Libia: noi finanziamo la Guardia costiera mentre Erdogan fa incetta di gas e petrolio

Un'ampia delegazione del governo turco si è recata in Libia dove, col governo internazionalmente riconosciuto ma attualmente sfiduciato dal parlamento di Tripoli, sono stati firmati accordi di collaborazione energetica, si parla di petrolio e gas

Libia: noi finanziamo la Guardia costiera mentre Erdogan fa incetta di gas e petrolio
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

5 Ottobre 2022 - 18.40


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Noi continuiamo a finanziare la cosiddetta Guardia costiera libica, mentre il Sultano di Ankara fa incetta di gas e petrolio libico.

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Il Petroliere ottomano

Scrive Gioia Salvatori su Euronews: “Un accordo che agita ancora di più le acque già molto mosse del Mediterraneo orientale. Un’ampia delegazione del governo turco si è recata in Libia dove, col governo internazionalmente riconosciuto ma attualmente sfiduciato dal parlamento di Tripoli, sono stati firmati accordi di collaborazione energetica, si parla di petrolio e gas. Non è chiaro se ciò apra la strada a trivellazioni nella zona d’esplorazione esclusiva della Turchia cosa che farebbe infuriare ancora di più Egitto e Grecia, già sul chi va là.

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Mevlut Cavusoglou, il ministro degli esteri turco, ha detto che gli accordi firmati e quelli firmati in passato “sono accordi tra due Stati sovrani sulla base di una cooperazione win-win. Quindi i Paesi terzi non hanno il diritto di intervenire”. Parole che di certo non aiutano il processo di pacificazione tra le “due libie” su cui è impegnata la comunità internazionale.  Altre voci si sono levate contro i patti energetici. Ovviamente dal parlamento “antagonista” libico, quello con sede a Tobruk, il presidente dell’aula ha bollato come illegale il memorandum d’intesa. Inoltre sia il ministro degli esteri greco che il suo omologo egiziano hanno messo in dubbio la legittimità del testo. D’ altronde il Cairo da sempre è il principale sponsor del governo di Tobruk e gioca in Libia una rivalità antica con la Turchia. Il ministro degli esteri greco da parte sua ha tuonato che la Grecia “ha diritti sovrani nella regione, che intende difendere con tutti i mezzi legittimi”. 

Messi in mezzo

La conclusione di accordi internazionali da parte del Governo di unità nazionale (Gun) della Libia richiede la consultazione con il Consiglio presidenziale libico. Lo ha reso noto lo stesso organo tripartito che detiene la carica di comandante supremo delle Forze armate e che dovrebbe rappresentare l’unità nazionale, dopo la firma avvenuta lo scorso 3 ottobre di di un memorandum d’intesta sugli idrocarburi tra l’esecutivo guidato dal premier Abdulhamid Dabaiba e un’importante delegazione ministeriale turca. “È necessario cooperare con tutti i Paesi amici nell’interesse del popolo e del futuro del Paese”, ha affermato il Consiglio presidenziale in un comunicato, spiegando che i rapporti tra i Paesi sono regolati da norme internazionali e leggi nazionali. “Affinché gli accordi firmati tra i governi possano entrare in vigore devono essere ratificati da parte dei consigli legislativi”, ha proseguito il Consiglio presieduto da Mhamed Mengi. Dall’est della Libia sono giunte numerose critiche al protocollo d’intesa libico-turco. Il presidente della commissione Energia del parlamento con sede a Tobruk,Issa al Araibi, ha definito l’intesa “illegittima e illegale perché siglata da un esecutivo a cui è stata ritirata la fiducia. L’accordo di Ginevra – che sanciva i poteri del governo Dabaiba – non consente all’esecutivo di firmare accordi o trattati di lungo termine, ha proseguito Al Araibi in un video messaggio. Secondo il presidente della commissione Energia, il governo Dabaiba controlla soltanto il 20 per cento del territorio della Libia, mentre la restante parte sbarberebbe sotto la giurisdizione dell’esecutivo di stabilità nazionale (Gsn), guidato da Fathi Bashagha, non riconosciuto dalla Comunità internazionale ma appoggiato dal parlamento. Vale la pena ricordare che nei territori controllati dal governo Dabaiba risiede però circa l’80 per cento della popolazione. Novanta deputati del parlamento libico guidato da Aguila Saleh hanno rilasciato una dichiarazione in cui rifiutano l’accordo firmato da Dabaiba con la Turchia. “Condanniamo e respingiamo l’accordo firmato a Tripoli e qualsiasi protocollo d’intesa o qualsiasi vago accordo”, si legge nel documento. Inoltre, i 90 deputati ribadiscono che il governo con sede a Tripoli “è decaduto e non ha né legittimità né autorità legale”. “L’accordo politico vieta al governo di firmare accordi o impegni durante la fase preliminare. Le firme (di intese) non comportano per lo Stato libico alcun obbligo attuale o futuro, in quanto sono state fatte da un organismo che non ha alcuna capacità giuridica”, proseguono i 90 deputati, invitando la parte turca a “rispettare la sovranità libica e le sue decisioni e a non interferire negativamente sostenendo qualche parte politica a scapito dell’interesse del popolo libico”.

