Ammaccata, in ripida e rapida discesa di autorevolezza, senza tetto e senza legge la Rai si ritrova solo quando digrigna i denti della repressione.
Non basta che all’angelus di domenica scorsa Papa Francesco abbia suggerito di vedere la sera la trasmissione di Fazio «Che tempo che fa». È vero che era in programma un’intervista alla scrittrice ungherese testimone della Shoah Edith Bruck, ma storicamente la Rai ha sempre mantenuto un rapporto privilegiato con il Vaticano. Ora sembra che il mappamondo si sia rovesciato.
Del resto, è sempre più difficile distinguere nel cosiddetto day time i tratti di un servizio pubblico (ad esempio, Rai due in cosa si differenzia da una emittente commerciale, con programmi alla «Bellama’», per dire?), mentre nelle serate si assiste per l’appunto alla crescita dei concorrenti come La7 e la Nove e alle difficoltà palesi dell’antico duopolio Rai-Mediaset.
Non parliamo della legge di riforma, ferma ai blocchi di partenza nella competente commissione del senato mentre il consiglio di amministrazione non ha una presidenza legittimata dal voto parlamentare. A proposito, ma perché la pur diligente titolare dell’organismo di vigilanza non si dimette, visto che non si riesce neppure a convocare una riunione?
Tra l’altro, come nell’intelligenza artificiale la Cina è vicina, così sul piano normativo l’European Media Freedom Act incombe e la data dell’8 agosto quando entrerà in vigore l’articolo 5 sui caratteri di una governance autonoma e indipendente incombe.
Tuttavia, malgrado sia malconcia l’azienda, il vertice mantiene vivo un lato oscuro mai scomparso dall’ex monopolio: il dissenso ha da essere solo se è accomodante e gentile. Altrimenti, censura, bavagli, manganelli mediatici.
Di tale impostazione autoritaria furono vittime nel 2002 Enzo Biagi, Daniele Luttazzi e Michele Santoro con il cosiddetto «editto bulgaro» perché proclamato a Sofia da Silvio Berlusconi. E sono solo i casi forse più eclatanti, visto che la scia nera ha investito numerose professioniste e numerosi professionisti spesso presenti nell’inferno del precariato. Querele temerarie a go go.
Ecco, la Rai alza la testa ora sfidando una delle ultime trasmissioni non omologate -Report-, che vanta il primato degli attacchi sia politici sia presso i tribunali. Anzi. L’offensiva comincia già quando viene annunciata la scaletta del programma, a scanso di equivoci.
Ma la scelta della debole ma ispida leadership di viale Mazzini di Roma (ancora lì o in fuga per la scoperta dell’amianto?) è andata oltre. Con un tranello degno di una corte medioevale si scopre una nuova funzione, vale a dire quella di presunti vigilanti delle rubriche. Si dà il caso che il responsabile e conduttore di Report abbia il rango di vicedirettore della rete di riferimento e che l’infinito organigramma sia già colmo di ruoli buoni per ogni evenienza.
Cos’è, quindi, simile inedita etichetta? Esiste qualche previsione contrattuale? O è più tristemente un commissariamento neppure tanto mascherato?
Si vuole, verosimilmente, sfiancare una redazione coraggiosa e tenace, in grado ogni settimana di squarciare i sipari che nascondono le verità scomode dei poteri.
In una stagione di ridisegno della geopolitica e in cui sfrecciano figure impreviste e imprevedibili come Musk, e a fronte di una quantità abnorme di teatri di guerra, il segreto diviene essenziale per chi manovra bottoni e bottoncini, in una stanza che risiede in Italia essendo -però- una dépendance delle stanze che contano.
Quindi, guai a chi parla fuori dal coro e si oppone al pensiero unico o alla crescente omologazione culturale.
Il tentativo difficilmente riuscirà, perché quando un pezzo di ceto manageriale si mette contro una rilevante esperienza mediale perde inesorabilmente.
Non si sottovaluti, comunque, il clima tremendo che si è instaurato dentro e attorno al servizio pubblico.
Chissà, forse no? Sembra in realtà di assistere al collaudato copione delle privatizzazioni all’italiana: sopire, troncare, svendere. Neanche il Conte Zio ci avrebbe pensato. Per rigore storico: allora non c’erano né televisioni né talk di regime.