Ha detto il ministro Alfano, sull’onda emotiva degli incidenti di Roma: “Su episodi violenza nello sport giro di vite fortissimo: sto pensando a rafforzamento Daspo e Daspo a vita”.
Si potrebbe dire che siamo alle solite: nel nostro paese gli annunci – che raramente si trasformano in atti concreti – arrivano sempre dopo i fattacci.
Da anni e anni le “Carogne” della situazione fanno il bello e il cattivo tempo dentro e fuori gli stadi; da anni e anni fare il capo-tifoso è diventato un business con tanto di agguati per il controllo del mercato (come è accaduto tra i supporter della Juventus).
Dalle maglie tolte ai giocatori del Genoa fino all’indecente sceneggiata della Nocerina i soliti noti – conosciuti uno per uno – spadroneggiano.
In compenso, tra tondelli, biglietti nominativi e tessere del tifoso, i grandi geni dell’ordine pubblico hanno reso impossibile la vita ai tifosi perbene e alle famiglie che vogliono andare allo stadio e nello stesso momento in cui un bambino di 12 anni è perquisito tre volte prima di entrare allo stadio, mentre alle signore anziane viene sequestrato l’ombrello mentre diluvia e quindi o ti prendi la pomonite o torni a casa, mentre è fatto divieto assoluto portarti una bottiglietta d’acqua di plastica con il tappo, dalle curve – ieri come sempre – continuano i lanci di petardi, bomboni, fumogeni.
La gragnola di botti dell’Olimpico è stata la dimostrazione più efficace di questa ipocrisia che va avanti dalla Melandri ad Alfano passando per Maroni e tutti gli inquilini del Viminale.
Daspo a vita? Sì, sono d’accordo. Ma non solo per i tifosi violenti. Anche per i ministri, per i sottosegretari e per le alte cariche dello Stato che si dimostrano incapaci, inetti e che con le loro azioni provocano danni e vergogna. Par condicio.