I precari di Tv2000 denunciano: "Ci impongono accordi capestro, vorremmo sapere cosa ne pensano i vescovi"
Top

I precari di Tv2000 denunciano: "Ci impongono accordi capestro, vorremmo sapere cosa ne pensano i vescovi"

I precari di TV2000: "In questi giorni TV2000 impone a circa 40 precari (giornalisti professionisti, autori e consulenti vari - alcuni dei quali sono partite Iva con contratti continuativi in essere da oltre 10 anni) di firmare una transazione capestro"

I precari di Tv2000 denunciano: "Ci impongono accordi capestro, vorremmo sapere cosa ne pensano i vescovi"
TV2000
Preroll

globalist Modifica articolo

18 Giugno 2024 - 15.51


ATF

I lavoratori precari di Tv2000, il canale televisivo privato a diffusione nazionale, di proprietà della società Rete Blu S.p.A. e controllata dalla Cei, con un duro comunicato hanno denunciato le condizioni in cui sono costretti a lavorare, accusando l’azienda di spingerli a firmare accordi capestro.

«In questi giorni TV2000 impone a circa 40 precari (giornalisti professionisti, autori e consulenti vari – alcuni dei quali sono partite Iva con contratti continuativi in essere da oltre 10 anni) di firmare una transazione capestro, mediata da una Commissione di Conciliazione istituita presso l’Università Luiss, con la quale si costringono i lavoratori a dichiarazioni non conformi alla realtà dei fatti: il documento fa riferimento a nostre inesistenti `generiche rivendicazioni´ in merito ai compensi pattuiti, forzandoci, dietro versamento di 500 euro (sic!), a rinunciare a qualsiasi pretesa/diritto acquisito nel pregresso rapporto di lavoro con l’azienda. Dunque una transazione capestro su una controversia che non esiste».

«Naturalmente chi non firma questa «transazione» non potrà firmare nemmeno il rinnovo del contratto. Ora, per prima cosa, in onore alla lingua italiana, va ricordato che la parola `transazione´ si riferisce a un accordo concluso tra le parti di un rapporto, dunque frutto di una libera intesa, mentre qui siamo di fronte a un atto arrogante e unilaterale che l’ad Massimo Porfiri e il direttore del personale Luciano Flussi impongono ai lavoratori, nel silenzio assoluto del direttore di rete Vincenzo Morgante e dell’editore. Tale procedura, nel dizionario della lingua italiana, andrebbe cercata piuttosto sotto la voce ricatto».

«Oltre a questo, che già è sufficientemente vergognoso, bisognerebbe sottolineare che stiamo parlando di un’azienda finanziata con i denari affidati ai vescovi italiani, soldi che si suppone dovrebbero trovare un impiego `etico´, mentre l’azienda sta seguendo, verso i suoi collaboratori, criteri che fanno carne di porco dei diritti dei lavoratori. O forse ricattare i lavoratori più deboli, quelli a partita iva, rientra tra i suggerimenti della dottrina sociale della Chiesa?».

«Ci piacerebbe conoscere il parere dei vescovi italiani su quanto sta accadendo tra le mura della loro rete televisiva, ma in tutta questa brutta storia – che mette 40 famiglie con il coltello alla gola – ci sono tanti silenzi. Silenzi assordanti».

Native

Articoli correlati