Il monito del Papa: "La dignità della persona non viene dai soldi ma viene dal lavoro"
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Il monito del Papa: "La dignità della persona non viene dai soldi ma viene dal lavoro"

Il papa ha parlato ai ragazzi e ragazze del Progetto Policoro della Cei: "Come posso fare figli se non ho il lavoro?"

Papa Francesco nella Sala Clementina
Papa Francesco nella Sala Clementina
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5 Giugno 2021 - 16.52


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Un monito prolungato quello di Papa Francesco che, parlando nella Sala Clementina ai ragazzi e ragazze del Progetto Policoro della Cei – impegnati nel percorso formativo per favorire il lavoro e le attività d’impresa, non solo al Sud – lancia un nuovo allarme-disoccupazione riguardante i giovani, e tocca ancora il tema dell'”inverno demografico”, da lui affrontato recentemente davanti al premier Mario Draghi negli Stati Generali della Natalità.

“E’ un problema di dignità. La dignità della persona non viene dai soldi, non viene dalle cose che si sanno, viene dal lavoro. Il lavoro è un’unzione di dignità. Chi non lavora non è degno. Così, semplice”.

“In questo momento in Italia, voglio fermarmi su una cosa grave – dice ‘a braccio’ -: la disoccupazione che fa sì che tanti giovani cerchino un’alienazione. Voi sapete tante cose… Un numero consistente cerca il suicidio. Poi, alienarsi, andare fuori della vita, in un momento nel quale non siamo nell’estate della vita demografica italiana; siamo nell’inverno!”.

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“Ci mancano i giovani e per questo i giovani non possono darsi il lusso di non entrare in questo lavoro – avverte -. La media dell’età in Italia è 47 anni! Beh, siete vecchi. Non ha futuro.

‘Ma, come posso fare figli se non ho il lavoro?’, ‘Io, donna, come posso fare i figli, che appena il capo dell’ufficio vede la pancia mi caccia via, a tal punto che la pancia e’ diventata una vergogna?’. E’ tutto in un altro modo!”.

“Dovete reagire contro questo – incoraggia Francesco -. Che i giovani incomincino a sognare, a fare i genitori, a fare figli.

E per questo, che abbiano dei lavori. Il lavoro è un po’ una garanzia di questo futuro”.

In presenza del cardinale presidente della Cei Gualtiero Bassetti e del segretario generale mons. Stefano Russo, il Pontefice definisce il Progetto Policoro, che compie 25 anni, ” un segno di speranza, soprattutto per tanti territori del Sud d’Italia carenti di lavoro o che sfruttano i lavoratori”.

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“Oggi siete chiamati a esserlo in un modo nuovo – essere speranza è un modo nuovo -, perché questo importante anniversario capita in un periodo di forte crisi socio-economica a causa della pandemia”, aggiunge.

Esorta quindi i giovani a “dare un’anima all’economia”, a essere “tessitori di un’umanità solidale, nel momento in cui l’economia si ‘vaporizza’ nelle finanze, e questo è una nuova forma più sofisticata della catena di Sant’Antonio che tutti conosciamo”.

“Occuparsi del lavoro è promuovere la dignità della persona”, insiste.

“A voi giovani non manca la creatività – non abbiate paura, non abbiate paura -: vi incoraggio a lavorare per un modello di economia alternativo a quello consumistico, che produce scarti. La condivisione, la fraternità, la gratuita’ e la sostenibilità sono i pilastri su cui fondare un’economia diversa. E’ un sogno che richiede audacia, infatti sono gli audaci a cambiare il mondo e a renderlo migliore”.

Bergoglio esorta i ragazzi “ad amare i territori in cui Dio vi ha posti, evitando la tentazione di fuggire altrove. Anzi, proprio le periferie possono diventare laboratori di fraternità”.

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E a chinarsi “sulle povertà del nostro tempo: sui giovani che non trovano lavoro, i cosiddetti Neet, su quelli che soffrono la depressione, su quelli demotivati, su quelli stanchi nella vita, su quelli che hanno smesso di sognare un mondo nuovo. E ci sono giovani che hanno smesso di sognare. E’ triste, perché la vocazione di un giovane è sognare”.

“Voi sapete che da una crisi mai usciremo uguali. Si esce o migliori o peggiori, mai uguali”, ribadisce: e in questo senso “i 25 anni del Progetto Policoro siano una ‘ripartenza’”.

E la conclusione è tutta nello stile del Papa argentino: “vi incoraggio a fare chiasso. I giovani devono fare chiasso”.

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