Il necrologio è offensivo, condannati: autore e direttore del giornale
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Il necrologio è offensivo, condannati: autore e direttore del giornale

Pubblicato la vigilia di Natale 2009 sul Resto del Carlino, edizione di Bologna, era in sostanza una preghiera di clemenza per i peccati (elencati) del defunto.

Il necrologio è offensivo, condannati: autore e direttore del giornale
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21 Maggio 2015 - 17.37


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Un anno all’autore di un necrologio ritenuto offensivo, otto mesi al direttore del quotidiano che lo pubblicò. Sono le condanne, con sospensione della pena, decise dal giudice del tribunale di Bologna Milena Melloni in un processo per diffamazione all’ex marito della figlia di un professionista, morto a 88 anni, a dicembre 2009. Assolto invece il dirigente della concessionaria pubblicitaria che si occupa anche degli annunci.

Il necrologio, pubblicato la vigilia di Natale 2009 sul Resto del Carlino, edizione di Bologna, iniziava come una preghiera: “Ti raccomandiamo, Signore, l’anima fedele del nostro fratello… perché lasciato questo mondo, viva in te”. Poi proseguiva: “Nella tua clemenza cancella le spietate barbarie, le grandi e crudeli cattiverie contro persone deboli che non si potevano difendere, che ha commesso per la fragilità della condizione umana e concedigli il perdono e la pace”.

I familiari fecero querela e le indagini del Pm Alessandra Serra hanno portato al processo per l’uomo, Lorenzo Stradaioli (che ha già una condanna definitiva per diffamazione nei confronti dell’ex suocero), per il direttore del Resto del Carlino, Pierluigi Visci, per omesso controllo, e per il dirigente della concessionaria.

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Per ciascuna delle sei parti civili costituite il giudice ha anche disposto una provvisionale di cinquemila euro. “Volevano difendere l’onorabilità del loro parente e hanno avuto soddisfazione”, ha detto l’avvocato che le ha rappresentate in aula, Alfonso Marra. “Sono stupito – ha commentato l’avvocato Duccio Cerfogli, difensore di Stradaioli – perché il significato di quelle parole andava letto nel contesto di una preghiera, in cui si chiedeva il perdono per il defunto”. Il suo assistito ha anche letto in aula una lettera per i parenti, chiedendo scusa se qualcuno si era sentito offeso. “Attendo di conoscere i motivi che hanno portato il giudice a questa decisione – ha aggiunto il legale – ritengo che serva un appello per rivisitare la vicenda con un’altra chiave di lettura”.

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