Le immagini che arrivano da Kiev sono straordinarie e ci dicono di scontri, di manganellate, di lacrime e di sorrisi, di feriti e di fermi, oltre che di provocazioni per spingere l’acceleratore sul decreto dello stato d’emergenza. Perché il movimento che ha portato decine di migliaia di persone in strada possa essere fermato.
Difficile, quel che accade a Kiev è la Storia e la Storia non si ferma con la polizia, la si può solo rallentare, di poco. Da Kiev anche immagini che sorprendono e commuovono: tanti giovani con i colori d’Europa, avvolti nella bandiera europea a fronteggiare la polizia.
Uomini, donne e ragazzi che chiedono l’Europa e che nell’Europa vedono il loro futuro. Immagini e slogan che sorprendono noi euroscettici per la crisi che viviamo, pensando stoltamente che se piove è colpa dell’Europa e non delle distorsioni che la finanza ha apportato all’economia dei popoli.
A cavallo tra Occidente e Oriente, quel che accade a Kiev meriterebbe una attenzione maggiore, una lettura più attenta e continuata, un racconto. Quella piazza Indipendenza offre voci e testimonianze che hanno un valore anche per le nostre riflessioni quotidiane. Indicano un’Europa diversa che è il modello di Europa che noi dovremmo cercare. Loro potrebbero aiutarci a costruirla, se riuscissero – come riusciranno – a scrollarsi di dosso l’ipoteca dei rapporti politici e commerciali con Mosca.
A Kiev, insomma, si scrive una di quelle grandi pagine di storia che meriterebbero d’essere raccontate, e non distrattamente e per ufficio. E invece, i nostri media, i nostri Tg, restano a distanza, usando il vecchio “copia e incolla” per sbrigare la pratica Ucraina. Una sporca tura di testimonianza, e via. La Storia ai margini dell’informazione. C’erano un tempo gli inviati, e su pagine di storia come queste erano chiamati a dare il meglio. Ma questa è un’altra storia.
Argomenti: unione europea