Perché dobbiamo convivere in un mondo multipolare senza nazionalismi e accettando le differenze
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Perché dobbiamo convivere in un mondo multipolare senza nazionalismi e accettando le differenze

E’ il nazionalismo, cioè l’idea che quella nazione abbia una missione speciale, unica, quasi divina, che va respinto, accettando di vivere insieme nei diversi stadi di crescita e maturità ai quali siamo arrivati.

Perché dobbiamo convivere in un mondo multipolare senza nazionalismi e accettando le differenze
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

15 Maggio 2022 - 23.12


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Un articolo, non firmato, che è apparso in questi giorni su Globalist mi ha molto colpito. Perché partiva da una constatazione che pochi fanno e cioè che c’è un vasto mondo, molto più vasto di noi, che della nostra posizione occidentale sulla guerra in Ucraina non si cura, o forse ne è respinto, tanto da voltarci le spalle arrivando a non votare o astenersi nelle richieste di voto contro l’invasione russa dell’Ucraina. E’ così. Questo mondo è così vasto e trasversale a continenti e ambienti culturali che dovrebbe farci riflettere. L’elenco dei paesi del cosiddetto Terzo Mondo che guardano con distacco o ostilità la supponenza dell’Occidente faceva, fa, spavento. Non arrivano a sostenere Mosca ma certo non sono con noi, con la retorica delle democrazie contro i tiranni.


L’articolo partiva giustamente da qui per passare a vedere cosa hanno fatto queste democrazie occidentali in mezzo mondo. E le critiche erano tutte fondate e pungenti. Si dettagliava uno spettro amplissimo di complicità e connivenze con regimi a dir poco impresentabili. Si ricostruiva un tragitto impressionante di guerre che hanno solo peggiorato lo stato dell’arte mondiale. Un disastro epocale.

Qui arriva il punto che però intendo porre a chi, come me, condivide questa valutazione. Il punto è questo: l’Occidente ha preteso di governare il mondo e lo ha fatto male. Ok. Ma il problema è questo, cioè l’averlo fatto male? O forse il problema non è aver preteso di governare il mondo? Stava a noi governare bene le terre “del buon selvaggio”? Stava a noi dare un senso alla loro storia? O forse non è questa pretesa il vero problema?

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Se guardiamo ai governi dei quali parliamo, per esempio quello indiano, non vediamo l’esempio di un Paese che interpreta il sentimenti anticolonialisti di un popolo ancora arrabbiato con la condotta britannica, vediamo piuttosto un governo fondamentalista che calpesta i diritti degli altri. Ecco allora che mi viene da porre una domanda: se guardiamo ad altri colonialismi, come quello cinese, quello russo, quello turco, vediamo un sistema diverso dal colonialismo europeo, americano, occidentale?

Forse sono esempi peggiori. Lì si offre sostegno economico o imprenditoriale senza discutere neanche della forma di governo: stupri, tortura, massacri in piazza, va tutto bene purché ci sia allineamento ed eventualmente cessione del bottino che interessa, come terre rare o altro. Ecco allora che questi regimi di feroci tiranni non ci guardano in cagnesco perché li abbiamo traditi, ci guardano in cagnesco perché sono allineati ad altre potenze che li lasciano fare quel che vogliono. E noi facciamo lo stesso, tanto che Trump ha affidato la cura del Brasile a Bolsonaro eletto grazie alle fake news (l’attentato contro di lui sembra non ci sia mai stato) e Biden prova a capirsi con la giunta Maduro.

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Il mondo perfetto delle democrazie che si rispettano e rispettano i loro popoli è ancora lontano e temo lo resterà a lungo. Ma il ritorno della guerra in Europa può insegnarci una cosa: per avere la pace nel mondo dobbiamo trattarlo come mondo scoperto: non c’è più nessun mondo da scoprire, da colonizzare, è stato scoperto tutto, ogni singolo territorio è stato esplorato! Dunque occorre impegnarsi a dire al mondo che vorremmo costruire un mondo multipolare, per quel che possiamo. Impegnare la Cina, la Russia, la Turchia, il Brasile (spero presto di Lula), il Sudafrica, nella costruzione di un mondo multipolare nel quale è chiaro che l’idea di dove siamo arrivati oggi a Pechino è diversa da quella diffusa a Londra oppure a Nairobi.

Non è il patriottismo che va respinto, è un sentimento sano. E’ il nazionalismo, cioè l’idea che quella nazione abbia una missione speciale, unica, quasi divina, che va respinto, accettando di vivere insieme nei diversi stadi di crescita e maturità ai quali siamo arrivati.

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L’errore dell’Occidente non sta tanto negli errori e orrori che ha fatto ( basti ricordare il vergognoso caso dell’Afghanistan), quanto nell’idea di aver una missione, quella di governare il mondo. Non è così. Le vittime, tutte le vittime, non sono perfette, non vanno angelicate, perché nessuno è un angelo. Così i popoli che sono in cammino, dalla Nigeria al Nicaragua, non sono popoli di angeli maltrattati da uno Zio Tom che invece che lo zio buono si è dimostrato lo zio cattivo: sono popoli che stanno facendo il loro cammino e non vanno giudicati come inferiori, ma aiutati a farlo più speditamente grazie a un sistema che gli dia un posto nel mondo multipolare. La riforma di certe regole economiche e finanziarie diverrebbe così la priorità per procedere, insieme alle altre grandi potenze, che esistono.

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