“Mi darò fuoco!”. Ignazio Cutrò annuncia l’intenzione di “protestare” così, per l’ultima volta. Un gesto estremo, per “svegliare” le coscienze ed il ministero dell’Interno. Il testimone di giustizia è sul lastrico, rincorso per mutui non onorati e cartelle esattoriali lievitate in maniera insostenibile. “Io sono convinto di darmi fuoco, il gesto estremo che mi farebbe abbandonare la famiglia, ma oramai ho capito che non ha più senso vivere in queste condizioni”, ha detto Cutrò.
Lui, una quindicina di anni addietro, con le sue denunce contribuì all’arresto dei fratelli Luigi, Marcello e Maurizio Panepinto, ritenuti appartenenti a Cosa nostra agrigentina. Per questo, subì intimidazioni e attentati alla sua azienda. Adesso, per interessi e cartelle esattoriali, gli chiedono 540mila euro.
L’ex imprenditore è a un passo dal gettare la spugna: “Due perizie hanno accertato che i danni subiti dalla mia azienda, che era sana sotto il profilo economico, sono legati alle mie denunce, ma quei documenti sono rimasti in un cassetto”. Infatti, alle perizie redatte dall’incaricato del Viminale, in cui si attestavano le “ripercussioni” per la ribellione alla mafia da parte di Cutrò, non è mai seguito alcun intervento che, attraverso l’accesso ai fondi di garanzia, avrebbe consentito alla ditta di sopravvivere.
“Ho perso tutto quello che avevo, ho perso l’azienda – dice Cutrò – Ho vinto contro la mafia, ma contro la burocrazia e lo Stato mi sono arreso… E questo non deve succedere dopo che un’impresa ha denunciato. Così, si manda un segnale devastante agli altri imprenditori… Io lo rifarei mille volte, perchè ho scelto da che parte stare – ha aggiunto – è lo Stato che deve decidere da che parte stare adesso…”.
Cutrò si dice fiero di essere siciliano, fiero d’essere rimasto in Sicilia, a difesa della sua terra: “Mi stanno facendo pagare per l’associazione testimoni di giustizia, il mio impegno antiracket, le mie proteste,…se c’è accanimento verso la mia persona lo dicano chiaro”. Cutrò chiude con un appuntamento preciso e drammatico: “Non mi rimane che darmi fuoco, lo farò domani a Palermo, in piazza Tredici Vittime, nel luogo in cui si ricordano i caduti di mafia”.