Guerra nucleare: molto più di un incubo ma una prospettiva realistica

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha lanciato l'allarme sul rischio che un'ulteriore escalation nel conflitto Russia-Ucraina possa portare il mondo verso una "guerra più ampia".

Guerra nucleare: molto più di un incubo ma una prospettiva realistica
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

7 Febbraio 2023 - 17.53


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Una guerra nucleare. Molto più che un incubo. Una prospettiva realistica. 

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Escalation atomica.

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha lanciato l’allarme sul rischio che un’ulteriore escalation nel conflitto Russia-Ucraina possa portare il mondo verso una “guerra più ampia”. “Le prospettive di pace continuano a diminuire. Le possibilità di un’ulteriore escalation e spargimento di sangue continuano a crescere”, ha detto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. “Temo che il mondo non stia camminando come un sonnambulo in una guerra più ampia. Temo che lo stia facendo con gli occhi ben aperti”, ha aggiunto Guterres.

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Il mondo “è al più alto rischio da decenni di una guerra nucleare”, ha detto ancora Guterres. “Un annientamento nucleare causato in modo accidentale o in modo deliberato”, ha affermato. “Dobbiamo porre fine alla minaccia rappresentata dalle 13mila armi nucleari immagazzinate negli arsenali di tutto il mondo”, ha insistito.

Scenari di guerra

“E’ molto probabile che la Russia stia tentando di riavviare importanti operazioni offensive in Ucraina già dall’inizio di gennaio 2023”, con l’obiettivo operativo più che certo “di catturare le rimanenti parti dell’oblast di Donetsk controllate dagli ucraini”.

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Lo afferma il ministero della Difesa britannico nel suo quotidiano report di intelligence. Tuttavia, “le forze russe sono riuscite a guadagnare solo diverse centinaia di metri di territorio alla settimana. Questo è quasi certamente dovuto al fatto che ora non dispone delle munizioni e delle unità di manovra necessarie per offensive” di grande portata, si legge nel rapporto. L’esercito russo sta concentrando gli sforzi principali sulla conduzione di azioni offensive in Ucraina nelle aree di Kupyan, Lyman, Bakhmut, Avdiiv e Novopavliv. Lo afferma anche il report della mattina dello Stato maggiore dell’esercito ucraino, citato da Unian. Secondo l’esercito di Kiev, 1.030 soldati russi sono rimasti uccisi in battaglia nelle ultime 24 ore, portando così le perdite totali dell’esercito russo a circa 133.190 militari morti. “Nelle ultime 24 ore, le forze di difesa ucraine hanno respinto gli attacchi degli occupanti nelle aree degli insediamenti di Novoselyvske, Kreminna e Dibrova della regionedi Lugansk e di Verkhnyokamianske, Vesele, Zaliznyanske, Krasna Gora, Bakhmut, Ivanovske e Paraskoviyvka, nella regione Donetsk”, dichiara lo Stato maggiore. Le forze russe hanno ottenuto alcuni successi nella zona di Siversk, fondamentali per la liberazione di Krasny Lyman, nel Donetsk, ha affermato nel frattempo il leader separatista filorusso Denis Pushilin, citato dalla Tass.

Kiev si aspetta che la Russia chiami a combattere fino a mezzo milione di soldati in più nei prossimi mesi: “La Russia mobiliterà 300-500mila persone per compiere le operazioni offensive nel sud e nell’est dell’Ucraina nella primavera e estate prossime”, ha dichiarato Vadym Skibitskyi, vice capo dell’intelligence della Difesa ucraina, citato dalla Cnn. “I 500mila si sommano ai 300mila richiamati a ottobre. Questo dimostra che il Cremlino di Putin non intende in alcun modo mettere fine alla guerra. L’offensiva di Mosca può colpire le regioni di Donetsk e Luhansk e forse quella di Zaporizhzhia. Le truppe russe resteranno in difesa nelle regioni di Kherson e in Crimea. La Russia ha utilizzato circa 660 droni kamikaze iraniani “Shahed” nella guerra contro l’Ucraina e “presto arrivera’ un nuovo lotto”. Lo ha detto Vadim Skibitsky, vice capo dell’Intelligence di Kiev. Lo riporta Ukrainska Pravda. Secondo il funzionario ucraino infatti il contratto fra Mosca e Teheran prevede la consegna di 1.750 droni “ma per la loro preparazione serve tempo”.

Onu, a 17,6 mln di persone serve assistenza umanitaria.

