Tamponi, il microbiologo: "Non bastano mai perché non ci sono abbastanza macchinari"
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Tamponi, il microbiologo: "Non bastano mai perché non ci sono abbastanza macchinari"

Parla Pierangelo Clerici, presidente dell'Associazione microbiologi clinici italiani (Amcli) e della Federazione delle società scientifiche italiane nel settore della medicina di laboratorio (Fismelab)

Tampone faringeo
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8 Maggio 2020 - 13.44


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Pierangelo Clerici, presidente dell’Associazione microbiologi clinici italiani (Amcli) e della Federazione delle società scientifiche italiane nel settore della medicina di laboratorio (Fismelab), per spiegare la situazione dei tamponi porta come esempio la Lombardia, la regione che ha avuto il più alto numero di contagi da nuovo coronavirus e che, secondo i dati degli ultimi giorni, mantiene un ritmo di 14-15 mila tamponi giornalieri: “In questo momento coi tamponi per la rilevazione del coronavirus Sars-CoV-2 noi viaggiamo al massimo della potenzialità di fuoco consentita dalle nostre macchine. È questo il limite oltre il quale non possiamo andare, anche avendo più reagenti a disposizione”. 
“Si può migliorare – spiega – ma il problema più che i reagenti in questo momento è che abbiamo espresso il massimo della produttività che potevamo esprimere con le risorse tecnologiche e umane in campo. Con le forniture di reagenti che abbiamo a disposizione possiamo lavorare a ciclo continuo, le macchine non si fermano mai”.
Questo è possibile, nonostante ieri il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri abbia spiegato che a livello centrale “si sta lavorando per l’approvvigionamento dei reagenti perché, se dobbiamo arrivare a 5 milioni di tamponi nei prossimi mesi, puoi avere il bastoncino, ma se non hai il reagente non ci fai nulla”. 
Almeno in Lombardia, si percepisce che la situazione sui reagenti “si è normalizzata” al momento. “Abbiamo avuto una grande fortuna e va dato merito alla Regione su questo fronte: ha gestito lei gli acquisti dei reagenti e ha fatto pervenire a ogni ospedale le sue necessità. Detto questo, i tamponi non bastano mai. I numeri si possono incrementare, ma è importante avere le macchine. Se queste sono embargate dai paesi produttori è un problema. Oggi il nostro parco macchine è al completo, se riuscissimo ad averne di più si potrebbero aumentare i numeri di tamponi”.
Il problema della carenza di reagenti “è nato dopo che l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato la pandemia. Erano i giorni più intensi dell’emergenza, tra marzo e aprile. E le aziende che già erano al limite della produzione hanno dovuto distribuire i reagenti praticamente a tutto il mondo, mentre prima arrivavano in Italia e poche altre nazioni. A questo si è aggiunto un limitato apporto della strumentazione e ci siamo trovati a lavorare con quel che avevamo. Abbiamo avuto una situazione di difficoltà fino a qualche settimana fa”, ripercorre Clerici.
“L’ideale ora”, secondo l’esperto, “sarebbe avere più macchine, ma anche più personale. Perché quello attualmente in campo da fine febbraio raramente ha potuto prendere un giorno di ferie o di riposo, lavorando i laboratori 24 ore su 24. L’analisi del contagio ci indica che dovremmo fare qualche tampone in più, probabilmente, ma adesso siamo fra le nazioni che a livello europeo ne fa di più. Stiamo spremendo al massimo tutto. E saremmo disposti a fare di più se avessimo la tecnologia necessaria per incrementare. Tutte le regioni stanno cercando di avere più macchine e nelle prossime settimane probabilmente si potrà aumentare la potenzia di tamponamento. Ma serve anche a monte qualcuno che faccia i prelievi, non possiamo dimenticarlo”.
Clerici fa notare che “la situazione è dunque più complessa e va oltre il nodo dei reagenti. E’ tutta una catena che può trovarsi ad avere criticità da risolvere. Fra di noi ci diciamo che se una macchina ha un intoppo, per il ritmo a cui viaggiamo, rischiamo di trovarci a terra”. Anche chi produce la tecnologia “si sta attrezzando e lavora a macchine con una potenza di analisi di 1.500-2.000 tamponi contro i 20-500 di media possibili ora. Solo in Veneto, Padova è riuscita a prendere un prototipo con un sistema che incrementa notevolmente la capacità. Ma è un prototipo. Le aziende stanno producendo ora le nuove macchine” più performanti. “Anche loro si stanno attrezzando. Questa pandemia ha colto alla sprovvista tutti. L’intero sistema ha dovuto mettere in campo un impegno a 360 gradi”.
Restano comunque numerose segnalazioni di persone che non hanno ricevuto il tampone, pur essendo ad esempio contatti di persone ricoverate in ospedale. Guardando ai giorni clou dell’emergenza Clerici ammette che “nel periodo di esplosione di Covid-19, da metà marzo a metà aprile, lo sforzo estremo è stato fatto sui pazienti che arrivavano in pronto soccorso. Secondo modalità concentriche si è cercato quanto possibile di tamponare. Ma per i contatti e per i paucisintomatici rimaneva poco spazio, tanta era la pressione dei malati più gravi. C’è stato sfortunatamente qualcuno non tamponato. Molti però lo sono stati, tutta una fetta di popolazione lo è stata”.
Sulla stessa linea anche le osservazioni di Carlo Federico Perno, direttore del Dipartimento di medicina di laboratorio dell’ospedale Niguarda di Milano: “In Lombardia è stata create una rete centralizzata di laboratori e il sistema al momento funziona molto bene. Dobbiamo basarci sui numeri. Il futuro non è nero. Sono state testate in Italia quasi 1,3 milioni di persone e fatti quasi 2 milioni e mezzo di tamponi. Ci sono 7-8 aziende che forniscono reagenti a getto continuo. Al Niguarda che è uno degli ospedali che fa più tamponi – 1.500 al giorno – abbiamo tutto il materiale per coprire un mese di lavoro al ritmo attuale e anche di più. Se mi viene chiesto se ne abbiamo per un anno, questo non lo so”.
Ma forse, conclude, “dobbiamo chiederci: abbiamo bisogno di tutti questi tamponi? A mio avviso il bisogno è quello di andare a identificare sacche di infezione nascosta. Ci servono soprattutto test anticorpali, sierologia che ci caratterizzi la situazione sul territorio. La disponibilità di questi test deve essere ampia. E certo va garantito un numero di tamponi per chi in ospedale ha un’evidenza clinica di malattia, a chi è nella quarantena e deve tornare al lavoro, ai contatti per essere sicuro che non siano infettati, ma il resto lo testo con la sierologia”.

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