La cattedrale di Agrigento, metafora del dissesto della città

L'arcivescovo don Franco di Agrigento tuona contro la città che appare assai vicina ad uno smottamento dagli esiti disastrosi.

La cattedrale di Agrigento, metafora del dissesto della città
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9 Dicembre 2012 - 16.34


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di Tancredi Omodei

“Credere non è soltanto tenere le mani giunte ma rivoltare le maniche e fare la propria parte. Il credente non sogna solo il Paradiso, ma sa che è possibile anticiparlo e costruirlo già qui. Sa che la preghiera, elemento essenziale su cui si regge la fede, obbliga ad agire”.

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Qui lo chiamano semplicemente don Franco. Lui é l’arcivescovo di Agrigento, Francesco Montenegro, semplice nel suo modo d’essere vescovo, duro quando c’é da denunciare l’abuso o la malafede del potere e l’inerzia di chi dovrebbe agire o difendere la propria dignità. Lo scorso mese, per protestare contro l’inerzia che tiene chiusa la splendida cattedrale, danneggiata da uno smottamento della collina sulla quale sorge, ogni giorno, mattina e sera, ha fatto suonare le campane coi rintocchi del lutto.

Quella cattedrale chiusa e puntellata è la metafora di una città che appare assai vicina ad uno smottamento dagli esiti disastrosi. Lavoro al lumicino, difficile l’impresa, res pubblica malintesa.

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Qui si fanno i conti soprattutto con i numeri record di giovani disoccupati e don Franco denuncia quanto profonda sia diventata la ferita della nuova migrazione giovanile: “Sentiamoci responsabili delle loro partenze per la ricerca di un avvenire sicuro. Ogni giovane che si allontana è una ferita che si apre per questa città. È impossibile che non si possa far niente”.

E parla direttamente a loro, ai giovani con poche speranze:”Vi invito a non subire questa città, ma a viverla, e abitarla come casa vostra. Non sentitevi e non restate ai margini, scendete in campo. Agrigento ha bisogno di voi, amatela. Aiutate noi adulti a non essere dei rassegnati perdenti e brontoloni.”

Ed ancora ai giovani, per dare loro coraggio e spronarli alla partecipazione: “Valgano anche per noi le parole che Borsellino rivolse alla città di Palermo: “Gli uomini passano, le idee restano, restano le tensioni morali, continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini. Ognuno di noi deve continuare a fare la sua parte, piccolo o grande che sia, per contribuire a costruire in questa città condizioni di vita più umane”.

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“La rassegnazione, oltre ad essere colpa, ci rende perdenti”, ricorda don Franco.

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