Processo Borsellino, Napolitano chiamato come testimone

Il processo riguarda il nuovo filone d'inchiesta sulla strage di Via D'Amelio. Ma il capo dello Stato non potrà essere ascoltato sulle intercettazioni con Mancino.

Processo Borsellino, Napolitano chiamato come testimone
Preroll AMP

Desk Modifica articolo

22 Marzo 2013 - 15.40


ATF AMP

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano verrà ascoltato come testimone nel nuovo processo per la strage di via D’Amelio, in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta, che si è aperto oggi davanti alla Corte d’Assise di Caltanissetta. A deciderlo sono stati i giudici che hanno così accolto la richiesta avanzata dall’avvocato Fabio Repici, legale di Salvatore Borsellino, il fratello del giudice, che si è costituito parte civile.

Top Right AMP

Secondo il legale Napolitano, che all’epoca della strage era presidente della Camera, proprio per il suo ruolo «era un osservatore privilegiato di quanto avveniva nei palazzi del potere». Secondo
Repici Napolitano va sentito anche sulla base di quanto il capo dello Stato ha scritto in una lettera alla figlia dell’ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. «Il capo dello Stato -ha sottolineato l’avvocato- ha detto di avere accompagnato Scalfaro nei momenti decisivi nel tragico biennio delle stragi di mafia». Però Napolitano, come stabilito dalla Corte d’Assise, non potrà essere sentito sulle intercettazioni telefoniche registrate tra lui e l’ex presidente del Senato Nicola Mancino.

Gli imputati del processo sono i boss mafiosi Vittorio Tutino, Salvo Madonia, ma anche i falsi pentiti Calogero Pulci, Francesco Andriotta e Vincenzo Scarantino. L’accusa è rappresentata dal procuratore capo Sergio Lari, dall’aggiunto Domenico Gozo e dai pm Gabriele Paci e Stefano Luciani. I pm ad inizio udienza hanno illustrato la lista testi che prevede l’esame di 300 persone tra collaboratori di giustizia, politici, magistati ed esponenti delle forze dell’ordine.

Dynamic 1 AMP

Si sono costituiti parte civile i famigliari delle vittime, la presidenza del Consiglio, i ministeri dell’Interno e della Giustizia, la Regione Siciliana, il Comune di Palermo, il centro Pio La Torre, ma anche due dei sette condannati ingiustamente per la strage usciti dal carcere dopo quasi 20 anni, Gaetano Murana e Gaetano Scotto.

FloorAD AMP
Exit mobile version