Sallusti dovrà scontare i suoi quattrodici mesi, che mentre se ne parla sono diventati anche di meno, nella sua casa di Milano. Se ne faccia una ragione. Per finire in carcere c’è sempre tempo, basta dare spazio alla fantasia. Ma la condanna per diffamazione che si è guadagnato non lo porterà dietro le sbarre. Lo ha ribadito oggi il giudice del Tribunale del Riesame, Giudio Brambilla, respingendo l’istanza presentata dai legali del giornalista, con cui Sallusti chiedeva di scontare la sua pena in prigione.
Il giudice, infatti, ha spiegato che il tribunale non lo ha spedito a casa per fargli un favore – cosa di cui pare essere convinto – ma che le cose funzionano così: «L’espiazione della pena presso il domicilio ex lege 199 (la cosiddetta “svuotacarceri”, ndr) – scrive il giudice – non rientra nel novero delle misure alternative in senso stretto (cui l’istante ha inteso rinunciare) ma costituisce un istituto adottato dal legislatore per fare fronte a superiori esigenze deflattive imposte dal sovraffollamento inframurario, al fine di garantire così una migliore organizzazione degli istituti di pena a beneficio dell’intera popolazione carceraria».
Insomma, la legge svuota carceri è uno «uno strumento deflattivo che opera indipendentemente da una specifica istanza di parte e che deve essere disposto ogni qualvolta ne ricorrano i presupposti di legge». In altri termini serve per far funzionare meglio il paese, non intasare le nostre strutture. Mentre Sallusti continua a occupare molto tempo allo Stato.