Il reato di clandestinità non serve: per lo Stato solo perdita di tempo e soldi

L’Associazione studi giuridici sull'immigrazione mette in guardia dalle strumentalizzazioni politiche alla notizia dell’imminente approvazione del provvedimento.

Migranti sbarcano in Sicilia
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10 Gennaio 2016 - 10.54


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L’opposizione politica all’abrogazione del reato di immigrazione irregolare è “del tutto pretestuosa, falsa, ipocrita e fondata sull’ignoranza”. Non usa mezzi termini Guido Savio, membro del Consiglio direttivo dell’Asgi, rispetto alle reazioni di parte del mondo politico alla notizia dell’imminente approvazione del provvedimento che mette fuori gioco il così tanto discusso reato. Entro la metà del mese il reato potrebbe essere cancellato dall’ordinamento italiano, ma occorre ricordare che si tratta di un provvedimento che “nasce da lontano”, spiega Savio, cioè “da una legge delega del Parlamento approvata più di un anno fa che ha delegato al governo la necessità di abrogare e depenalizzare tutta una serie di reati, tra cui anche questo”.

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Tempi di approvazione in realtà “già scaduti”, spiega Savio. “La delega legislativa scadeva a novembre 2014. È curioso che il governo l’abbia mandata avanti ora che il ‘casino’ è molto maggiore rispetto ad allora”. Il rischio, chiarisce Savio, è che tra le notizie di attacchi terroristici in Europa, di controlli alle frontiere e quelle provenienti dai recenti fatti di Colonia, l’abrogazione possa sembrare più un pericolo che un’opportunità. “Se in questo momento fai credere alla gente che viene meno un baluardo fondamentale all’opposizione all’immigrazione illegale perdi consenso politico – aggiunge -, ma questa è una mera speculazione politica. Se si dicessero chiaramente come stanno le cose questa opposizione del tutto pretestuosa, falsa, ipocrita e fondata sull’ignoranza non avrebbe presa”.

Che il reato in questione non abbia costituito un deterrente, infatti, non è una novità e già in diverse occasioni lo stesso ministro alla Giustizia, Andrea Orlando, lo ha sottolineato. “Alle persone bisogna spiegare che mantenere questo reato significa fare un processo a distanza di mesi (se non anni) da quando il migrante viene intercettato e che prevede come esito una condanna da 5 a 10 mila euro di ammenda nei confronti di una persona che non sai neanche dove sia e che comunque non ha un patrimonio aggredibile. Un irregolare, infatti, non può avere un conto in banca, non può avere un lavoro regolare e non puoi pignorargli lo stipendio. Non può avere beni mobili o immobili registrati. Non può avere una casa. Se non hai un permesso di soggiorno tutte queste cose non le puoi fare”. Secondo Savio, per lo Stato è solo una perdita di “tempo e soldi” per “perseguire un reato che non serve a nulla: è un processo per una condanna nei confronti di un mulino a vento o di un fantasma che non sarà mai eseguita. Questo è il dato di fondo che bisognerebbe spiegare”.

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A chi parla di possibili “invasioni” di migranti come il presidente della regione Lombardia, Roberto Maroni, occorre inoltre ricordare che l’abrogazione del reato di immigrazione irregolare, infatti, non riguarda le espulsioni per via amministrativa. Queste, infatti, continueranno ad esserci. “Dal 1990, dalla legge Martelli, in Italia lo straniero che è in condizione di irregolarità nel soggiorno deve essere espulso in via amministrativa, con espulsione del prefetto – spiega Savio -. Non è che le prefetture lavoreranno di più senza questo reato. Lavoreranno in egual modo. L’espulsione continuerà ad esserci anche dopo l’abrogazione di questo reato. E non si può togliere perché c’è tutta una normativa europea, la direttiva rimpatri. Questo reato, poi, non ha nessun effetto deterrente per una persona che mette a rischio la propria vita attraversando il mare su una carretta o nel doppio fondo di un tir, non si fa certo spaventare dal rischio di essere condannato a pagare una multa che tanto non pagherà mai”.

A preoccupare Savio, però, è soprattutto la partita sull’immigrazione che si gioca nel complesso scacchiere europeo. Mancano “idee forti”, chiosa. “Il mondo cade a pezzi e noi facciamo accordi mandando 2 mila persone in Svezia o poco altro. Sono numeri irrisori. Occorrerebbe prendere coscienza del fatto che i due terzi dell’umanità sta male, in particolare quella che vive nell’altra sponda del Mediterraneo. Le uniche risposte balbettanti che si riescono a dare sono di chiusura: l’Ue si chiude a riccio e al suo interno ostacoliamo la libera circolazione dei cittadini”. Anche gli accordi di Schengen non sembrano essere al riparo, nonostante i richiami del presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker. “Possono sempre essere rinegoziati – spiega Savio -. Gli stati membri, previa notifica alla Commissione, possono decidere di reintrodurre i controlli alle frontiere per ragioni eccezionali. L’Italia lo fece in occasione del G8 di Genova, e abbiamo visto come è andata a finire. O come fece la Francia a Ventimiglia non reintroducendo formalmente i controlli alla frontiera, ma di fatto”. Per Savio, oggi in Europa non vanno a rotoli gli accordi di Schengen, lontani da una ridiscussione generale, ma “l’idea di comunità”.(ga)

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