Globalist è cocciuto. Coerente. Abbiamo deciso di non commentare i risultati sportivi del mondiale di calcio che oggi chiude i battenti, concentrando invece la nostra attenzione sulla “partita” che interessa quel vaso mondo solidale che non è nei libri paga dei potenti emiri qatarioti. Oltre il Qatargate. In questa nostra nuova puntata del viaggio nel soft power del Qatar ci siamo avvalsi di alcuni preziosi report di siti e testate giornalistiche ancora con la schiena dritta.
Il soft power tentacolare
Scrive il Post: “L’inchiesta sull’influenza del Qatar è una delle più gravi della storia del Parlamento Europeo, ma non è la prima in cui il Qatar si è trovato coinvolto. Negli ultimi decenni il paese è stato impegnato in ampie e costose operazioni per aumentare la propria influenza all’estero, anche se è importante distinguere tra le operazioni legali, come il finanziamento in Occidente di musei, università ed eventi sportivi, e le operazioni apparentemente illegali, come potrebbe essere quella che ha coinvolto il Parlamento Europeo, se le accuse saranno confermate.
Le operazioni potenzialmente illegali in cui il Qatar è coinvolto in Occidente sono numerose, come ha scritto qualche giorno fa Politico. Negli Stati Uniti questa primavera il generale John Allen, che era stato comandante supremo delle forze americane in Afghanistan, è stato messo sotto indagine, perché avrebbe fatto attività di lobby in favore del Qatar illegalmente, cioè senza le registrazioni e i permessi necessari secondo la legislazione americana. A seguito dell’inchiesta, Allen si è dimesso dalla presidenza della Brookings Institution, uno dei centri studi più importanti degli Stati Uniti, e il caso ha riguardato anche altre importanti personalità americane, come l’ex ambasciatore in Pakistan e negli Emirati Arabi Uniti. Nel 2018, alcuni giornali americani scrissero che il Qatar aveva cercato di ingraziarsi e condizionare circa 250 persone (tra cui ambasciatori, politici e altri) che avrebbero potuto influenzare l’allora presidente americano Donald Trump. L’azione di per sé non era illegale (a queste 250 persone furono concessi viaggi gratis e la partecipazione a importanti conferenze) ma creò una certa inquietudine su quanto i lobbisti di uno stato straniero potessero essere vicini al presidente degli Stati Uniti.
Un altro caso notissimo riguarda le ampie e ben circostanziate accuse della corruzione grazie alla quale il Qatar avrebbe ottenuto l’assegnazione dei Mondiali di calcio maschili del 2022. Queste accuse, benché ampissime, sono state fatte però soprattutto da giornali, e non confermate nei tribunali, almeno finora.
Il Qatar non è ovviamente l’unico stato a cercare di ottenere influenza in Occidente tramite investimenti ed eventi: l’attività di altri stati più grandi, come la Cina, la Russia e l’Arabia Saudita, è maggiore. Ma la forte ascesa della reputazione del Qatar in Occidente in questi anni è un segno di come la ricerca di influenza da parte del governo qatariota sia stata particolarmente intensa.
Il Qatar ha circa tre milioni di abitanti e alcune delle riserve di gas naturali più grandi del mondo, e negli ultimi decenni diventato uno Stato eccezionalmente ricco, e capace di espandere la propria influenza all’estero spendendo eccezionali somme di denaro, come ha mostrato l’ultima edizione dei Mondiali di calcio.
Il Qatar negli ultimi anni ha fatto enormi investimenti in aziende e imprese occidentali importanti. Soltanto per citarne alcuni: in Germania possiede quote di Volkswagen, Porsche e Deutsche Bank; nel Regno Unito possiede i grandi magazzini Harrods, enormi proprietà immobiliari a Londra e il 20 per cento dell’aeroporto di Heathrow; in Italia, tra le altre cose, una società a controllo qatariota ha da poco comprato il marchio di lusso Valentino, e ha fatto enormi investimenti immobiliari, a partire dal quartiere Porta Nuova di Milano.
Il Qatar ha stipulato accordi importanti con molte università nel mondo, e oggi ospita otto sedi distaccate di prestigiose università americane, francesi e britanniche. Secondo l’Ong americana Project on Government Oversight, tra il 2011 e il 2017 è stato di gran lunga il più importante finanziatore delle università negli Stati Uniti, a cui avrebbe donato complessivamente un miliardo di dollari.