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Il testo del protocollo d’intesa tra il Gun di Tripoli e la Turchia non è stato ancora reso pubblico, tuttavia fonti di “Agenzia Nova hanno riferito che esso pone le basi a un futuro accordo nel campo degli idrocarburi ed è basato sul memorandum firmato nel novembre del 2019 a Istanbul. Il protocollo d’intesa prevede la cooperazione in progetti per lo sviluppo e l’utilizzo di risorse di idrocarburi (tutti i tipi di gas e petrolio). I progetti comprendono esplorazione, produzione, trasporto, raffinazione, distribuzione e commercio di idrocarburi. Con il protocollo, i due Paesi mirano inoltre a garantire l’esplorazione, lo sviluppo e l’aumento della produzione di idrocarburi. Con l’intesa, il Gun di Dabaiba, il cui mandato è tecnicamente scaduto il 24 dicembre 2021, e il governo turco si impegnano a realizzare “progetti integrati al fine di migliorare l’esplorazione del territorio e risorse marine”. I progetti comprendono lo sviluppo e la produzione, e la parte libica garantisce l’invito esteso dalla compagnia petrolifera nazionale National Oil Corporation (Noc) alla Turkish Petroleum International Corporation (Tpic) e ai suoi partner a partecipare ai progetti terrestri e offshore in Libia.

In base a quanto appreso da “Agenzia Nova”, la Noc sarà autorizzata a concludere accordi e contratti con la Tpic per svolgere operazioni petrolifere sia a terra che in mare. Tra le operazioni, figurano la valutazione, l’esplorazione, lo sviluppo, la produzione, la lavorazione, lo stoccaggio e il trasporto delle risorse presenti nei giacimenti già operativi e di futura scoperta sia onshore e che offshore da parte della compagnia petrolifera nazionale turca.

L’Unione Europea ha lanciato l’allarme, sostenendo che l’accordo appena firmato tra Tripoli e Ankara potrebbe “potenzialmente minare la stabilità regionale”. La partnership si basa sul memorandum d’intesa Turchia-Libia del 2019 che definisce le aree di giurisdizione marittima nel Mediterraneo e che era già stato denunciato da Grecia ed Egitto. L’accordo sugli idrocarburi “richiede ulteriori chiarimenti poiché si basa su un memorandum in contrasto con il diritto del mare e che viola i diritti di Stati terzi” ha affermato il portavoce dell’Ue per gli affari esteri, Peter Stano, in un comunicato. Queste azioni “potrebbero minare la stabilità regionale e dovrebbero essere evitate” ha aggiunto.

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Allo stesso modo, la Grecia, che ha avuto una lunga disputa con la Turchia sui confini marittimi, si è opposta all’accordo. Il ministro degli Esteri greco Nikos Dendias ha detto di aver parlato con il suo omologo in Egitto, Sameh Shoukry, e che “entrambi hanno contestato la legittimità” dell’accordo. Dendias ha detto che visiterà il Cairo domenica per “consultazioni” sulla questione.

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