Gli anziani interisti di Cesano Boscone: Berlusconi da noi? No, grazie
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Gli anziani interisti di Cesano Boscone: Berlusconi da noi? No, grazie

Gli ospiti neroazzurri dell'Istituto Sacra Famiglia si sono già ribellati all'arrivo dell'ex Cavaliere che dovrà scontare con loro la condanna ai servizi sociali.

Gli anziani interisti di Cesano Boscone: Berlusconi da noi? No, grazie
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28 Aprile 2014 - 22.20


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di Carlo Verdelli

Molto più incazzati sono gli interisti ospiti dell’Istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone. «No, il presidente del Milan no!». E hai voglia di spiegargli che non verrà lì per quello, ma per frode fiscale (4 anni, di cui 3 condonati per indulto). Della guerra dei vent’anni tra il signore di Arcore e le “toghe rosse”, dell’esito forse incongruo di una partita comunque non ancora finita (restano la presunta corruzione del senatore Sergio De Gregorio, l’inchiesta di Bari su escort e Tarantini, e soprattutto l’appello sul caso Ruby, condanna a 7 anni in primo grado), a loro niente importa.

Per gli interisti costretti dalla vita in quella che da queste parti chiamano “la casa dei matti”, l’arrivo del grande boss rossonero è un ulteriore sfregio all’anima. «Quello è un diavolo » (in senso simbolico, come dire “zebra” se fosse juventino). «Almeno ci avessero dato Moratti». Moratti ha venduto, adesso all’Inter c’è Thoir, un indonesiano. «Ma va’? Se capiss pu nigott , non si capisce più niente». E il più sconsolato aziona il motore della carrozzina, allontanandosi rabbuiato per i vialetti, la testa a penzoloni sulla spalla destra.

Tranquilli, il “capo diavolo” disturberà poco. Quattro ore la settimana per 12 mesi, che diventeranno 10 (più 15 giorni) se il condannato più famoso d’Italia rispetterà la tavola delle 12 regole che l’Ufficio di esecuzione penale esterna (Uepe) gli ha imposto. Fine pena, per loro e per lui, il 15 marzo 2015. E “pena” è la parola più esatta, non solo in termini giuridici.

A 77 anni e mezzo, «io che sono stato 4 volte presidente del Consiglio e ho presieduto il G8», umiliato e offeso «da una sentenza mostruosa», provato nel morale dal tradimento di amici e sodali (l’ultimo, il poeta di corte Sandro Bondi), alle prese con una campagna elettorale che il 25 maggio rischia di trascinare Forza Italia sotto la soglia politicamente tragica del 20%, Silvio Berlusconi cerca guizzi dell’antico spirto guerriero (prime prove di rimonta nel salotto di Vespa), fingendo una leggerezza che non ha più («vado a fare amicizia coi miei coetanei»). E la sua, di pena, peggiorerà quando prenderà contatto fisico, visivo, emotivo, con quello che l’aspetta a Cesano Boscone. A dispetto degli annunci, potrebbe non succedere lunedì 28 aprile e nemmeno venerdì 2 maggio (lunedì e venerdì sono i giorni stabiliti per l'”affidamento in prova ai servizi sociali” di Berlusconi, visto che da martedì a giovedì starà a Roma). Il debutto come “volontario” dovrebbe quindi avvenire lunedì 5 maggio, data infausta per i napoleoni, perché è necessario un po’ di tempo per spiegare a un uomo abituato alle vette della ricchezza e del potere il pozzo di dolore dove sta per calarsi.

Un pozzo di 30 ettari, l’equivalente di una cinquantina di campi da calcio, la metà precisa dei terreni che circondano Villa San Martino ad Arcore (che sta a 40 chilometri di macchina), ma pur sempre uno spazio considerevole. Dentro, tra aiuole ben curate, palazzine più che decorose, un teatro da 280 posti, una riproduzione in scala della grotta di Lourdes e una chiesa dove un proiettore visualizza immagini del Vangelo per rendere la messa più facile ai fedeli, c’è un’umanità fragile, con il corpo o la mente in frantumi, che si trascina ordinatamente per giornate che cominciano presto e presto finiscono: alle sei di sera non circola quasi più nessuno e tranne qualche urlo attutito dai muri dei vari nuclei c’è un silenzio da città disabitata, con indisturbate lepri che spuntano nei prati.

I residenti stabili sono 750, più 240 con possibilità di uscita, più altri 130 nell’ospedale interno. L’età media è di 58 anni, abbassata da un gruppo di bambini, molti extracomunitari, in condizioni di disagio gravissimo. A parte i piccoli, il resto sono figli e frutti delle diverse aree della cronicità, dall’autismo alla Sla, dal Parkinson all’Alzheimer, dall’ictus alla demenza.
«Quando un caso non si sa dove metterlo, finisce in Sacra Famiglia. E sia chiaro che non mi sto riferendo al dottor Berlusconi». Paolo Pigni, 54 anni, tre figli, legnanese, è un manager pacato, cattolico democratico di vecchia e desueta scuola Zaccagnini, cugino alla lontana della campionessa di atletica Paola Pigni (bronzo a Monaco 1972 nei 1500 metri).

