“Credere non è soltanto tenere le mani giunte ma rivoltare le maniche e fare la propria parte. Il credente non sogna solo il Paradiso, ma sa che è possibile anticiparlo e costruirlo già qui. Sa che la preghiera, elemento essenziale su cui si regge la fede, obbliga ad agire”.
Qui lo chiamano semplicemente don Franco. Lui é l’arcivescovo di Agrigento, Francesco Montenegro, semplice nel suo modo d’essere vescovo, duro quando c’é da denunciare l’abuso o la malafede del potere e l’inerzia di chi dovrebbe agire o difendere la propria dignità. Lo scorso mese, per protestare contro l’inerzia che tiene chiusa la splendida cattedrale, danneggiata da uno smottamento della collina sulla quale sorge, ogni giorno, mattina e sera, ha fatto suonare le campane coi rintocchi del lutto.
Quella cattedrale chiusa e puntellata è la metafora di una città che appare assai vicina ad uno smottamento dagli esiti disastrosi. Lavoro al lumicino, difficile l’impresa, res pubblica malintesa.
Qui si fanno i conti soprattutto con i numeri record di giovani disoccupati e don Franco denuncia quanto profonda sia diventata la ferita della nuova migrazione giovanile: “Sentiamoci responsabili delle loro partenze per la ricerca di un avvenire sicuro. Ogni giovane che si allontana è una ferita che si apre per questa città. È impossibile che non si possa far niente”.
E parla direttamente a loro, ai giovani con poche speranze:”Vi invito a non subire questa città, ma a viverla, e abitarla come casa vostra. Non sentitevi e non restate ai margini, scendete in campo. Agrigento ha bisogno di voi, amatela. Aiutate noi adulti a non essere dei rassegnati perdenti e brontoloni.”
Ed ancora ai giovani, per dare loro coraggio e spronarli alla partecipazione: “Valgano anche per noi le parole che Borsellino rivolse alla città di Palermo: “Gli uomini passano, le idee restano, restano le tensioni morali, continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini. Ognuno di noi deve continuare a fare la sua parte, piccolo o grande che sia, per contribuire a costruire in questa città condizioni di vita più umane”.
“La rassegnazione, oltre ad essere colpa, ci rende perdenti”, ricorda don Franco.