Copertura dei parchi minerali, revoca della vecchia autorizzazione rilasciata ad agosto del 2001, definita “autorizzazione della vergogna” e avvio di “un serio programma di bonifica del sito inquinato” di Taranto. Sono alcune delle ventisei proposte per la nuova Autorizzazione integrata ambientale all’Ilva, contenute nel documento che oggi pomeriggio Legambiente consegnerà a Taranto al ministro Corrado Clini.
Si tratta di “ventisei punti irrinunciabili che riguardano l’attuazione dell’accordo di programma, il contenimento della capacità produttiva, gli interventi da realizzare in diverse parti dell’impianto (cockeria, agglomerato, acciaieria, parchi minerali, la centrale elettrica Cet 2), il controllo e il monitoraggio, la bonifica dell’area, gli scarichi idrici, gli adempimenti riguardanti la direttiva Seveso, la tutela dei lavoratori, oltre allo studio di fattibilità di altre modifiche impiantistiche”.
“Taranto ha bisogno di voltare pagina rispetto a un passato caratterizzato da un insostenibile inquinamento ambientale e da pesantissime ricadute sanitarie – commenta Stefano Ciafani, vice presidente nazionale di Legambiente – ma questo sarà possibile solo se il ministero dell’Ambiente cambierà passo, chiudendo la stagione delle blande autorizzazioni concordate con l’Ilva e delle bonifiche pianificate ma mai concretamente realizzate.
“Le prossime settimane saranno fondamentali per capire quale sarà il futuro della città di Taranto – aggiunge Ciafani – per abbattere drasticamente l’inquinamento dell’Ilva serve archiviare la vergognosa Aia rilasciata dal ministero dell’ambiente nell’estate del 2011 con una nuova rigorosa autorizzazione che sgombri il campo anche da tutte le ombre del passato emerse chiaramente dall’indagine della Procura. Ma a questo – rilevano Legambiente nazionale e di Taranto – si deve aggiungere anche una forte spinta da parte del Ministero per far partire concretamente, a ormai 14 anni dall’inserimento di Taranto nel Programma nazionale di bonifica, il risanamento delle aree pubbliche inquinate, dal quartiere Tamburi alle aree a mare, senza sperperare i finanziamenti pubblici previsti dal recente decreto e garantendo che ai soldi dello Stato si aggiungano subito quelli delle aziende che hanno inquinato e che devono pagare per il risanamento di loro competenza.
Solo in questo modo si garantirà un futuro diverso alla popolazione tarantina e alle attività produttive pesantemente minacciate dall’inquinamento industriale, come la pesca, gli allevamenti e l’agricoltura”.