Save the children: il 40% delle scuole italiane è senza mensa

E negli istituti che hanno il servizio ci sono troppe differenze nei criteri d'accesso e nelle esenzioni

Save the children: il 40% delle scuole italiane è senza mensa
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29 Ottobre 2015 - 10.05


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Save the Children pubblica il rapporto “(Non)Tutti a mensa!”. E già il titolo è indicativo: la mensa non è presente in tutte le scuole italiane. Circa il 40% degli istituti principali non ne è provvisto. Un percentuale preoccupane aumenta in alcune regioni del Sud. Per esempio in Puglia arriva al 53%, in Campania al 51%, e in Sicilia al 49%. Nel Nord la mensa manca in un terzo delle scuole principali. Ma Save the Children sottolinea un altro problema: anche laddove c’è il servizio esistono grandi differenze e disparità di accesso e qualità.

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I numeri. Il nuovo rapporto di Save the Children diffuso oggi per il terzo anno consecutivo, analizza le mense delle scuole primarie nei 45 comuni capoluogo di provincia con più di 100.000 abitanti. In più della metà dei comuni monitorati, l’accesso a rette agevolate e a riduzioni è limitato ai soli residenti. In sei comuni non è prevista esenzione dal pagamento neanche per le famiglie più povere e otto comuni escludono il bambino dal servizio in caso di insolvenza dei genitori. Per quanto riguarda la qualità delle mense, nel 90% dei casi il servizio è affidato a ditte esterne di ristorazione e per il 65% è effettuato esclusivamente con pasti trasportati da cucine esterne.

Le tariffe. Nel dettaglio, le rette applicate nei 45 comuni monitorati variano notevolmente, con un minimo di 0,35 euro al giorno di Salerno ai 5,5 di Bergamo e tariffe massime che vanno dai 2,3 euro di Catania ai 7,7 euro di Ferrara. Sono 15 i comuni che superano la soglia di 5 euro per pasto, con Palermo che, nonostante abbia un basso costo della vita e uno dei tassi di disoccupazione più alti d’Italia, ha una tariffa di 6 euro a pasto.

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Le riduzioni.
Le tariffe agevolanti sono previste in tutti i comuni ma variano, da territorio a territorio, insieme i criteri di accesso al beneficio.

Se infatti tutti prevedono riduzioni in base al valore Isee della famiglia, il 66% prevede particolari riduzioni per nuclei familiari numerosi e il 25% garantisce la riduzione delle tariffe in casi di disoccupazione o cambiamenti della situazione economica della famiglia.

Per quanto riguarda le prassi adottate in caso di genitori morosi nei pagamenti, 37 comuni su 45 affermano di non escludere il bambino dal servizio, mentre nei comuni di Brescia, Foggia, Modena, Novara, Palermo, Sassari, Salerno e Taranto in caso di morosità il bambino viene escluso dalla mensa.

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Le migliori e le peggiori. In particolare i comuni di Cagliari, Forlì e Genova si segnalano per l’applicazione di agevolazioni per le categorie più svantaggiate, come ad esempio minori in affido temporaneo; Bari e Novara per la previsione di misure mirate al sostegno delle famiglie colpite dalla crisi economica, quale la perdita di lavoro; Bologna, Firenze, Milano, Livorno, Taranto applicano criteri flessibili e passibili di modifica nel corso dell’anno per ciò che riguarda le tariffe.

Particolarmente negative le prassi di Brescia, che si distingue per le tariffe tra le più alte, per i criteri molto restrittivi delle esenzioni e per l’esclusione dei figli di genitori morosi. Ma anche Salerno che, pur non avendo tariffe particolarmente elevate, non prevede nessuna forma di esenzione per le famiglie disagiate ed esclude i figli di genitori morosi. E poi Bergamo, che ha tariffe molto alte per le famiglie con redditi bassi e prevede l’esenzione dal pagamento solo su richiesta diretta dei servizi sociali.

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