In tempora diluvi omnia strunza natant: il ruolo di populismo e demagogie di fronte alle crisi
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In tempora diluvi omnia strunza natant: il ruolo di populismo e demagogie di fronte alle crisi

Populismi, demagogie e scorciatoie semplificatrici dinnanzi alla gravità e complessità di problemi difficili e drammatici che caratterizzano questa fase di storia.

In tempora diluvi omnia strunza natant: il ruolo di populismo e demagogie di fronte alle crisi
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Nuccio Fava Modifica articolo

9 Luglio 2022 - 19.22


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Con l’afa che non intende darci un po’ di tregua più che di diluvio bisognerebbe dire in tempi di canicola. Ma per gli antichi romani della tarda latinità la frase che circolava in mezzo ai cives alle prese con i problemi della spesa per il desinare quotidiano non si andava tanto per il sottile.

Si coglieva però assai bene il senso di scontentezza e di sfiducia per i governanti del tempo, la loro inadeguatezza e voracità. E’ antichissimo dunque il sentimento di rassegnazione e di rabbia misto ad una sorta di ineluttabilità e di impotenza nei confronti di un andamento delle cose come destino immutabile e sempre uguale da parte dei governanti.

E’ un sentimento rimasto in qualche modo immutato nei secoli e che nella sostanza alimenta ancora oggi populismi, demagogie e scorciatoie semplificatrici dinnanzi alla gravità e complessità di problemi difficili e drammatici che caratterizzano questa fase di storia.

Prevale al fondo una diffusa condizione di sconforto e di smarrimento segnata clamorosamente dalla lontananza crescente tra cittadini, politica, partiti ed istituzioni il cui mal funzionamento e l’incapacità di trovare e dare risposte complica e aggrava la crisi. Tanto più grave e pericolosa in presenza di una guerra che sconvolge gli equilibri pur precari che si erano determinati sul piano globale e che avevano fatto sperare nella apertura di una fase nuova e costruttiva dei rapporti internazionali specie in seguito alla caduta dei muri e alla fine del comunismo.

Eppure, nella piccola aiuola della vicenda italiana non sembra maturare una sufficiente consapevolezza della sfida che si è aperta, sui rischi enormi di vite, di cataclismi economici , climatici ed alimentari per milioni e milioni di persone con la conseguenza drammatica dello smarrimento di diritti e di valori fondamentali, della tutela universale della dignità della vita umana. A cominciare dai bambini, dai vecchi e dalle donne. Quasi la politica ne potesse prescindere e non sentirsi fortemente interpellata.

Il dibattito pubblico e l’assenza di consapevolezza delle responsabilità che  ne dovrebbero derivare in modo ineludibile sembrano quasi del tutto assenti e travolti da preoccupazioni propagandistiche e di cadenze elettorali che logorano l’esperienza già difficile del governo e l’arduo compito di trovare soluzioni praticabili nell’interesse generale da motivare una esigente consapevolezza civica e la comprensione dell’opinione pubblica. Ai partiti dovrebbe spettare la responsabilità maggiore per l’attuazione delle scelte indispensabili per far fronte all’enormità dei problemi a favore non di questa o quella forza politica ma dell’interesse generale dell’Italia e dell’Europa. Anche l’informazione ha un ruolo fondamentale ed insostituibile senza enfatizzazioni e sparate sensazionalistiche.    

C’è tra l’altro una ripresa seria del rischio covid che imporrebbe a tutti uno sforzo consapevole di maggiore misura e cautela. Anche in questo il ruolo della politica  e dei partiti dovrebbe essere essenziale. In uscita dall’ultima sorpresa del covid nonostante il compimento diligente del ciclo delle tre  vaccinazioni sono stato colpito dal virus senza riuscire a ricostruire modalità e tempi dell’infezione. Questo accresce una sensazione di smarrimento e di impotenza che aggrava la lettura dolorosa di questa fase storica. Mi fa compagnia la citazione del professore Giuseppe Maragnini che traggo da un importante e sistematico studio dello storico Piero Craveri.”

Alla radice del disagio profondo della coscienza italiana c’è il conflitto tra lo spirito delle istituzioni designate e promesse dal costituente, l’aspirazione ad una democrazia onesta ordinata e valida e il persistere di abiti mentali, di costumi, di leggi residuo di un mondo arcaico confuso e corruttore. Dall’esito di questo conflitto dipende l’avvenire del paese, la sua possibilità e speranza di allinearci in modo degno e stabile tra i paesi più civili e prosperi dell’occidente”.

Erano riflessioni degli anni ’60 mentre mi accingevo a laurearmi in giurisprudenza con una tesi sull’urgenza di una disciplina dei partiti nell’ambito della Costituzione. Sono passati più di sessant’anni e il quadro attuale non mi pare confortante. 

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