“Adesso basta, ora pretendiamo di non essere più presi in giro con false promesse e con giustificazioni insensate: l’Italia deve uscire dal programma JSF per i caccia F-35 immediatamente”.
E’ quanto affermato dagli esponenti di Rete Disarmo attivi nella campagna “Taglia le ali alle armi!” che dal 2009 chiede di dimenticarci dei cacciabombardieri F-35 e utilizzare le enormi risorse che dovrebbero servire per il loro acquisto verso investimenti più utili e sensati per la popolazione italiana.
Gli ultimi, ennesimi, problemi tecnici addirittura al motore che hanno costretto il Pentagono a sospendere precauzionalmente tutti i voli dimostrano ancora meglio come la scelta di proseguimento nella partecipazione italiana al Joint Strike Fighter si potrebbe rivelare ancora più problematica e dispendiosa di quanto già evidente anche solo con le previsioni iniziali di spesa e di impegno: “Va ricordato infatti – sottolinea Rete Disarmo – come le recenti stime indicano in circa 52 miliardi di euro il totale dei fondi che l’Italia arriverebbe a destinare all’F35 nel corso di tutto il loro ciclo di vita, con un costo iniziale di solo acquisto e sviluppo che arriva ai 14 miliardi di euro per i 90 esemplari previsti”.
La Campagna “Taglia le ali alle armi” ha anche dimostrato come siano inconsistenti i tanto sbandierati ritorni occupazionali ed industriali che dovrebbero giustificare la nostra partecipazione al circo JSF. In realtà sono le pressioni politiche ed economiche incrociate a pretendere questo tributo armato dalle casse pubbliche, come dimostrato dai continui rimandi ad una presunta indispensabilità del caccia non altrimenti argomentata e ai viaggi nei paesi partner sia del Segretario Usa alla Difesa sia di alti rappresentanti della Lockheed Martin, capocommessa del progetto.
“Pressioni e richiami che continuano anche quando il silenzio sarebbe d’oro. Come è infatti possibile che il Ministro-Ammiraglio Di Paola ad un giorno dalle elezioni che vedranno il termine del suo cammino di ministro “tecnico” della Difesa continui a dichiarare con sicurezza che l’Italia non ripenserà ulteriormente la sua presenza nel programma? Come può, tra l’altro a margine di incontri Nato, esserne così sicuro? Cosa c’è dietro, che tipo di accordi o di pressioni opachi?”