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“Mentre ci avviciniamo al traguardo di un anno di guerra, 17,6 milioni di persone, quasi il 40% della popolazione in Ucraina, hanno bisogno di assistenza umanitaria. Più di 7.000 civili sono stati uccisi e questi sono solo i dati confermati dall’Onu ma il numero effettivo è sicuramente più alto. Quasi 8 milioni di persone sono fuggite nei Paesi vicini e 5,3 milioni di persone sono sfollati interni”. Lo ha detto il capo degli affari umanitari delle Nazioni Unite, Martin Griffiths, durante una riunione del Consiglio di Sicurezza. “Abbiamo fornito assistenza a 15,8 milioni di persone, e alla vigilia di questo orribile traguardo di un anno di conflitto, abbiamo ancora molto da fare – ha aggiunto – Chiedo a tutti noi di andare avanti con rinnovato vigore per dare al popolo ucraino la pace e il sostegno di cui ha bisogno e che merita”.

Una riflessione su cui  meditare.

E’ quella di Ugo Tramballi, storico inviato di guerra del Sole24Ore, che scrive: “Siamo a 90 secondi dal giorno del giudizio nucleare, mai così vicini dai tempi di Hiroshima e Nagasaki. L’invasione dell’Ucraina e «la minaccia non troppo velata della Russia di usare le armi nucleari, ricordano al mondo che un’escalation – per errore, intenzione o calcolo errato – è un rischio terribile». Come ogni anno qualche giorno fa il Bulletin of the Atomic Scientists dell’Università di Chicago ha calcolato quanto siamo distanti da un conflitto nucleare. Il Doomsday Clock, l’orologio del giorno del giudizio, è un’unità di misura teorica ma lo spostamento delle sue lancette è definito dai comportamenti dei governi. Chi lo calcola è un gruppo di scienziati, fra i quali dieci Nobel. Forse nel tentativo di prendere le distanze dal mostro che avevano creato, il Bollettino era stato fondato nel 1945 da Albert Einstein, Robert Oppenheimer e dagli altri scienziati del Progetto Manhattan: le atomiche sganciate sul Giappone. La prima misurazione da qui all’eternità dell’Armageddon è del 1947: sette minuti. Il limite più pericoloso – tre minuti – fu raggiunto nel 1953, quando i sovietici sperimentarono la prima bomba all’idrogeno. Quello più ottimistico nel 1991, dopo i primi accordi sul disarmo e la caduta dell’Urss: 17 minuti. L’invasione dell’Ucraina è l’atto conclusivo di un lungo periodo di tensioni geopolitiche crescenti: dal 2020 la misurazione del Doomsday Clock non è più in minuti ma in secondi: 100 secondi per tre anni e ora 90. 

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Per decenni, nei rapporti fra le due superpotenze nucleari – il 93% delle testate nel mondo, è posseduto da Usa e Russia – l’eventualità dell’uso di un’arma così distruttiva era sempre stata un tabù. Nelle loro guerre in Vietnam e Afghanistan, americani e sovietici non avevano mai cercato di evitare la sconfitta usando l’atomica. È ciò che da mesi invece minacciano politici e generali russi di fronte al disastro delle loro operazioni militari in Ucraina. Nell’età nucleare non era mai accaduto. 

La Russia, dice il bollettino, «ha anche portato la guerra nei siti nucleari di Chernobyl e Zaporizhzhia, violando i protocolli internazionali e rischiando un ampio rilascio di materiali radioattivi. Gli sforzi dell’Agenzia Atomica di mettere al sicuro quelle centrali, sono stati respinti». Le preoccupazioni degli scienziati di Chicago sono ancor più attuali ora che Usa e Germania hanno deciso di dare agli Ucraini i carri armati Abrams e Leopard, considerate armi offensive letali, e missili a lungo raggio.

Al Pentagono sono convinti che anche di fronte a una sconfitta, Putin non userà l’arma atomica: troppo rischiosa per il fallout nucleare e per le reazioni internazionali.

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Ma la guerra ucraina, secondo il Bulletin, provoca eventi collaterali. E nel mondo, in Occidente come in Asia, in Oceania e in Africa continua la corsa al riarmo. Nel 2021, nonostante le conseguenze economiche della pandemia, per la prima volta le spese mondiali per la difesa hanno superato i 2mila miliardi di dollari. E Putin non aveva ancora invaso l’Ucraina”.

“Io sto con Francesco”.

La Fondazione Terra Santa ha lanciato la petizione “Io sto con papa Francesco per la pace in Ucraina e in ogni altra parte della Terra”. Sulla piattaforma www.change.org è possibile aderire, firmando sulla piattaforma www.change.org.

