Sicilia: esercitazioni e cannonate a due passi dalla Valle dei Templi
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Sicilia: esercitazioni e cannonate a due passi dalla Valle dei Templi

Crolla una parte della falesia di contrada Drasi. Tonnellate di pietre e di terra con diverse palme nane sono scivolate giù. Fragore avvertito anche a distanza.<br>

Sicilia: esercitazioni e cannonate a due passi dalla Valle dei Templi
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10 Gennaio 2014 - 14.43


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di Antonio Mazzeo

 
Punta Bianca, uno degli ultimi paradisi paesaggistici e naturalistici della Sicilia, una decina di km ad est della città di Agrigento e la sua Valla dei Templi, patrimonio dell’umanità Unesco. Uno sperone di roccia calcarea che degrada sul mare color verde smeraldo e le suggestive calette di sabbia bianco-corallina. Intorno, però, è un via vai di blindati e mezzi corazzati, tutti i giorni, dieci mesi l’anno.

E mentre gli obici e i cannoni dell’esercito italiano e dei marines statunitensi sparano nel contiguo poligono di Drasi, la fragile falesia di Punta Bianca si sgretola nell’ignavia delle autorità civili e militari dell’Isola.

“L’8 gennaio scorso, un pezzo collinare della futura riserva naturale di Punta Bianca è franato in spiaggia”, denuncia l’associazione Mareamico di Agrigento. “Tonnellate di pietre, di creta e di terra con diverse palme nane sono scivolate giù accompagnate da un grande fragore che si è avvertito anche a distanza. La regione Sicilia, invece di tutelare questo territorio ed istituire la riserva naturale, per la quale da 17 anni è stata avanzata una richiesta, continua a rilasciare  l’autorizzazione per le esercitazioni militari che tanto danno arrecano a questo territorio. I boati e le vibrazioni causate dalle esercitazioni sono certamente una concausa di ciò che sta accadendo a questa fragile e sfortunata costa agrigentina”.

Nella vasta area interessata dalle attività militari, il terreno appare disseminato da bossoli e residui di munizioni utilizzate dai reparti. La contaminazione riguarda pure le vie di accesso alle spiagge di Punta Bianca, frequentate dai turisti nel solo periodo in cui le esercitazioni vengono sospese, da metà giugno a metà settembre. Per il resto dell’anno l’area è off limits e i cannoneggiamenti vengono avvertiti da Agrigento a Palma di Montechiaro, Favara, Porto Empedocle e Realmonte. Boati insopportabili e tremori simili al terremoto che minacciano la stessa Valle dei Templi, ad altissimo rischio idrogeologico.

“Paradossalmente, l’area dei Templi fu inibita al passaggio delle bici durante i mondiali di ciclismo del 1994, mentre oggi si trova in balia delle esercitazioni militari”, commenta il presidente di Mareamico, Claudio Lombardo. Il 19 maggio 2013, gli ambientalisti organizzarono una manifestazione di protesta contro i giochi di guerra con tanto di pulizia delle spiagge di Drasy e Punta Bianca. “Qualche giorno prima – ricorda Lombardo – il Comando della Brigata Aosta inviò una squadra di 15 uomini del Genio militare con tanto di mezzi pesanti per avviare la bonifica della zona d’inestimabile valore paesistico e il recupero della strada che conduce a Punta Bianca, messa a repentaglio dal passaggio dei mezzi militari”.

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Per valutare l’impatto delle esercitazioni sull’ambiente giunse ad Agrigento pure il generale di Corpo d’armata Corrado Dalzini, mentre a Roma il deputato Nino Boscosi (Pdl) incontrò il sottosegretario Gioacchino Alfano, responsabile nazionale per i poligoni militari, al fine di individuare un’area alternativa al poligono dove si spara ininterrottamente da 57 anni. Poi a metà dicembre l’ennesima beffa: come denunciato da Legambiente, Marevivo e Mareamico, i carri armati del IV Reggimento Guastatori e dei Lancieri d’Aosta hanno reso “assolutamente inagibili” le stradine per la spiaggia di Drasy che il Genio aveva provveduto a sistemare sei mesi prima.

