Una pesante tegola per il Sindaco dimissionario. L’ultima parola sul progetto C.a.s.e. – La Ue pone la parola fine alla disastrosa polemica sugli alloggi antisismici. Gli agitatori delle acque putride possono tirare i remi in barca. Non servono più a nulla.
Esiste, da che mondo è mondo, una categoria di persone che non può dare un senso alla vita se non rema contro corrente. È quello che è avvenuto a L’Aquila, subito dopo che il Governo Berlusconi aveva realizzato 4.500 alloggi antisismici, nei quali avevano trovato sistemazione circa 20.000 terremotati aquilani disseminati su tutto il territorio regionale. Diversamente sarebbero rimasti sotto le tende, oppure ospitati presso le abitazioni di amici e parenti nelle varie Regioni italiane, perché, ovviamente, non sarebbe stato possibile continuare a mantenerli nelle strutture alberghiere della costa.
La maggioranza, ancora in carica, ha lanciato strali, veleni e fango sui vari Governi italiani per spese dissennate per la realizzazione di ben 19 nuclei abitativi e per l’insediamento degli alloggi antisismici, le cui spese di gestione e di fornitura dei servizi essenziali graveranno sulle tasche dei cittadini aquilani. Allora non andava bene un unico complesso abitativo che, oltretutto, non avrebbe creato i gravi problemi sociali che gli aquilani hanno dovuto subire a causa della dissennata sistemazione delle famiglie, quasi sempre sistemate agli antipodi. Adesso tutti sanno, senza ombra di dubbio, che fu proprio l’Amministrazione comunale a indicare i 19 siti per gli insediamenti del Progetto C.a.s.e., senza minimamente pensare ai costi per i servizi che i cittadini avrebbero dovuto sopportare. Non solo. Agli amministratori ed alla grande dirigenza comunale non è passato per la mente che il Comune avrebbe dovuto assolvere anche ai compiti della ordinaria e straordinaria amministrazione degli immobili realizzati, per i quali aveva lottato ed ottenuto la totale e disinvolta gestione utilizzata solamente per fini elettorale.
Dal momento che la pubblica opinione aveva cominciato a dipanare la matassa, opportunamente intrecciata per non far ritrovare il bandolo, qualcuno ha pensato bene di agitare le acque, altrimenti sarebbero immediatamente venute a galla le magagne. E, così, qualche vecchia volpe ha favorito l’arrivo a L’Aquila del grande “inquisitore danese”, che ha redatto una dettagliata relazione denigratoria e negativa sull’operato del Governo italiano per il Progetto C.a.s.e., sulla scorta di lapalissiane indicazioni e precisi riferimenti forniti da ben informate fonti comunali che avrebbero voluto infangare il Governo solo per la diversa collocazione politica.
Non è stata una bella azione per la città, perché, guarda caso, tutto il fango sollevato è ricaduto sulla testa degli aquilani che, certamente, non meritano sotto ogni profilo, soprattutto per la dignità e la serietà. Appare quanto mai necessario riportare fedelmente alcuni passaggi contenuti nella relazione di rigetto delle argomentazioni addotte dal fantomatico ispettore danese.
Si legge tra le righe: «La commissione europea ha sbugiardato su tutta la linea l’onorevole Sandergaard in merito alla questione ricostruzione post sisma in Abruzzo». Sempre nella richiamata relazione si legge ancora: «la Commissione ha esaminato attentamente il documento di lavoro dell’onorevole Sandergaard. Come la commissione ha spiegato in occasione della presentazione del documento il 4 novembre alla commissione per il controllo dei bilanci, essa ritiene che il documento contenga diverse inesattezze fattuali ed errori che possono aver condotto il relatore a formulare conclusioni ingiustificate».
Inoltre: «la Commissione non ravvisa pertanto nessun motivo giuridico per cui l’Italia dovrebbe restituire eventuali importi dell’aiuto del Fondo di solidarietà per il terremoto in Abruzzo». Il relatore incaricato di istruire il disinvolto rapporto dell’inquisitore danese ha chiuso ogni discorso, definendo il documento denigratorio del rappresentante europeo così come segue: «la relazione Sandergaard ha solo tentato di infangare l’Italia, proprio quando, su proposta delle istituzioni locali abruzzesi, si era intrapreso un percorso per escludere dai limiti del patto di stabilità la città dell’Aquila per gli investimenti legati alla ricostruzione».
Ora sarebbe appena il caso che il Presidente del Consiglio e l’attuale Sindaco ad interim iscrivessero all’ordine del giorno del Consiglio straordinario che si accingono a convocare, con priorità assoluta, la nomina di un competente commissione d’inchiesta con il preciso incarico di individuazione dei fornitori delle indicazioni e della falsa documentazione fornite all’investigatore danese, con l’obbligo di rendere di pubblico dominio i risultati degli accertamenti effettuati.
Provate ad immaginare che cosa potrebbe succedere, invece, se proprio Sandergaard denunciasse all’autorità giudiziaria i poco attendibili informatori locali. Ma non è questo l’aspetto che interessa maggiormente. Dopo quest’ultimo tentativo, venuto a galla non a L’Aquila ma in seno alla Ue, c’è ancora qualcuno in giro che va chiedendo da quale parte provengano gli infangatori dell’Aquila e degli aquilani. Non occorre andare lontano. Li abbiamo in casa, a stretto contatto di gomito.
A questo punto gli aquilani si chiedono con tutta la forza dell’animo: «chi andrà a chiedere alla Ue l’esonero del rispetto dei vincoli del patto di stabilità per le aree terremotate aquilane? Con quale coraggio e con quale faccia?». La risposta non dovrà essere fornita a noi, ma ai cittadini tutti o dal Sindaco “rientrante” o dal nuovo Sindaco. Qualcuno dovrà pur chiarire da quale parte stia la verità e da dove provengano con certezza i lanciatori di fango sulla città, poiché l’affronto non può passare inosservato.
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