Giovedì non è stata una giornatona. Si presentava un libro “cardinalizio”. “La prima cosa da fare è partecipare”, “con l’astensione non si cambiano le cose”, “la chiesa non si schiera”, “i cattolici votino a destra o sinistra” purché difendano i valori non negoziabili. Ok… Ma due paroline su qualche vecchio amico un po’ appannato, su qualche cattolico che non ha proprio entusiasmato, ( lasciamo perdere i nomi e i soprannomi) no?
Poi, siccome non di solo verbo vive il vaticanista, ho dato un’occhiata ai titoli dei giornali, la campagna elettorale: Ingroia mi assilla, anche se non dice mai niente, o forse proprio questo. Ma anche gli altri…. Che giovedì deprimente. Finirà così la settimana? Mi devo preparare a chiedere un altro appuntamento urgente alla psicanalista per riuscire a parlare di qualcosa che mi interessa?
No. Il Felice Occaso mi ha portato per l’intera giornata di venerdì tra i gesuiti. E nel giro di poche ore mi hanno fatto dimenticare della psicanalista. Come quell’amaro che di certo ricorderete, mi hanno fatto riscoprire “il gusto vero della vita”.
Tutto è cominciato incontrando per caso un gesuita che aveva partecipato a un dibattito sulla guerra in Colombia. “Avete parlato della tolleranza zero con il narcotraffico? Sento dire che la linea dura con i narcos è in crisi…” gli ho chiesto. “No, non ne abbiamo parlato, è inutile. Le opzioni zero tollerance non funzionano mai, quindi è inutile parlarne. Anni fa tornai a New York e trovai la città molto più sicura. L’opzione tolleranza zero di Giuliani aveva spostato il problema qualche chilometro più in là.”
Intanto si è fatta l’ora del convegno che devo seguire. Basta la prima frase del relatore per capire come procederà: ” Perchè tanti negoziati politici falliscono? Perché la riconciliazione non può essere unilaterale. Ecco perché servono un mediatore, il perdono e poi la giustizia. E’ un processo lungo, che il mediatore non porterà in porto se non è animato dalla fede. La fede nell’uomo.” Quando l’ovvio diventa rivoluzionario.
La storia si fa intrigante, la discussione appassionante. Poi mi accingo a rientrare, ma ho un altro incontro, quasi serale. “Padre, la facciamo una bella intervista sulla giornata della memoria? ” chiedo. “La adoro questa giornata, perché parla di noi, del nostro rapporto con l’altro. Se parliamo di questo, di quanto sia riuscito il tentativo di costruire una comunità internazionale rispettosa dell’altro, molto volentieri.”
Capisco e saluto, ma la fortuna non è finita. Incontro un vecchio amico. E gli dico che sono stato proprio fortunato a passare questa giornata così. Vuoi vedere, concludo, che qui da voi trovo anche la fede? Lui mi invita a fare due passi e poi dice. “A proposito di fede. padre Nicolas, il nostro capo, quando fu nominato andò a presentarsi a Benedetto XVI, e gli disse di aver vissuto tanti anni in Giappone, dove aveva conosciuto il buddismo, “e questo ha cambiato la mia fede”, concluse. Il papa ebbe un sobbalzo e lui aggiunse: “mi dia un’altra udienza per spiegarle in che senso, Padre Santo. “