Femminicidio per fare pubblicità a un panno per la polvere: che c’è più “di moda”? I cartelloni comparsi per le strade di Napoli e la pubblicità pubblicata su Facebook dalla ditta Clendy (“Clendy Home & Care Cura della Persona e della Casa”) hanno suscitato l’immediata reazione dei “consumatori” a cui era indirizzata, che hanno promosso il boicottaggio dei prodotti di quell’azienda: “Non comprerò mai un vs prodotto. La vs pubblicità è pura istigazione !”; “Totalmente disgustoso. Come perdere clienti prima ancora che conoscano il tuo brand!!”, “Da denuncia anche alle forze dell’ordine. Ma pensate che una pubblicità non abbia nessuna responsabilità sociale? Pensate che si tratti solo di un gioco o uno scherzo? Non sapete come si imprime nella mente delle persone un’immagine di questo tipo al di là del vostro prodotto? (che verrà sicuramente boicottato)”, “Che nausea, siete davvero indecenti. Cosa non si farebbe per farsi pubblicità. Mi adopererò con tutta me stessa affinchè i vostri prodotti vengano boicottati. Fatevi un esame di coscienza”.
E poi, soprattutto, l’elenco delle vittime delle 103 vittime di femminicidio nel 2012 e un altro commento: “Ricorda l’omicidio ad opera di Ruggero Jucker,che ammazzò con 22coltellate la fidanzata Alenya Bortolotto,26 anni, fatta a pezzi con un coltello da sushi affilatissimo……..Speriamo che Clendy e il gruppo creativo a cui si è rivolta abbia la decenza di ritirare subito questa aberrante campagna e chiedere subito scusa a tutte le donne vittime della violenza maschile”….
297 commenti alla foto su Fb (“indegna”, “vergogna” oltre – non mancano mai – ad alcune esternazioni sessiste), e poi lettere di denuncia ai giornali. Denunce allo IAP contro i messaggi pubblicitari offensivi e violenti.
Questa pubblicità ha anche una “gemella” in cui è lei a uccidere lui: “Il fatto che esista una versione al femminile – è scritto in un commento – non migliora la posizione di questa disgustosa pubblicità per spugnette, per due motivi. Il primo perchè la violenza non dev’essere pubblicizzata in alcun modo, il secondo perchè il femminicidio è una realtà che esiste, per cui la versione maschile dello spot è ancora più grave.
Ci mancano solo le pari opportunità alla violenza. Ma non scherziamo”.
Oltre all’indignazione diffusa, resta una domanda di fondo: come è possibile che, davvero, un gruppo di pubblicitari abbia voluto utilizzare – e un’azienda abbia potuto approvare – una campagna che per attirare l’attenzione utilizza una tragedia sociale?
Non c’è ironia in questo. Non c’è giustificazione. Qui non c’è altro che ignoranza. Ed è quanto di peggio.
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