Come il movimento Maga “America First” di Trump ha trasformato i repubblicani nel 'braccio del Cremlino'
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Come il movimento Maga “America First” di Trump ha trasformato i repubblicani nel 'braccio del Cremlino'

Il Gop viene accusato di ripetere la propaganda di Vladimir Putin, con alcuni esponenti che si rifiutano persino di ammettere che è stata Mosca a iniziare la guerra invadendo l’Ucraina.

Come il movimento Maga “America First” di Trump ha trasformato i repubblicani nel 'braccio del Cremlino'
Trump e Putin
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15 Marzo 2025 - 18.59


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L’attacco di Donald Trump al presidente ucraino Volodymyr Zelensky nello Studio Ovale lo scorso mese ha segnato un evidente riallineamento della politica americana, allontanandosi dall’Europa e avvicinandosi alla Russia in modo impensabile ai tempi della Guerra Fredda.

Il Partito Repubblicano, oggi dominato dal movimento “America First” di Trump, un tempo considerava l’ex Unione Sovietica come un “impero del male” sotto la presidenza di Ronald Reagan e ne aveva accolto con entusiasmo il crollo. Oggi, però, il GOP viene accusato di ripetere la propaganda di Vladimir Putin, con alcuni esponenti che si rifiutano persino di ammettere che è stata Mosca a iniziare la guerra invadendo l’Ucraina.

Il senatore democratico Chris Murphy ha definito la Casa Bianca “un braccio del Cremlino”, sottolineando come i messaggi diffusi dall’amministrazione americana sembrino allinearsi alle posizioni di Putin. “Ogni singolo giorno, sentiamo dal consigliere per la sicurezza nazionale, dal presidente degli Stati Uniti e dall’intero team di sicurezza nazionale ripetere i punti chiave della propaganda russa”, ha dichiarato Murphy a CNN.

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Ancora più significativa è stata la reazione del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che in un’intervista televisiva ha sorriso e affermato: “La nuova amministrazione sta cambiando rapidamente tutte le configurazioni della politica estera. Questo è in gran parte in linea con la nostra visione”.

La rottura con Zelensky, seguita dal taglio degli aiuti militari americani all’Ucraina e dalla richiesta di una pubblica scusa da parte di Kyiv come condizione per negoziare la pace, è stata il culmine di un processo in atto da tempo. Trump ha sempre elogiato leader autoritari come Putin, Xi Jinping, Viktor Orbán e Kim Jong-un, descrivendoli come “duri” e “intelligenti”, mostrando una predilezione per un approccio transazionale alla politica internazionale. Tuttavia, è il leader russo a esercitare la maggiore influenza sul suo progetto politico.

Steve Bannon, ex stratega capo di Trump e figura chiave del movimento MAGA, ha a lungo visto nella Russia di Putin non uno stato repressivo e corrotto, ma un alleato nella difesa dei valori tradizionali contro il liberalismo occidentale. Già nel 2014, Bannon dichiarava che, pur considerandolo un “cleptocrate” e un “imperialista”, Putin rappresentava per i conservatori un leader che difendeva le istituzioni tradizionali e il nazionalismo.

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Questa visione ha favorito un avvicinamento tra la destra americana e Mosca. Nel 2015, il Cremlino ha accolto una delegazione della National Rifle Association, segnando un’apertura verso il movimento conservatore statunitense.

L’influenza della Russia è stata un tema dominante nella campagna elettorale del 2016 tra Trump e Hillary Clinton, con il Cremlino accusato di tentare di influenzare il voto a favore del repubblicano. Il famigerato “Steele Dossier” suggeriva l’esistenza di materiali compromettenti su Trump, e poco dopo si scoprì che il figlio Donald Trump Jr., il genero Jared Kushner e il manager della campagna Paul Manafort avevano incontrato un’avvocatessa russa per ottenere informazioni compromettenti su Clinton.

L’inchiesta del procuratore speciale Robert Mueller non arrivò a un’accusa formale contro Trump, ma nemmeno lo scagionò completamente. Il presidente, però, continuò a difendere Putin, affermando che la Russia era stata ingiustamente coinvolta in quella che definì una “caccia alle streghe”.

Già nel 2017, un sondaggio Morning Consult rivelava che il 49% dei repubblicani vedeva Mosca come un’alleata. Questo atteggiamento culminò nel vertice di Helsinki del 2018, quando Trump accettò la parola di Putin sul fatto che la Russia non avesse interferito nelle elezioni, contraddicendo le sue stesse agenzie di intelligence.

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Zelensky ha giocato un ruolo chiave anche nella prima presidenza Trump. Il primo impeachment del tycoon scaturì proprio da un tentativo di ricattare il leader ucraino: Trump gli chiese di aprire un’indagine contro Joe e Hunter Biden in cambio dello sblocco di 400 milioni di dollari in aiuti militari già approvati dal Congresso.

Trump negò ogni colpa, ma non dimenticò mai l’episodio. E oggi, con la sua seconda amministrazione, il disprezzo per Zelensky e la vicinanza a Putin sembrano aver raggiunto un nuovo livello, mettendo l’Ucraina in una posizione sempre più precaria.

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