La battaglia di Aleppo e le mani di Erdogan e Putin sulla Siria
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La battaglia di Aleppo e le mani di Erdogan e Putin sulla Siria

Dopo una battaglia con centinaia di morti e durata due giorni i jihadisti siriani  stanno tentando di prendere Aleppo

La battaglia di Aleppo e le mani di Erdogan e Putin sulla Siria
La battaglia di Aleppo in Siria
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

29 Novembre 2024 - 22.28


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I jihadisti siriani di Hayat Taharir al Sham, a lungo costola di al Qaida in Siria e ora gruppo armato, efferato ed islamista sotto l’ufficiosa protezione dei turchi, è arrivato nel centro abitato  di Aleppo dopo aver sconfitto le forze filo governative con il sostegno aereo russo.

Il loro leader, Joulani, dopo aver fatto sapere che chiedeva di rispettare i prigionieri e trattarli in base alle regole internazionali, ha diramato un comunicato ufficiale indirizzato ai suoi miliziani nel quale si legge: “ti raccomandiamo di aver misericordia e e di essere gentile con la nostra gente di Aleppo. La tua priorità sia quella di preservare le loro proprietà e di garantire la loro incolumità, di imporre la sicurezza in città. Non abbattete alcun albero  e non spaventare i bambini. Calmate il nostro popolo di ogni confessione. Aleppo è sempre stata luogo di incontro di civiltà, è la nostra storia e il nostro futuro. Oggi è salvo chi entra in casa, chiude la porta e trattiene la lingua. E chi dichiara la sua defezione dal regime criminale. E’ salvo chi depone le armi e si consegna ai rivoluzionari”.

Si tratta di tutta evidenza di un messaggio a due facce: la prima vuole allontanare lo spettro dei massacri compiuti da gruppi jihadisti nel passato, e che certamente li riguarda visto il modo criminale con cui, secondo la popolazione locale, hanno governato a Idlib, la provincia siriana non distante dove hanno instaurato il loro regime da anni. Sulla seconda si vede il ritratto di quel che fece il regime di Assad proprio ad Aleppo, quando conquistò la città e dopo attacchi anche con armi proibite, deportò la popolazione ad esso avversa.

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Dunque dopo una battaglia con centinaia di morti e durata due giorni i jihadisti siriani  stanno tentando di prendere Aleppo. Loro sostengono che questa azione, che sembra agli osservatori molto ben pianificata, sia una risposta contro l’esercito siriano e l’aviazione russa che nei giorni scorsi avrebbero pesantemente bombardato loro basi in montagna. 

Quel che risulta dalla cronache di ieri, quando è cominciata la battaglia, è che questi miliziani, insieme ad un altro gruppo filo turco, hanno sbaragliato le forze militari nemiche circostanti Aleppo e che erano fondamentalmente di milizie filo iraniane. Nella battaglia decisiva che ha visto i filo-iraniani soccombenti, gli insorti hanno individuato e colpito un appartamento dove si trovava un generale dei pasdaran che coordinava le truppe sul campo.  Difficile pensare che l’operazione non abbia avuto un qualche sostegno turco, visto che i turchi hanno sempre appoggiato questo gruppo di insorti per il loro bisogno di contenere i curdi da una parte e il regime di Assad dall’altra. 

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Assad, convocato d’urgenza già ieri al Cremlino, deve aver avuto ordini precisi da Putin, che ha espresso il suo pieno sostegno al leader siriano, esortandolo a riprendere il pieno controllo dell’area. I combattimenti si intensificano. Ma non si può dimenticare che il leader turco si era rivolto proprio a Putin per  raggiungere una riconciliazione con Assad e che il leader siriano, nonostante le insistenze di Putin, ha rifiutato l’incontro. Ora, comunque evolva lo scenario bellico, questo incontro a tre potrebbe avvicinarsi, anche considerati i buoni rapporti che intercorrono tra Putin e Erdogan e il favore con cui il Cremlino  potrebbe comunque aver valutato l’indebolimento oggettivo degli iraniani, che competono con il Cremlino nel controllo politico e militare della Siria. 

Putin, distratto dalla guerra in Ucraina, non può sopportare però una sconfitta, ma sa che Erdogan non ha interessi contro di lui, ma cerca di convincere Assad a creare un’area in Siria nella quale possa trasferire qualche milione di siriani che Assad ha cacciato dalla Siria e che lui deve ospitare in Turchia da anni con enormi costi elettorali, vista anche la difficile situazione economica in cui si trova la Turchia. Dunque l’anello debole della catena rimane Assad, che deve contare sul leader russo e sui rapporti con quello turco per poter recuperare terreno e controllo territoriale.

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Intanto chi sembra aver subito un altro colpo è l’Iran, che ha perso un altro generale  dei pasdaran nella battaglia. E ciò è accaduto proprio lì dove passano le armi che Tehran invia, o inviava, in Libano per Hezbollah.

La scontro tra iraniani e jihadisti sunniti,  che  Tehran ha ufficialmente ascritto all’odio atavico tra estremisti sciiti, quale è il regime iraniano, e estremisti sunniti, quali sono i miliziani di Hayat Tahrir al Sham, ha molte conseguenze, in Siria e non solo. E Tehran aggiunge proprio l’idea di un concorso americano  in serata. Idea un po’ contraddittoria con la precedente però tesa ad accreditare un conflitto di tipo religioso. 

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