Con decreto del 13 aprile 2001, l’Assessorato regionale dei Beni Culturali e della Pubblica istruzione aveva dichiarato di notevole interesse pubblico il territorio costiero compresa tra la foce del Vallone di Sumera e il Castello di Montechiaro, per gli straordinari aspetti archeologici, etnoantropologici e naturalistici esistenti. Da allora, però, nessuno dei governi succedutisi alla guida della Regione ha firmato il decreto istituivo della riserva naturale, compreso quello odierno che vede la sindacalista agrigentina Mariella Lo Bello a capo dell’assessorato Ambiente e Territorio.

“Il paesaggio costiero, aperto verso il mare d’Africa, di eccezionale bellezza, ancora non alterato e poco compromesso da urbanizzazioni e case di villeggiatura, è caratterizzato da numerose piccole spiagge strette delimitate da scarpate di terrazzo e da balze”, riporta il decreto del 2001. “Da Monte Grande la visione spazia libera verso ponente sino al promontorio di Capo Rossello includendo la magnifica Valle dei Templi ed il panorama delle blande colline della Sicilia centro meridionale. Dal mare è possibile percepire, anche in lontananza, Punta Bianca, come un faro naturale. Il contrasto cromatico tra il blu del mare limpido ed il bianco dei trubi che protendono verso esso, quasi modellati dall’azione scultorea della natura, costituisce un segno di grande rilievo estetico-percettivo”.

All’interno dell’area che non si vuole proteggere sorge il castello di Montechiaro, costruito nel 1358 da Federico III Chiaramonte, conte di Modica. Ci sono poi due siti archeologici di particolare importanza: Piano Vento, dove è stato messo in luce un abitato neolitico, e Monte Grande con un complesso, unico al mondo, legato all’estrazione e alla lavorazione dello zolfo e il grande santuario risalente al II millennio a.C. caratterizzato da grandi recinti circolari in cui dovevano svolgersi festival religiosi.

“I caratteri morfologici del territorio, combinati con le caratteristiche climatiche e con le scarse disponibilità idriche, hanno consentito nel tempo la diffusione di una macchia bassa formata da arbusti e alberelli sempreverdi dell’Oleo-Ceratonion”, si legge ancora nel decreto della Regione. “A queste formazioni sono associati siti di grande interesse floristico, in cui si registrano numerosi endemiti di particolare interesse e specie rare o espressioni biologiche insolite per la flora europea e fortemente caratterizzanti, come la Palma nana”. Tra le specie meritevoli di considerazione ai fini della salvaguardia della biodiversità locale, spiccano laLavatera agrigentina, l’Iberis semperflorens, l’Onobrychis aequidentata, il Limonium narbonense, l’Echium arenarium, la Satureja nervosa, la Satureja fruticulosa,l’Orobanche minor, la Carlina sicula e l’Iris juncea.

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Relativamente alla fauna si segnalano specie di notevole interesse sia per la loro rarità che per il ruolo svolto nell’ecosistema. Tra i mammiferi e i rettili sono stati segnalati l’istrice, la volpe, il coniglio selvatico, il colubro di esculapio, la biscia dal collare, mentre per le specie ornitiche stazionarie di particolare rilievo spiccano il falco grillaio, la coturnice, la ghiandaia marina, la poiana, il gheppio, il fratino, il piccione selvatico, il colombaccio, il barbagianni, la cappellaccia, la tottavilla, lo scricciolo, il saltimpalo, il beccamoschino, l’occhiocotto, la cinciallegra, la ghiandaia, il corvo imperiale. Nei periodi interessati dai flussi migratori (dove sono maggiori le pressioni militari nell’area di Drasy), il territorio diventa un punto di concentrazione e di sosta per numerosissime specie, come l’airone rosso, il mignattaio, il germano reale, il falco pecchiaiolo, il nibbio bruno, il falco di palude, l’albanella reale, la gru, il cavaliere d’Italia, il cuculo, l’upupa, la capinera, l’averla capirossa. Saltuariamente sono stati avvistati l’airone bianco maggiore, la cicogna bianca, il fenicottero, l’oca selvatica, il biancone, il falco pescatore, il falco cuculo, l’occhione, la pavoncella, il gabbiano corso, il gufo di palude. Niente birdwatching però, perché per politici e generali, il fragile territorio di Punta Bianca deve restare un santuario per i giochi di guerra dell’esercito italiano e dei marines in forza alla base di Sigonella, principale scalo operativo per gli interventi Usa in Africa, Medio oriente e sud-est asiatico.

