Quando morì il padre avrà pensato “ora tutto questo è mio”. Aveva già il piglio del capo, dell’uomo che comanda. Amava già tanto i Ray Ban di cui tutti parlano e con cui viene raffigurato in ogni foto segnaletica. Lui, Matteo Messina Denaro, si sentiva, e forse ancora si sente, come Benjamin Malaussène, il capro espiatorio di “professione”, nato dalla penna dello scrittore francese Daniel Pennac, uno dei suoi preferiti. Ha sempre sostenuto di essere nel giusto confortato dai suoi “adepti”, perché lui è adorato come un dio e in paese molto più di qualcuno vorrebbe aiutare la sua latitanza.
Quel giorno, il 30 novembre 1998, era già fuori dalle regole dello Stato. Lo era da molto tempo e aveva già sulle spalle omicidi e stragi. Negli occhi, quelli che tanto affascinano le sue donne, anche l’immagine di quel poliziotto che doveva morire il 14 settembre 1992 ma che, invece, è ancora qui a raccontare una storia,per ora, non conclusa.
Forse anche per lui, come per il padre, varrà la frase “Unnarrinisceru a pigghiariti” (non sono riusciti a prenderti, vivo) o potrebbe, invece, avere le ore contate.
“Io mi rivolgo a lei come garante di tutti noi e di tutto quindi i suoi contatti sono gli unici che a me stanno bene, cioè di altri non riconosco a nessuno, chi è amico suo è e sarà amico mio, chi non è amico suo non solo non è amico mio ma sarà un nemico mio, su questo non c’è alcun dubbio…”
Alessio non aveva dubbi, bisogna essere fedeli allo Zio. Nella sua mente, mentre si addormentava solo questo pensiero. Era tranquillo, rilassato nessuno poteva sapere e immaginare dove fosse. E domani…..
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