Le immagini dell’operazione condotta da agenti di Israele nell’ospedale Avicenna di Jenin, travestiti da palestinesi con abiti tradizionali, hanno rapidamente circolato a livello globale. Queste azioni richiamano precedenti storici nel conflitto del Medio Oriente, tanto che esiste un termine specifico sia in arabo che in ebraico per descrivere gli agenti che si infiltrano in questo modo. In arabo, sono noti come “Mustaribeen”, mentre in ebraico come “mistaarivim”, entrambi indicanti coloro che si mimetizzano e agiscono come arabi.
Sin dai primi passi dell’esercito israeliano, ai tempi del mandato britannico, i «mistaarivim» hanno costituito una unità speciale della divisione Palmach, spesso incaricata di svolgere il `lavoro sporco´ all’interno del neonato esercito. Ai `mistaarivim´ toccava, sin da allora, infiltrarsi presso la popolazione araba. I ranghi di questa speciale unità erano spesso formati da ebrei mizrahi, provenienti da Paesi arabofoni e proprio per questo più facili da infiltrare presso la popolazione locale per raccogliere informazioni per conto di Israele.
Le attività dei `mistaarivim´ sono andate avanti anche dopo la fine del mandato britannico, al termine del quale l’unità è stata mantenuta a fini di spionaggio e per infiltrare agenti provocatori tra i movimenti di resistenza palestinese. Un momento di svolta nella storia di questo movimento arriva nel 1980, quando l’ex premier Ehud Barak forma una unità chiamata Duvdevan, specializzata in operazioni sotto copertura e destinata ad avere un ruolo importante durante la prima intifada. I membri di Duvdevan erano spesso drusi o ebrei capaci di parlare l’arabo come un madrelingua presi dallo Shin Bet, i servizi segreti interni dello Stato ebraico.
In base a quanto riportano esperti e accademici, le operazioni sotto copertura mirate alla raccolta di informazioni, provocare reazioni, infiltrare proteste o creare caos, vanno avanti in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, ma non a Gaza.
In seguito all’ascesa al potere di Hamas nel 2007 infatti, per Israele è diventato estremamente rischioso inviare i propri uomini facendoli passare per miliziani dell’organizzazione palestinese che ha il controllo della Striscia. Il contrario di quanto avviene in Cisgiordania e Gerusalemme.
Nella città sacra gli agenti sotto copertura israeliani contribuirono all’arresto di decine di persone durante le proteste esplose a dicembre 2017, in seguito alla decisione del presidente americano Donald Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele.
Nel 2021 un giovane di 24 anni, Ahmed Fahd, fu ucciso per sbaglio in un campo profughi di Ramallah da agenti infiltrati che avevano in realtà nel mirino il fratello della vittima.
Ma i `mustaarivim´ stanno avendo un ruolo attivo anche in quest’ultimo conflitto, soprattutto a causa dell’intensificarsi delle operazioni in Cisgiordania. Ne è l’esempio, oltre al blitz nell’ospedale, anche quanto avvenuto all’inizio di gennaio, quando agenti sotto copertura hanno partecipato a un’operazione di due giorni nella città di Tulkarem, durante la quale sono stati uccisi 8 palestinesi. Gli infiltrati hanno dato il via al raid, in un secondo momento sono intervenuti esercito e guardie di frontiera.
Nei ranghi di Israele vige una distinzione tra i `mistaarivim´ che devono mimetizzarsi tra la popolazione per raccogliere informazioni e gli infiltrati la cui azione è mirata a sferrare un’intervento armato, mirata a uccidere o arrestare dei ricercati. Negli ultimi anni i palestinesi hanno iniziato a utilizzare i social per organizzare proteste, evitare di partecipare a manifestazioni in gruppi numerosi, con persone di dubbia provenienza o non locali e indossare abiti colorati con camicie e maglie infilate nei pantaloni, una tecnica quest’ultima per differenziarsi dagli infiltrati che spesso vestono abiti scuri e lasciano camicie e maglie libere in modo da poter nascondere meglio armi.
Tecniche che non hanno prodotto grandi risultati, anche perché, quando scoperti, i `mistaarivim´ ottengono immediatamente l’intervento dell’esercito e delle forze di sicurezza.
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