Il primo luglio 2010, l’allora sottosegretario alla Difesa, on. Giuseppe Cossiga, nel rispondere a un’interrogazione di 38 parlamentari del Polo delle libertà (primo firmatario l’on. Vincenzo Fontana, agrigentino), dichiarò che il poligono di Drasy era d’interesse strategico soprattutto per i reparti della Brigata Aosta, ente gestore, tanto che un’eventuale dismissione dell’area avrebbe causato un “inaccettabile impatto negativo sull’operatività e sulla sicurezza del personale, impedendo di fatto l’impiegabilità nelle missioni internazionali e mettendo quindi a rischio la presenza stessa della Brigata nell’isola”.

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“Essendo il poligono dell’agrigentino ben servito dalla rete viaria – aggiunse Cossiga – esso è l’unica risorsa presente in Sicilia ove sia possibile utilizzare munizionamento ordinario e svolgere esercitazioni a fuoco fino a livello di plotone fucilieri. L’infrastruttura è stata destinata alle funzioni di isola addestrativa di secondo livello e consente di svolgere attività di crisis response operations”. Il sottosegretario spiegò pure che la presenza di un parco naturale in corrispondenza di un’area addestrativa “non deve essere considerata motivo preclusivo per un’equilibrata convivenza, tanto meno motivo per richiedere la sospensione delle esercitazioni e lo spostamento in altro sito del poligono in esame”. In Italia esistono infatti altre aree di tiro all’interno di parchi e riserve naturali: il poligono di Ponticello nel Parco di Fanes (Bolzano), quello di Carpegna nel Parco “Simone Simoncello” (Pesaro-Urbino), i poligoni “occasionali” all’interno del Parco Nazionale dell’Alta Murgia (Puglia).

“La possibilità di costituire un parco naturale nell’area in argomento è una diretta conseguenza della pluriennale esistenza delle strutture militari che, con la loro presenza, hanno svolto funzione di controllo e tutela preventiva, salvaguardando l’ambiente naturale”, fu lo sfacciato commento dell’uomo di governo. “Il Ministero della difesa è sicuramente pronto ad approfondire il tema di un eventuale trasferimento del poligono in altro sito”, concluse Cossiga. “Ma naturalmente è necessario che siano le stesse autorità locali a individuare e proporre aree alternative, le quali evidentemente dovranno avere le medesime caratteristiche e consentire lo svolgimento delle stesse attività addestrative, sia in bianco sia a fuoco”. Ad oggi però, né il Comando della Brigata Aosta né le autorità regionali hanno proposto alcunché.

I tempi e le modalità di utilizzo del poligono vengono concordati ed approvati in sede di riunioni ordinarie semestrali del Comitato misto paritetico per le servitù militari, in conformità alla legge 24 dicembre 1976, n. 898. Durante le esercitazioni vengono espressamente vietati la navigazione, la pesca, l’ancoraggio e qualsiasi altra attività marittima nella zona di mare e nel tratto di costa antistante il poligono, nonché il transito di persone e veicoli di qualsiasi genere nelle spiagge tra la riva di levante del fiume Naro e Punta Bianca. Il 30 dicembre 2013, la Capitaneria di Porto Empedocle ha emesso l’ordinanza relativa alle esercitazioni a fuoco previste per il primo quadrimestre 2014: a due passi dalla Valle dei Templi, i militari potranno sparare e operare in via esclusiva tutti i giorni, da lunedì a sabato, dalle ore 8 alle 24. Per la guerra, il tempo non è mai abbastanza.

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