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“Facendo seguito all’appello lanciato da Papa Francesco nel suo recentissimo libro Un’Enciclica sulla pace in Ucraina, nel quale invita tutte le donne e gli uomini di buona volontà ad agire ad ogni livello per la cessazione del conflitto tra Russia e Ucraina e per favorire una pace giusta e duratura, Fondazione Terra Santa vuole farsi eco dell’appello del Santo Padre, lanciando, nell’imminenza del primo anniversario dell’inizio della guerra (24 febbraio), una petizione per mobilitare l’opinione pubblica a sostegno del dialogo tra le parti in conflitto e per la pace.

«La guerra in Ucraina – scrive il Papa nel suo testo Un’Enciclica sulla pace in Ucraina – ha interrogato ciascuno di noi. Dopo gli anni drammatici della pandemia, quando, non senza grandi difficoltà e molte tragedie, stavamo finalmente uscendo dalla sua fase più acuta, perché è arrivato l’orrore di questo conflitto insensato e blasfemo, come lo è ogni guerra? Possiamo parlare con sicurezza di una guerra giusta? Possiamo parlare con sicurezza di una guerra santa? Noi, uomini di Dio che annunciamo il Vangelo del Risorto, abbiamo il dovere di gridare questa verità di fede. Dio è un Dio della pace, dell’amore e della speranza. Un Dio che ci vuole fratelli tutti, come ci ha insegnato il Suo Figlio Gesù Cristo. Gli orrori della guerra, di ogni guerra, offendono il nome santissimo di Dio. E lo offendono ancora di più se il suo nome viene abusato per giustificare tale indicibile scempio». 

E ancora: «A quante altre tragedie dovremo assistere prima che tutti coloro che sono coinvolti in ogni guerra comprendano che questa è unicamente una strada di morte che illude soltanto alcuni di essere i vincitori? Perché sia chiaro: con la guerra siamo tutti sconfitti!». 

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Il grido di Papa Francesco deve risuonare forte nel mondo, perché si giunga velocemente ad una risoluzione pacifica di questo conflitto che troppa sofferenza, morte e distruzione ha già provocato. «Non dobbiamo, per nessuna ragione al mondo, assuefarci davanti a tutto ciò, quasi dando per scontata questa terza guerra mondiale a pezzi che è drammaticamente diventata, sotto i nostri occhi, una terza guerra mondiale totale. Preghiamo per la pace! Lavoriamo per la pace!».

Il grido del Papa.

“Fermiamoci in tempo, il mondo è in autodistruzione”. Lo ha ammonito il Papa nella conferenza stampa di ieri sul volo di ritorno dal Sud Sudan. Con Bergoglio anche l’arcivescovo di Canterbury e il moderatore della Chiesa di Scozia. Bergoglio ha ribadito di essere sempre “aperto a incontrare entrambi i presidenti, quello dell’Ucraina e quello della Russia, sono aperto per l’incontro. Se io non sono andato a Kiev è perché non era possibile in quel momento andare a Mosca, ma ero in dialogo, anzi il secondo giorno della guerra sono andato all’ambasciata russa a dire che volevo andare a Mosca a parlare con Putin, a patto che ci fosse una piccola finestrina per negoziare. Poi il ministro Lavrov mi ha risposto che valutava bene questo ma ‘vediamo più avanti’. Quel gesto è un gesto che ho pensato, che ’lo faccio per lui’”, rivolto a Putin.

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A Bergoglio è stato poi chiesto se fosse pronto ad inginocchiarsi anche davanti al leader del Cremlino come fece quattro anni fa coi leader del Sud Sudan nell’incontro in Vaticano per chiedere la pace: “Il gesto dell’incontro 2019 non so come è successo, non è stato pensato e le cose che non sono state pensate tu non puoi ripeterle, è lo Spirito che ti porta lì, non si può spiegare, punto. E io anche l’ho dimenticato. E’ stato un servizio, sono stato strumento di qualche impulso interiore, non una cosa pianificata. Oggi siamo a questo punto, ma non è l’unica guerra, io vorrei fare giustizia: da dodici-tredici anni la Siria è in guerra, da più di dieci anni lo Yemen è in guerra; pensa al Myanmar, alla povera gente Rohingya che gira il mondo perché sono stati cacciati via dalla propria patria. Dappertutto, nell’America Latina, quanti focolai di guerra ci sono”.

“Sì, ci sono guerre più importanti per il rumore che fanno, ma, non so, tutto il mondo è in guerra, e in autodistruzione. Dobbiamo pensare seriamente: è in autodistruzione. Fermiamoci in tempo, perché una bomba ti richiama una più grande e una più grande e nell’escalation tu non sai dove finirai”, ha ammonito il Papa.

Parole sante.

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