Il bimbo che parlava solo arabo ora è un giovane giornalista

Brahim Maarad, 25 anni, cittadino marocchino, è uno dei più giovani iscritti all'Ordine dei giornalisti, elenco professionisti. Fino a 10 anni parlava solo l'arabo.

Brahim Maarad
Brahim Maarad
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25 Febbraio 2014 - 12.03


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di Onide Donati

È uno dei giornalisti professionisti più giovani d’Italia, esame di stato superato a 23 anni. Prima una gavetta precocissima al Corriere Romagna iniziata nell’ultimo anno dell’ITIS, poi al free press NQnews, coronata dall’assunzione a tempo indeterminato a 21 anni o poco più.

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Corre veloce Brahim Maarad. Così veloce che non ha tempo di recarsi nel suo Marocco d’origine per sistemare i documenti che gli consentirebbero di acquisire la cittadinanza italiana. Tanto veloce che a 25 anni non fa più il giornalista. Fa, il commerciante, in ossequio allo stereotipo del nord africano nel sūq (anche se si occupa di import in un’azienda di tessuti e oggettistica). Ma gli piace scrivere e, per non sentirsi orfano del giornalismo, [url”ha da poco aperto un blog”]http://www.maarad.net/blog/[/url], dove pubblica cose intelligenti e belle. Ben scritte, molto ben scritte con uno stile di linguaggio diretto, secco, senza tanti fronzoli. Brahim ti porta subito al cuore del problema che vuole mettere sotto la lente d’ingrandimento, spesso temi legati all’integrazione e alla globalizzazione ma anche alla politica per spaziare fino all’Islam. Duemila battute gli bastano sempre, ma anche mille a volte sono sufficienti.

E pensare che questo recordman della sintesi fino all’età di 10 anni viveva in Marocco e parlava solo l’arabo. Il padre era emigrato da solo, anni prima, in Italia. Muratore a Bellaria-Igea Marina dove, quando si sente sicuro di avere raggiunto la tranquillità economica, chiama la famiglia: la moglie, Brahim, la sorellina (in Italia sarebbero poi nate altre due sorelle).

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È lui stesso che si spiega sul suo blog: “Avevo dieci anni ed ero arrivato dal Marocco da un paio di settimane. Ho iniziato in quarta elementare. Per la seconda volta: l’avevo già fatta in Marocco ed ero stato promosso a pieni voti. Ma lì si scriveva da destra a sinistra. Ricordo ancora il discorso di presentazione che ha fatto la maestra Elisabetta. Ricordo solo i gesti e la parola “piano”. Credevo parlasse del pianoforte. Solo dopo qualche settimana ho capito che intendeva dire che piano piano avrei imparato a parlare l’italiano e a comunicare con i miei compagni. In effetti il discorso non era rivolto a me. Era per i miei compagni. È stato chiesto loro di aiutarmi in questo difficile percorso. E qualcuno lo ha fatto. A dire il vero lo hanno fatto quasi tutti”.
Ecco, la scuola: alla scuola italiana, tanto bistrattata, Brahim deve tanto. Alla maestra Elisabetta, ai professori delle medie, alla docente di italiano dell’ITIS di Rimini, Marinella Rossi, che l’ha incoraggiato a partecipare a quel corso di giornalismo che gli avrebbe aperto le porte del Corriere Romagna. “La collaborazione al Corriere è stata un’esperienza bellissima, una forma di integrazione ad alti livelli, basata sul rispetto e sulla professionalità. Quando c’è la cultura, l’integrazione trova ampio spazio. Il carattere personale naturalmente aiuta molto, credo di avere una certa predisposizione a mettermi sempre in gioco”.

Non poteva passare inosservato quel giornalista minuto e disinvolto, quella personalità curiosa, quella penna brillante. E così quando Claudio Casali lascia il Corriere e fonda il free press NQNews lo porta con sé e l’assume. “Ho fatto un po’ di tutto, prevalentemente bianca, tanta politica. Vera vita di redazione, con mia madre che non si capacitava per i miei rientri a notte fonda, la cena lasciata in caldo fino alle 10, alle 11 di sera. Per non farmi mancare niente, dopo il diploma (voto 100 centesimi) mi sono anche iscritto ad Economia, la facoltà che a Rimini è più vicina al Corriere, così non perdevo tempo negli spostamenti… Solo che mi ero un po’ sopravvalutato. Diciamo che nei miei studi di economia non ha brillato, ma adesso che non faccio il giornalista conto di recuperare i ritardi”.

Il futuro? Brahim, che a neanche 25 anni ha rinunciato ad un contratto giornalistico a tempo indeterminato, si sente un giornalista in pausa di riflessione più che un manager del commercio in piena attività. “Il mio traguardo è seguire il mondo arabo per la redazione esteri di una testata importante. Probabilmente resterà solo un sogno, il periodo non aiuta. Poi riconosco i miei limiti: capisco, scrivo e leggo perfettamente l’arabo però dovrei perfezionare molto la lingua e questo richiede tempo”. E detto da chi a 10 anni non sapeva una parola di italiano suona curioso. Quanto al tempo, a 25 anni c’è una vita davanti per imparare e per raccontare. Per fare quel che a Brahim riesce naturale: il giornalista.

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