Fino alla settimana scorsa la città di Pristina e quasi tutti gli altri centri abitati del Kosovo si erano quasi abituati a ricevere l’acqua a singhiozzo: ogni sera l’erogazione veniva bloccata intorno alle otto per riprendere solo intorno alle sei mattino, colpa delle strutture di distribuzione oblosete, pure in una regione che di acqua è ricchissima. Adesso, a partire da sabato semplicemente l’acqua non arriva più: si teme che estremisti islamici locali che aderiscono all’ “IS” possano avvelenare le condotte .
Negli ultimi tempi, in tutti i Balcani si erano rincorsi gli allarmi sul rischio di attentati jihadisti ma finora l’attenzione dei servizi di sicurezza si era concentrata sulla Macedonia e sulla Serbia del Sud, dove le rispettive forze di polizia hanno rafforzato gli apparati di sicurezza. Adesso però i servizi kosovari hanno ricevuto una segnalazione particolarmente allarmante, forse filtrata anche dagli esperti della missione europea “Eulex”: un gruppo locale di salafiti strettamente collegato alle organizzazioni che combattono in Siria e Iraq avrebbe progettato un atto terribile, quello appunto di avvelenare gli acquedotti. Alla segnalazione, evidentemente, è stato dato peso e dunque le forniture sono state interrotte, ed un secco comunicato dell’azienda che dovrebbe assicurare le forniture si limita a far sapere che la decisione è stata presa “per motivi di sicurezza”.
Lungo l’intera rete e soprattutto in corrispondenza dei serbatoi i campioni d’acqua sono in fase di analisi, anche se finora i primi controlli non hanno mostrato presenza di veleni, ma a mettere le forze di sicurezza sullìallerta sembra sia stato un video di propaganda fatto circolare clandestinamente dall’ IS”, nel quale di affermava che presto sarebbero stati compiuti attacchi alle risorse idriche.
Un uomo a volto coperto compare nella registrazione ed esorta gli altri jihadisti a “trovare del veleno, se è possibile, ed a disseminarlo nel cibo o nell’acqua: fateli morire, fateli morire per avvelenamento, uccideteli ovunque essi siano … si può fare”. Lo scorso agosto, in Kosovo sono state arrestate più di 40 persone sospettate di pianificare viaggi per recarsi in Siria e combattere per ISIS. Ora ci sono tra 100 e 200 kosovari che hanno lasciato il paese per recarsi presso il califfato.
Ma soprattutto, ad allarmare le forze di sicurezza è a forte presenza di occidentali, soprattutto nel capoluogo: l’ufficio OSCE di Pristina attualmente impiega più di 500 persone, fino a quando numerosi funzionari non sono stati trasferiti in Ucraina erano oltre settecento, e sempre più forte si fa la preoccupazione che la follia estremista possa rivolgersi contro uno di loro.
Fonti: Al Jazeera, Agenzie