La decisione di Meta di eliminare i fact-checker può alimentare disinformazione e radicalismo

Gli esperti temono che la decisione di Meta di rimuovere i fact-checker professionisti da Facebook possa peggiorare il fenomeno della cosiddetta radicalizzazione dei "boomer".

La decisione di Meta di eliminare i fact-checker può alimentare disinformazione e radicalismo
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12 Gennaio 2025 - 22.45


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Gli esperti temono che la decisione di Meta di rimuovere i fact-checker professionisti da Facebook possa peggiorare il fenomeno della cosiddetta radicalizzazione dei “boomer”.

Già prima di quelli che Keir Starmer ha definito come “disordini dell’estrema destra” in Inghilterra la scorsa estate, si erano accesi segnali d’allarme sul fatto che le persone più anziane fossero ancora più vulnerabili alla disinformazione e alla radicalizzazione rispetto ai giovani “nativi digitali”.

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Secondo un’analisi del Guardian su centinaia di imputati, i sospetti coinvolti erano generalmente più anziani rispetto a quelli arrestati durante i disordini del 2011: fino al 35% avevano 40 anni o più.

Dopo l’annuncio di Mark Zuckerberg della scorsa settimana, in cui ha dichiarato che Meta sostituirà i fact-checker con un sistema basato sul crowdsourcing e promuoverà più contenuti politici, si teme un aumento dei rischi di radicalizzazione su Facebook, piattaforma largamente utilizzata da persone di mezza età.

Un passo indietro pericoloso
“È chiaramente un passo indietro che comporta vari rischi”, ha affermato la professoressa Sara Wilford dell’Università De Montfort, responsabile di un progetto europeo innovativo chiamato Smidge (Social Media Narratives: Addressing Extremism in Middle Age).

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“Il sistema di ‘community notes’ che Meta sembra voler adottare, simile a quello di X (ex Twitter), non funzionerà allo stesso modo su Facebook, che è strutturato in piccoli silos o gruppi chiusi. Per gli utenti di mezza età, sarà ancora più difficile distinguere la verità dai contenuti estremisti”.

Il gruppo anti-estremismo Hope not Hate ha espresso timori che l’annuncio di Zuckerberg possa preludere al ritorno su Facebook di figure e gruppi di estrema destra, come Tommy Robinson e Britain First.

Un fenomeno in crescita
Prima di essere bannato, Britain First aveva accumulato 2 milioni di “like”, superando sia il Labour (1 milione) che i Conservatori (650.000).

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Sebbene i giovani uomini rappresentino ancora la maggioranza dei responsabili di crimini, i casi di radicalizzazione di persone più anziane hanno attirato attenzione. Darren Osborne, 48 anni, fu condannato nel 2018 per un attacco terroristico a una moschea di Finsbury Park. Andrew Leak, 66 anni, ha lanciato bombe incendiarie contro un centro per migranti a Dover nel 2022.

Secondo Hope not Hate, Facebook è stato usato in modo particolare dall’estrema destra rispetto ad altre piattaforme. Telegram era utilizzato per fomentare odio o pianificare azioni, mentre X serviva per diffondere messaggi. Facebook, invece, ospitava pagine che creavano contenuti mirati a livello locale, fondamentali per organizzare proteste contro i migranti.

Vulnerabilità degli utenti più anziani
Un rapporto di Ofcom ha rilevato che Facebook è il social più usato nel Regno Unito (48%), soprattutto tra gli utenti più anziani, i quali risultano meno propensi a riconoscere profili falsi.

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La professoressa Wilford ha sottolineato che molti utenti anziani sono particolarmente vulnerabili a causa della loro tendenza a fidarsi dei contenuti online presentati come notizie convenzionali. Spesso trovano su Facebook un’eco che li fa sentire ascoltati e validati.

La spinta di eventi globali
Eventi politici come la Brexit, l’elezione di Trump nel 2016 e la pandemia hanno agito da catalizzatori, spingendo molti utenti verso forme più estreme di politica di destra. La dottoressa Natalie-Anne Hall dell’Università di Cardiff ha dichiarato: “Facebook è una piattaforma chiave per incontri algoritmici con idee dannose. Meta dovrebbe fare di più, non meno, per contrastare questi fenomeni”.

Meta, in risposta alle preoccupazioni, ha citato un post del suo blog in cui affermava che i suoi “sistemi complessi” per la gestione dei contenuti erano “andati troppo oltre”.

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