Tutte queste attività sono perfettamente legali. Ma se messe assieme alle attività che invece sono sospettate di essere illegali, come le operazioni di corruzione nel Parlamento Europeo, danno l’idea generale di un paese che sta usando tutti i mezzi – sia quelli propri sia quelli impropri – per aumentare la propria influenza nel mondo: «Di fatto non c’è capitale occidentale, per non parlare di quelle sudamericane o asiatiche, che in qualche modo non sia stata coinvolta» dall’enorme ricerca di influenza da parte del Qatar, ha detto a Politico Jonathan Schanzer del centro studi americano Foundation for the Defense of Democracies”.
Così il Post
L’Italia da comprare
La descrive, con puntiglio documentale, un report di Qui Finanza:
“Dalla moda all’edilizia, dai trasporti alle società energetiche. E poi gli hotel, ovviamente il calcio, le moschee e persino uno dei più celebri e rinomati ospedali del Paese. È davvero lungo l’elenco delle attività d’impresapresenti ad oggi in Italia che nel giro di pochi anni sono finite nell’orbita dei fondi provenienti dal Qatar.
Lo Stato mediorientale, di proprietà della famiglia di emiri Al Thani (che lo governano dal 1850), nel corso del tempo ha esteso la propria sfera di interesse in tutto il mondo, in particolare in Asia e in Europa, dove molte delle fortune economiche derivanti dall’estrazione del petrolio sono state dirottate con investimenti che svariano in tutti i settori.
La rete del Qatar, tra investimenti in Occidente e scandali internazionali: il quadro
Soffermandosi per un attimo sulle ultime vicende di cronaca, la sensazione è quella di trovarsi davanti ad una realtà in grande espansione, i cui vertici paiono pronti a tutto pur di consolidare la propria rete di capitalizzazioni in Occidente. L’esempio principe è quello dei Mondiali di calcio del 2022: una docu-serie di recente produzione e diffusa su Netflix ha svelato gli scabrosi retroscena – fatti di tangenti e corruzione – che hanno portato all’assegnazione della rassegna sportiva da parte della Fifa. Come se non bastassero le denunce sul mancato rispetto dei diritti umani e sulle condizioni disumane di migliaia di lavoratori sfruttati, nelle ultime settimane si è aggiunto anche lo scandalo denominato Qatargate[…]
Investimenti del Qatar in Italia: l’esordio nel mondo degli hotel di lusso
Ma la vastissima tela di finanziamenti che Tamim bin Hamad Al Thani (ultimo erede della potente famiglia e attuale emiro in carica) ha saputo tessere a tutte le latitudini del globo non risparmia nessuno degli ambiti più remunerativi dell’imprenditoria. In Italia il primo approdo di un certo spessore riconducibile ai fondi provenienti dall’emirato risale al 2005, quando il fondo Qatar Investment Authority (QIA) decide di sbarcare nel nostro Paese.
Il primo passo è nel mondo dell’hotellerie: a Milano viene rilevato l’Hotel Gallia, uno dei più rinomati di tutto il comprensorio cittadino. Nel corso degli anni il capoluogo lombardo diventerà una delle mete predilette degli Al Thani in tutta Europa, anche se i petrodollari degli emiri raggiungeranno tutte le principali città del nostro Paese. Sempre per rimanere nella categoria resort, ad oggi sono di proprietà qatariota anche altri nove stabilimenti di alto lusso:
- il Gritti Palace di Venezia;
- il Saint Regis di Roma;
- l’Excelsior di Roma;
- il Baglioni di Firenze;
- il Tour Season di Firenze;
- i quattro hotel di lusso dislocati in Sardegna lungo la Costa Smeralda, tra cui il gettonatissimo cinque stelle superior Cala di Volpe (per anni meta prediletta degli oligarchi russi per trascorrere le vacanze estive).
