Siamo tutti Totò e Peppino ma per fortuna i marziani esistono
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Siamo tutti Totò e Peppino ma per fortuna i marziani esistono

Una lettera di Mimmo Lucano che gira tra i messaggi del telefono, tanti la condividono ma poi si scopre che...

Peppino De Filippo e Totò
Peppino De Filippo e Totò
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David Grieco Modifica articolo

3 Ottobre 2021 - 22.50


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Questa straordinaria lettera di questo ordinario uomo che è Mimmo Lucano a me è arrivata oggi, domenica 3 ottobre, alle ore 13, da un caro amico che, come tanti, direi tantissimi, non vedo più da secoli.
Questa lettera ha rappresentato per me un sollievo insperato, violento e immediato, per l’insopportabile indignazione bestiale che stiamo vivendo tutti (non è così ma voglio dire tutti, perché chi non si è indignato dovrebbe trascorrere una mezza giornata a guardarsi allo specchio) dopo la sentenza surreale (13 anni di galera a Mimmo Lucano per aver realizzato un’opera di pura umanità che manco Michelangelo Buonarroti) che non si può commentare dal momento che non esistono, in natura come in cultura, le parole per farlo.
Ho riletto la lettera e l’ho immediatamente diffusa a tutte le persone per me possibili e immaginabili, selezionando i contatti come faccio sempre. Ma questa volta sono stato di manica larga come non mi era mai accaduto prima.
Sono piovute in pochi minuti decine di risposte.
Ne cito una di un amico recente, molto sensibile: “Lacrime e brividi”.
Ho ricevuto anche tante telefonate. Non ho mai risposto perché sono stanco di parlare e perché mi accorgo che quando mi accaloro parlo veramente troppo, e ogni tanto, per fortuna, mi viene la nausea quando riesco ad ascoltarmi.
Fra i tanti che continuavano ad arrivare, mi piomba il messaggio di un infaticabile intellettuale militante (in realtà fa il bancario, vedi Fantozzi) un po’ più giovane di me e io gli voglio molto bene m lo prendo sempre in giro perché è peggio di un ragazzino. Dice spesso cose intelligenti, ma io (e non solo io) finisco per capire l’esatto contrario di ciò che vuole dire perché si ostina ad usare il linguaggio dei social, che come sappiamo è micidiale a una certa età, e in molti casi anche prima.
Questo amico così speciale, fermo restando che ognuno di noi è speciale, mi scrive: “Grazie David, anche se ho l’impressione che sia quella (la lettera) che scrisse (Mimmo Lucano) due o tre anni fa dopo le prime accuse”.
A quel punto penso: che palle, il solito cacadubbi. A parte che, come al solito, il mio amico omette il soggetto e l’oggetto (quelli, come al solito, li ho aggiunti io) e puntualmente non si capisce di cosa stia parlando come nel Sarchiapone di Walter Chiari e Carlo Campanini.
Da tempo, questo amico io lo chiamo Peppino e lui mi chiama Totò. Anzi no. Lui mi chiama Principe, per potermi prendere per il culo anche lui, giustamente, e mi continua a insinuare l’amletico, fastidioso dubbio che tra i due il vero genio fosse Peppino. Tra l’altro, il mio Peppino (ello, esso, o’ malamente, lo chiamo in mille modi) mi fa incazzare perché alla fine non mette mai il punto. Mi mandano in bestia quelli che non mettono mai i punti, le virgole, le virgolette, ecc. Anche al telefono.
Su WhatsApp, io gli rispondo in modo sintetico: “Caro Peppino, se è quella, visto che non te lo ricordi nemmeno tu, MEGLIO”.
Lui mi manda una faccetta che ride. E io penso a un altro amico più che fraterno, che proprio stamattina mi ha detto che sua figlia, 11 o 12 anni, odia le faccette. Questa bambina, se qualcuno le manda le faccette, a quanto pare lo sbrana. Io invece le uso da un po’. Mi sento cretino, ma le uso.
A quel punto, siccome la faccetta mi è andata di traverso e ho risposto d’istinto, mi accorgo che nella sintesi che ho usato a mia volta (la sintesi è sempre stato un nostro problema, e a 70 anni sono cazzi) il mio messaggio breve è sembrato spiritoso.
Non posso fare una figura del genere. Specie con lui.
Lo chiamo e gli dico che, come al solito, ha preso fischi per fiaschi.