Dopo aver diretto il comune di Castellanza nel periodo in cui Di Pietro dava breve ma intenso lustro alla locale università («sì, l’ho conosciuto, un tipo simpatico »), da due anni Pigni è il direttore generale di questa fondazione fortemente cristiana, nata nientemeno che nel 1896, estesa in 15 centri tra Lombardia, Piemonte e Liguria.

Cesano Boscone ne è la capitale, e in qualche modo rischia di diventare anche una delle capitali della prossima campagna elettorale. «Spero proprio di no, e lo dico per le persone che nella Sacra Famiglia ci abitano. Di tutto hanno bisogno tranne che di un più di stress».

I loro predecessori ne hanno rischiato uno ancor più considerevole: il 25 aprile del 1945, ci fu un tentativo di riparare qui Benito Mussolini.
Andò diversamente, con il Duce giustiziato dai partigiani il giorno 28 a Giulino di Mezzegra. La cosa che rende l’idea di questo posto, una complessa via di mezzo tra un ex manicomio e un ospizio per vecchi, è che tra i ricoverati c’è gente che c’era anche allora.

Da poco se ne è andato il signor Boscolo di Chioggia, 99 anni, era in Sacra Famiglia dal 1927, riposa nel cimitero dentro l’istituto, qualche centinaio di tombe, tra cui quella di Rita Pandolfi, una delle quattro Ancelle della divina provvidenza, l’unico ordine per suore disabili. Non lontano dal camposanto, c’è un grande edificio disabitato, la Casa degli Innocenti, piani e piani di cameroni che avevano una suora da un lato e una dall’altro: era quella la “casa dei matti” . Si sta studiando come recuperare l’edificio e proprio maggio doveva essere il mese per valutare i progetti. Doveva.

Per l’avvento di Berlusconi, si annuncia un assalto di giornalisti non solo italiani (da Al Jazeera al Wall Street Journal). Accreditarli tutti? E le guardie del corpo del presidente? Ammetterle o no? E se non le si ammette, chi si prende il rischio di un altro Massimo Tartaglia, quello della statuetta del Duomo in faccia all’allora premier, che tra l’altro proprio da Cesano Boscone viene e dove è tornato a stare?

E la fidanzata, signorina Francesca Pascale, che ha già lasciato trapelare che vorrà stare al fianco del suo compagno in un frangente tanto drammatico: entra o non entra? «Obiettivamente, sono dei bei temi», si gratta la testa il dottor Pigni. «Ci organizzeremo per affrontarli, in accordo col giudice».
Cesano Boscone è la coda sudovest di Milano: 23 mila abitanti, dal 1974 a oggi è da sempre regno del centrosinistra, con e senza trattino.

Tra i suoi sindaci ha avuto Epifanio Li Calzi, detto l'”architetto rosso”, il primo post comunista coinvolto in Mani Pulite, arrestato proprio da Di Pietro per il coinvolgimento in tre storie di tangenti (in una delle quali figurava anche Paolo Berlusconi). Condannato in primo grado, prescritto in appello, morto nel luglio scorso: la sua uscita dalla scena politica non ha comunque interrotto il governo delle sinistre, anche se va registrata la nascita, proprio in questi giorni, del primo club “Forza Silvio”.

Gli ingressi all’istituto Sacra Famiglia sono due. Uno sta proprio in Cesano Boscone, è pedonale e porta all’ospedale. L’altro, anche carraio, si prende da Milano. Berlusconi sarà fatto entrare da qui, dove è più agevole organizzare un servizio di tutela e protezione, sia per lui che per i degenti.
Poi verrà portato in uno dei due reparti ancora in predicato di ospitare la sua opera, che deve essere di “vigilanza e osservanza”; ovvero, stare attento che nel suo gruppo nessuno si senta o si faccia male e, insieme, mostrarsi disponibile all’ascolto e alle attività di intrattenimento. Entrambi i reparti sono “residenze per anziani gravemente non autosufficienti”. Entrambi hanno l’accesso protetto da porte con un codice.

Il primo, San Luigi, è vicino alla chiesa e ha davanti un immenso platano con un tronco priapesco. Il secondo, intitolato a San Pietro, è decentrato verso il lato est. A quale dei due l’onere e l’onore? «Abbiamo dato la disponibilità all’affidamento di Berlusconi», spiega il direttore, «perché la struttura è in grado di reggere l’impatto di una presenza così importante.
San Luigi o San Pietro? Trattiamo situazioni molto delicate, lo è anche questa decisione ». Come stanno i vostri bilanci? «Si basano al 95% sulle rette e il piccolo resto su contributi volontari. L’anno scorso abbiamo avuto una perdita di 4 milioni. Se Berlusconi desiderasse contribuire? Sarebbe bene accetto, come tutti. Ma questo non è un posto che si compra con un assegno».

Tra i personaggi che hanno più libertà di movimento dentro la Sacra Famiglia c’è un vecchio signore che si aggira con un cappellino all’inglese, il borsello e una pipa. Non è di quelli che ti chiedono una moneta e ti sputano sulle scarpe se non gliela dai. Lui passeggia pensoso e sbuffante, come se fosse in perenne raccoglimento con se stesso. Si ferma solo se il fornellino si spegne, per riaccenderlo con gesti calmi. Lo chiamano Sandro Pertini. Se Berlusconi ne avrà voglia, potrebbe avere con lui un surreale incontro al vertice.

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