall’inizio del suo pontificato, sollecitando in tutte le direzioni popoli e governanti, uomini e donne di ogni condizione, a farsi costruttori di pace a difesa dei più deboli, dei poveri, dei migranti. Incontrando i 17 nuovi cardinali  che concorrono a costituire il concistoro rappresentativo di tutte le aree geografiche del pianeta, ha voluto usare l’espressione “ Inimicizia “ che deve essere bandita tra gli stati, i popoli e le persone.

E’ responsabilità primaria dei cristiani contrastare il virus della inimicizia, da testimoniare verso tutti come scelta di vita da praticare in ogni circostanza. Questa categoria della inimicizia è come un tarlo che corrompe la vita delle società, promuove lacerazioni e contrapposizioni.                                                                                             

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Ne registriamo un riflesso preoccupante anche nella campagna referendaria sempre più aspra a meno di 2 settimane dal voto. Volano parole grosse e volgari, si minacciano sfracelli e timori spropositati e strumentali, si usano linguaggi che esasperano e strumentalizzano posizioni differenti.

Ben altro clima si respirava ai tempi dell’Assemblea costituente, nonostante si fosse all’alba della tragica guerra fredda e di aspre tensioni economiche e sociali. Alcide De Gasperi presidente del Consiglio non interferì nei lavori dei padri costituenti e Piero Calamandrei  raccomandava che i banchi del governo restassero vuoti durante i lavori dell’assemblea. Tra qualche mese sarà pubblicato un grosso volume di Giorgio La Pira e Fioretta Mazzei, frutto di un epistolario spirituale e politico durato tutta una vita. In una lettera autografa  su carta intestata Assemblea costituente, Giorgio La Pira scrive della gioia provata lavorando insieme a Lelio Basso, esponente di punta della sinistra socialista, ideologicamente molto lontano dalle posizioni lapiriane. Il professore siculo-fiorentino successivamente straordinario sindaco di Firenze e promotore di dialoghi di pace nel Mediterraneo e dimissioni a Mosca e nel Vietnam di Ho Chi Minh , racconta con entusiasmo della positività del confronto con Lelio Basso e del reciproco arricchimento in parte anche sorprendente, per il risultato del buon lavoro ottenuto insieme. Il fine della politica è infatti operare per il bene comune, specie in materia costituzionale, che rappresenta sempre la casa comune e le fondamenta condivise tra portatori di differenti posizioni.

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