“Innanzitutto, voglio dirti che quando scrivo MEGLIO Peppi’, dico sul serio. Uso le maiuscole non perché strillo, ma perché voglio mettere in evidenza la parola, però lo so, lo so che (oddio, mi sento come Crozza che fa Berlusconi, ma mi guardo bene dal dirglielo…) che sembra che strillo. L’amara realtà di cui siamo prigionieri, caro Peppino, è che non riusciamo più a comunicare. Per carità, mi ci metto anch’io, Peppino, perché abbiamo il dovere di essere onesti in primo luogo verso noi stessi. Ma quello che mi fa veramente uscire dai gangheri è che ne siamo pure consapevoli. Quindi, ergo, stiamo parlando di un gatto che si morde la coda…”
Improvvisamente mi fermo. Mi rendo conto, tutt’a un tratto, che non ho ancora detto un cazzo, come quando Peppino dice “ho detto tutto”, ma almeno lui usa 3 parole.
Non mi diverto affatto. Giuro. Anche se, grazie a dio, sono ateo.
Devo essere sintetico. E non posso fare pause sennò lui se ne accorge. Devo ripartire prima di subito.
“Volevo dirti, Peppino, che se la lettera fosse quella di tre anni fa sarebbe meglio, perché se fosse così dovremmo tutti sputarci in faccia. E lo sai perché?…
Tutt’a un tratto, entrò in un vuoto cosmico. Ma riparto. Cazzo, se riparto.
“…Premessa (premessa? adesso?): se la lettera di Mimmo Lucano fosse quella di tre anni fa, ti chiedo fin da questo momento di sputarmi in faccia. Voglio dire che voglio essere io il primo che si prende uno sputo in faccia, voglio dare l’esempio… Hai capito?…
Peppino ride. Ride sempre ‘sto scemo. Ma pure io… devo andare dritto al sodo. Perché non ci riesco? Boh.
“Insomma, in soldoni, quello che voglio dire è che se la lettera fosse quella di 3 anni fa ci dovremmo tutti sputare in faccia, perché vorrebbe dire che ci saremmo dimenticati una popo’ di cosa che non riesco a definire, diciamo un elefante in salotto, ma non rende abbastanza l’idea, e questo dopo aver discusso per anni, giorno dopo giorno, di Mimmo Lucano, della sua incredibile Riace, e della stratosferica portata simbolica di ciò che ha fatto quest’uomo praticamente analfabeta… Capisci quello che voglio dire, Peppi’?…”
Cazzo, ho dato dell’analfabeta a Mimmo Lucano. Mi sento una merda.
Per fortuna, Peppino continua a ridere. Ma poi aggiunge: “Mi sarò sbagliato. Anzi, è sicuro che mi sono sbagliato”.
Ci congediamo.
Io lo saluto con affetto mentre continuano a piovere sul mio telefono e sui telefoni di chissà quante persone messaggi di totale commozione.
Ma poiché fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio, chissà perché io decido stancamente e stoicamente di rileggere la lettera.
La lettera di Mimmo Lucano comincia così:
“È inutile dirvi che avrei voluto essere presente in mezzo a voi non solo per i saluti formali…”
Minchia.
Mi viene un colpo.
SALUTI FORMALI!?!?
Non esiste il minimo dubbio. Questa non può che essere la lettera di tre anni fa, quando Mimmo Lucano lasciò Riace. Lo capirebbe un mentecatto e mi scuso con i mentecatti.
Eppure l’ho letta non so quante volte, l’ho letta anche oggi. E l’hanno letta, la stanno leggendo tutti. Persone illustri, morti di fame, miseria e nobiltà, ma nessuno se ne accorge.
Come è possibile?!
Ora posso fare soltanto una cosa. Mi devo veramente sputare in faccia, e ora lo faccio, prima che possa farlo a me mia figlia più piccola, che ha meno di 13 anni e mi guida da tempo nei luoghi della mia vita dove io non riesco più a guidarla perché è tutto cambiato.
No. Prima devo fare un’altra cosa.
Per onestà intellettuale, devo prima chiamare il mio Peppino (anche se aveva dei dubbi, anche se io come sempre li ho rafforzati) ma gli devo assolutamente dire che sarà pure uno scemo ma è anche un genio, e deve assolutamente rimanere così. Ma non so se dirglielo. In fondo preferisco che rimanga così, inconsapevolmente scemo e genio allo stesso tempo. Come i bambini.
Oddio, dov’è mia figlia?
Devo andare come al solito dal tabaccaio a spacciare una banconota falsa. Lei crede sempre che siano vere e io glielo faccio credere perché di lei il tabaccaio non può che fidarsi ciecamente. È solo una bambina. Lui non può lontanamente immaginare che razza di cervello ha in testa mia figlia. Io l’ho capito da un pezzo ma faccio finta di niente. Perché ne ho viste altre così. Non soltanto bambine, anche maschi. Sono tante, sono tanti, chissà quanti sono. Sembrano marziani. Io ho deciso di lasciarli fare e mi limito ad osservarli perché mi spaventano parecchio.
E ho detto tutto.
Per fortuna ci sono le elezioni e nessuno si accorge di niente.

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