Tremila vittime. Questa mattina nell’aula del Palazzo di giustizia di Torino sono entrati quindici sindaci della zona del Monferrato. Indossano la fascia tricolore. L’Italia onesta, giusta, l’Italia del lavoro, sarà lì con loro. Aspetterà, con loro in piedi, la sentenza. La sentenza di un “processo del secolo”, il processo Eternit con 6.392 parti civili. Il presidente della prima sezione del Tribunale di Torino, Giuseppe Casalbore, chiuderà così il primo atto di un’inchiesta iniziata nel 2003, una storia drammatica, di una vastità enorme. 3.000 vittime, di cui oltre 2300 morti sparsi per l’Italia. I familiari ci sono tutti.
Al palazzo di giustizia di Torino sono in arrivo 26 pullman, non solo da Casale Monferrato, dove si è registrato il maggior numero di vittime, colpite dal mesotelioma pleurico o dall’asbestosi, ma dal resto del paese e dalla Francia, dove si sono verificate tragedie analoghe. E proprio da Casale Monferrato, circa un mese fa, è arrivato il rifiuto di accettare, l’offerta da parte di Stephan Schmidheiny, il magnate dell’amianto ora riconvertito all’ecologia, e uno dei due principali accusati nel processo, di una somma pari a 18,3 milioni di euro come transazione.
La storia. 1.500 sono i morti a Casale, lo stabilimento più grande in Italia, chiuso nell’86. Il pool dell’accusa, composto da Raffaele Guariniello, Gianfranco Colace e Sara Panelli, in 62 udienze, dal 2009, ha cercato di dimostrare come i capi della Eternit, il magnate svizzero Stephan Schmidheiny, 65 anni, e Louis De Cartier De Marchienne, 91 anni, di professione barone belga, imputati di disastro doloso permanente e omissione dolosa di misure antinfortunistiche, avessero continuato – pur sapendo che l’amianto uccide – a mantenere operative le fabbriche per fare profitto. Durante l’arringa finale Guariniello ha chiesto 20 anni per ognuno dei due imputati, che non si sono mai presentati al processo. La loro difesa, rappresentata dagli avvocati Astolfo Di Amato e Guido Carlo Alleva per Stephan Schmidheiny, e da Cesare Zaccone per Louis De Cartier, sostiene che entrambi siano innocenti, che all’epoca dei fatti non si sapesse quanto fosse nocivo l’eternit e che, infine, troppi anni sono passati da allora affinchè oggi si possa preparare una difesa equa: mancherebbero i documenti e le testimonianze. Secondo l’accusa il gruppo svizzero della famiglia Schmidheiny fu ai vertici della Eternit dal 1972 al giugno dell’86, dal ’52 al ’72 invece l’azienda faceva capo – secondo i pm – alla famiglia Emsens e al barone Louis de Cartier, formalmente presente nel consiglio di amministrazione dal ’66 al ’72.
I capi di accusa.L’accusa è di aver «omesso di adottare i
provvedimenti tecnici, organizzativi, procedurali, igienici
necessari per contenere l’esposizione all’amianto (come
impianti di aspirazione localizzata, adeguata ventilazione dei
locali o procedure di lavoro atte a evitare la manipolazione
manuale delle sostanze e sistemi di pulizia degli indumenti in
ambito industriale), di curare la fornitura e l’effettivo
impiego di apparecchi di protezione, di sottoporre i lavoratori
ad adeguato controllo sanitario, di informarsi e informare i
lavoratori circa i rischi specifici derivanti dall’amianto e le
misure per ovviare a tali rischi».
La svizzera Eternit ha prodotto amianto nella Penisola, per venti anni, dal 1966 al suo fallimento nel 1986. Quattro gli stabilimenti: Casale Monferrato, Cavagnolo (Torino) Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). Ogni giorno muoiono 50 persone per questa fibra killer (i dati sono forniti dall’associazione parenti delle vittime). Già, perché nonostante il disastro l’amianto si produce ancora nel mondo (Ucraina, Russia, India, Egitto, Thailandia, Cina e Brasile).
Trasmessa via Internet. La sentenza del processo Eternit di
Torino per i morti e malati da amianto, attesa per oggi, oltre a Globalist, sarà
trasmessa in diretta streaming su Internet attraverso almeno
tre canali web: il sito Internet della provincia di Torino
([url”www.provincia.torino.gov.it”]http://www.provincia.torino.gov.it/[/url]), il sito dell'([url”associazione dei familiari”]www.afeva.it[/url]) e delle vittime dell’amianto e, in
inglese, a [url”questo link”]http://asbestosinthedock.ning.com/[/url].