L’Italia meta prediletta degli emiri: tutti gli investimenti del Qatar a Milano
Sempre per rimanere nel capoluogo lombardo, in anni più recenti il fondo sovrano dell’emirato ha puntato tutto sul settore delle costruzioni edili. Tra il 2013 e il 2015 mette nel mirino il progetto Milano Porta Nuova, prima acquistandone il 40% e poi rilevandone l’intera porzione societaria: nel giro di pochi mesi stringe accordi con tutti i soggetti coinvolti (in particolare la Hines Italia Sgr, Unipol SAI, la Coima e Galeotti), portando il proprio investimento complessivo a quota 2 miliardi di euro.
In quel periodo il partner di riferimento degli Al Thani in Italia diventa proprio l’azienda Coima di Manfredi Catella. È proprio grazie al rapporto con i vertici milanesi dell’impresa che il Qatar a Milano diventa sinonimo di sviluppo e grandi progetti. Così il marchio emiratino viene associato alla torre dell’Unicredit e soprattutto al pluripremiato Bosco verticale disegnato dal celebre architetto Stefano Boeri.
Pochi mesi dopo, sempre nel mondo del mattone, la QIA rafforza la propria partnership con Coima e la rende la propria sponda di riferimento nel nostro Paese. Nel 2016 ne acquista la totalità delle azioni ordinarie tramite un’altra società, la Evergreen, di cui già possedeva il 97% e al cui interno entrerà a stretto giro anche lo stesso Manfredi Catella. A Doha si vivono momenti di grande entusiasmo: tutto procede per il meglio e nulla sembra poter fermare l’espansione della famiglia Al Thani.
Ospedali pubblici e privati: l’investimento del Qatar nella sanità italiana
La prima regola di un buon imprenditore di successo è quella di diversificare gli investimenti. Così vale anche per quello del Qatar, con la sanità italiana che ben presto finisce nel mirino della QIA. Grazie ad una collaborazione strutturata con il Policlinico Gemelli di Roma, il fondo degli emiri costruisce il Mater Dei di Olbia, fiore all’occhiello per le cure private in Sardegna.
Qui però arriva anche il primo “buco nell’acqua” dato che oggi, dieci anni dopo l’investimento, il polo ospedaliero ha chiuso il 2021 con un bilancio in perdita di oltre 24 milioni di euro, nonostante nel corso del tempo siano state stilate decine di convenzioni con il Servizio Sanitario Nazionale. Ora toccherà al presidente della Regione, il leghista Christian Solinas, porre rimedio alla situazione, proprio lui che ha sempre definito il Mater Dei di Olbia come “un’eccellenza tanto nel campo delle cure quanto nella ricerca”.
Dall’energia agli aerei, fino alle moschee: l’Italia nel mirino del Qatar
Assai controverso è anche l’iter che ha portato gli Al Thani ad investire in Air Italy, la compagnia di voli aerei nata dopo la dissoluzione di Meridiana. Allo stato attuale la multinazionale si è vista costretta ad intavolare le procedure per il licenziamento di circa 1.500 dipendenti, di cui circa 700 operanti sempre a Milano, mentre gli altri in Sardegna.
Guardando al futuro invece, l’emirato avrebbe posto le basi per l’approvazione di un finanziamento di circa 23 milioni di euro per la costruzione di 45 moschee dislocate in tutte le regioni d’Italia. I beneficiari di questa scelta sarebbero i Fratelli Mussulmani, una delle formazioni politiche mondiali più fedeli e rigorose per quanto riguarda l’adesione ai principi della Jihad (cosa che ha causato diversi conflitti tra il Qatar e alcuni degli Stati geograficamente più vicini, in primis l’Arabia Saudita).
Infine, la questione energetica. Solo pochi mesi fa, nel tentativo di sganciare l’Italia dalla dipendenza russa per gli approvvigionamenti di gas metano, il governo presieduto da Mario Draghi (tramite i viaggi compiuti dal ministro Roberto Cingolani) ha posto le basi per un acquisto sempre più massiccio di combustibili provenienti proprio dalle raffinerie qatariote. Un processo che inevitabilmente andrà a rafforzare il legame sempre più stretto tra l’Italia e l’Emirato”.
Questo è il tentacolare soft power di una delle più danarose petromonarchie del Golfo arabico. Una, ma non la sola. Perché non da meno sono gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita etc. Ci torneremo perché la partita dei diritti e di una sana controinformazione non si è conclusa. Almeno non per noi.