Già trovavo irritante l’abuso del termine “femminicidio” per isolare uno solo dei molti aspetti delle esplosioni di violenza all’interno della famiglia, quello legato a una concezione proprietaria di origine patriarcale, che è il più frequente, ma non serve a spiegare molti casi in cui bersaglio principale o secondario sono i figli; casi che ricordano di più un suicidio collettivo imposto a tutta la famiglia, e che sono spesso innescati dall’incapacità di capire le ragioni di un ingiusto licenziamento che getta nella disperazione quello che ne assicurava il mantenimento. È ovvio che nella maggior parte di questi casi nessuna legge punitiva preventiva può evitare la tragedia, che è dovuta alla sparizione di tutti quei meccanismi protettivi per i lavoratori e le lavoratrici che sono stati progressivamente soppressi negli ultimi trent’anni, e che dovrebbero essere ripristinati.
Ma l’esaltazione eccessiva da parte del governo di una legge che a giudizio di diversi esperti purtroppo non inciderà molto sulla drammatica condizione di molte donne vittime di concezioni proprietarie, mi ha fatto sospettare che ci fosse dell’altro. Infatti c’era.
Secondo un malcostume consolidato, nel decreto “contro il femminicidio” sono stati inseriti argomenti diversissimi, tra cui uno davvero scandaloso: l’inasprimento delle pene per chi osa disturbare i lavori per il traforo del Tav in Val di Susa (articolo 10, poi cancellato), abbinato a un’estensione dell’area “protetta” dalle manifestazioni, che comporterà la sospensione dei diritti costituzionali per tutto il percorso della linea ferroviaria fino al confine. Pazzesco.
La notizia è stata data in sordina o non data dai maggiori quotidiani di regime, mentre “il Messaggero”, solitamente ben informato di tutto quel che accade nelle stanze e nelle anticamere del potere, ha addirittura dato per scontato che i provvedimenti anti No TAV sarebbero del tutto spariti. Secondo il quotidiano romano di Caltagirone, non conterebbe niente la dichiarazione fatta dallo stesso ministrucolo Alfano che annunciava che i manifestanti “saranno puniti con la sanzione più rigorosa prevista per le intrusioni in luoghi di interesse strategico”. Come, con la fucilazione alla schiena?
Alfano aveva assicurato che “quando lo Stato decide di realizzare un’opera pubblica questa deve essere realizzata e chi aiuta lo Stato deve essere difeso”. Ma pare che questa dichiarazione non sia parsa sufficiente ai sindacati di polizia, e in particolare al segretario dell’Associazione nazionale funzionari di Polizia, Enzo Marco Letizia che “avrebbe preferito una più forte determinazione nel contrastare le violenze in Val di Susa”. Più forte? Come? Appendendo agli alberi per gli alluci i manifestanti?
Fatto sta che, quando il decreto è stato presentato, dell’art. 8 che prevedeva le norme per colpire i No Tav non è stata fatta parola. Sparito, per ripresentarlo forse in un secondo momento, magari indurito per la perfetta Letizia dei funzionari di polizia, e abbinato a un decreto per tutelare gli stambecchi, o per incentivare la produzione di mirtilli? Non è da escludere. Ma è anche possibile che semplicemente sia rimasto, e abbiano preferito non accennarne neppure nella presentazione, forse perché consapevoli che c’è un limite anche alla sopportazione di un popolo abituato alla coprofagia…
Come distinguere le responsabilità del PDL da quelle del Pd nel governo, come si ostina a fare la presunta e variabilissima “sinistra” del Pd? Assolutamente impossibile. Anzi si può stare sicuri che come al solito si siano divisi le parti, per accontentare sia gli imprenditori bipartisan interessati al traforo, sia un po’ di sindaci “democratici” esitanti e preoccupati per l’estensione dell’area protetta (cioè militarizzata). Fingendo che l’art. 8 non ci sia più… A proposito di militarizzazione, il decreto prevede nuove norme per l’utilizzazione dei militari in valle, “anche per compiti diversi dai servizi di perlustrazione e pattugliamento”. Brrr…
Come ipocrisia il PD (di lontana provenienza “comunista” o di più recente origine democristiana) non è secondo a nessuno. E di fronte alle situazioni imbarazzanti, è sempre pronto a proporre una “Commissione di Inchiesta” che faccia perdere un po’ di tempo senza concludere niente.
Su questo, poi, è facile trovare l’accordo di tutti: esempio ultimo la commissione di inchiesta sul caso Moro, innescata dalle ultime ammissioni di agenti di polizia impegnati nelle ricerche: quattro hanno dichiarato di aver sorvegliato a lungo il covo delle BR di via Montalcini 8 in cui era custodito Aldo Moro. Qualcuno aveva dato l’ordine di controllarlo, ma non di perquisirlo, mentre conosco personalmente casi di abitazioni nella zona che sono state perquisite più volte durante il sequestro Moro. Giovanni Chirchetta, uno dei due agenti speciali “antisabotatori” (cioè artificieri incaricati di controllare se una macchina sospetta conteneva esplosivo e un innesco), ha dichiarato che era stato convocato in via Caetani per esaminare la Renault 4 in cui era il corpo di Moro molte ore prima che le Brigate Rosse segnalassero la targa e il luogo simbolico (equidistante dalle sedi del PCI e della DC) in cui avevano lasciato l’auto col suo macabro carico. Ma quel che è più importante è che secondo lui sul posto era già arrivato il ministro degli Interni (e degli intrighi) Francesco Cossiga. La notizia è stata taciuta, o relegata in un pastone, senza nessun riferimento nei titoli, che sono l’unica cosa letta da un po’ di gente… A che serve una commissione di inchiesta, se i cittadini non sono informati?
La maggior parte delle orribili cose che accadono in Italia corrispondono a una tendenza generale (europea, ma non solo) alla soppressione o al drastico ridimensionamento della democrazia formale. Ma certo in pochi paesi verrebbe messo sotto silenzio come da noi lo scandalo di quelle ricerche non fatte, e delle evidenti complicità di gran parte del gruppo dirigente, nel lasciar precipitare quella vicenda verso l’esito prevedibile, data la rozzezza e incapacità politica di chi aveva sequestrato Aldo Moro. Per non parlare dei tanti omissis che governi di ogni colore hanno apposto sui documenti che dovevano far luce sui tanti crimini di Stato che hanno caratterizzato la vita politica ed economica italiana, e alle coperture assicurate agli stragisti, senza conseguenza per gli sbirri che li proteggevano.
Una domanda rimane senza risposta: come mai non c’è traccia di questo articolo 10 sul comunicato governativo riguardo il decreto legge?
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