Il caso Tik Tok negli Stati Uniti e lo stop al fact-checking tradizionale: cosa sta succedendo

Il caos in cui versano la piattaforma cinese e tutte quelle legate a Meta dopo l'introduzione delle nuove normative. L’analisi del Professor Tiziano Bonini Baldini: “È necessario interpretare questi fenomeni da un punto di vista politico-economico."

Il caso Tik Tok negli Stati Uniti e lo stop al fact-checking tradizionale: cosa sta succedendo
Fonte: Strategia Social https://www.strategiasocial.com/tiktokemetaads/
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23 Gennaio 2025 - 15.46 Culture


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di Giada Zona

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È appena iniziato il 2025, un anno che sembra riservarci molte sorprese. Una di queste proviene dal mondo americano che il 19 gennaio vieta l’utilizzo di Tik Tok, piattaforma cinese nata nel 2016, ma poche ore dopo la renderà nuovamente accessibile. E le novità non finiscono qui: Meta, impresa statunitense che controlla i servizi di Facebook, Instagram e Whatsapp, l’8 gennaio ha annunciato che sarà abbandonato il fact-checking tradizionale, dunque non ci saranno più i professionisti addetti alla verifica di ciò che può essere pubblicato sulle piattaforme. Meta tenta di avvicinarsi al sistema presente su X (ex Twitter), lasciando agli utenti il potere di decidere quali contenuti siano fuorvianti.

Ci troviamo di fronte a dei fenomeni che cambieranno, ancora di più, il mondo digitale nel quale viviamo. Per comprendere meglio cosa stia succedendo e le possibili reazioni degli utenti, ne parliamo con Tiziano Bonini Baldini, sociologo della cultura e della comunicazione e Professore associato in Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università di Siena.

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Tik Tok è stato chiuso e poi riaperto negli USA. Cosa sta accadendo? Come possiamo interpretare questo fenomeno?

Le risposte a questi fenomeni le possiamo trovare nel mondo politico-economico. Gli Stati Uniti temevano che Tik Tok, essendo una piattaforma legata a un’azienda cinese, potesse accedere ai dati personali dei cittadini americani. Anche l’Unione Europea aveva questa preoccupazione,infatti inizialmente aveva vietato l’utilizzo di Tik Tok ai propri dipendenti pubblici. Ma è anche una questione politico-economica nazionale, poiché Tik Tok è un’azienda molto strategica e importante, dunque vietare l’utilizzo della piattaforma significava dare un vantaggio competitivo alle aziende americane. 

In passato Trump, Presidente degli Stati Uniti, era favorevole al ban di Tik Tok, infatti è stata una riammissione a sorpresa. Probabilmente il Presidente americano ha intuito il ruolo strategico di Tik Tok nella formazione di un’opinione pubblica a favore dell’amministrazione americana. Alla base della riapertura di Tik Tok è possibile che ci sia anche una logica di negoziazione con il governo cinese. Complessivamente, la questione va analizzata nel quadro delle relazioni economiche e internazionali tra Cina e Stati Uniti.

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Questo rapporto molto stretto tra le piattaforme e la sfera politico-economica lo ritroviamo anche nelle decisioni di Meta. Perché Zuckerberg, il proprietario di Meta, ha adottato nuove normative? Rispetto a prima, che cosa è cambiato?

Nonostante Meta sia stata la prima piattaforma ad aver chiuso il profilo di Trump dopo l’assalto a Capitol Hill, avvenuto il 6 gennaio del 2021, oggi stiamo assistendo a dei cambiamenti. Queste nuove normative sono dettate da una scelta politica: l’obiettivo non è aumentare il numero dei propri iscritti, ma è una decisione volta a seguire le trasformazioni politiche che si stanno verificando negli Usa con l’ascesa di Trump, sperando che ciò possa fornire concessioni del governo di grossi contratti per lo sviluppo di tecnologie o altri tipi di contributi. Meta, come gruppo aziendale, è come se avesse cambiato la sua strategia diplomatica, per essere più Trump-friendly.

Le nuove politiche introdotte da Zuckerberg presentano dei limiti, ma anche il fact-checking tradizionale non era il migliore dei mondi possibili.La regolamentazione dei contenuti rimaneva una decisione unilaterale e arbitraria da parte di queste aziende. Non c’è uno standard di moderazione dei contenuti: tutto viene deciso dalla piattaforma, ovvero un organismo privato tra le proprie mura. Mentre adesso, con le nuove politiche introdotte, è come se avesse trasformato la sfera pubblica in un bar privato, dove il proprietario del bar decide le parole che si possono utilizzare.

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Entrambe le normative, sia quella con maggiore moderazione di contenuti sia quella che tende a favorire la libertà di espressione individuale a sfavore del pubblico, sono soluzioni all’interno di un modello politico neo-liberale, dove il mercato decide da solo. Prima il mercato aveva adottato delle decisioni in seguito alle forti critiche e si sentiva costretto a moderare i contenuti. Oggi, allo stesso modo, ci troviamo nel mercato non regolato dei social media, dove si decide di cambiare le politiche per opportunismo politico.

Cosa possiamo aspettarci? Secondo lei, ci saranno delle forme di partecipazione alternativa in rete?

Esistono ed esistevano già delle forme di partecipazione alternativa in rete. Ad esempio, 25 milioni di utenti hanno deciso di abbandonare X per trasferirsi su BlueSky o Mastodon. Non è una piccola percentuale, ma una nicchia abbastanza grossa se ne è andata. BlueSky è una piattaforma commerciale, anche se rimane uno spazio molto sicuro e moderato, dove non c’è la pubblicità e possiamo scegliere di vedere i contenuti senza suggerimenti algoritmici. Tuttavia, gli spazi veramente alternativi sono altri, ad esempio in rete possiamo trovare delle applicazioni cooperative e non commerciali, come Mastodon.

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E anche a destra esistono degli spazi alternativi, poiché alcune piattaforme molto regolate hanno espulso l’estrema destra. Questa fetta di utenti si trasferisce su social media alternativi, come Parler o Truth. C’è un mondo alternativo che non è per forza progressista.

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