Indo-Pacifico: la posta in palio non è solo il futuro di Taiwan
Top

Indo-Pacifico: la posta in palio non è solo il futuro di Taiwan

Per Pechino l'essenza della vicenda di Taiwan "non è una questione democratica, ma una questione di principio importante sulla sovranità e l'integrità territoriale della Cina

Indo-Pacifico: la posta in palio non è solo il futuro di Taiwan
Taiwan
Preroll

Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

5 Agosto 2022 - 18.20


ATF

Manovre militari, esibizioni muscolari, sanzioni “ad personam”, convocazione degli ambasciatori. Continua il braccio di ferro tra Cina e Stati Uniti.

Lo scontro continua

“Dopo le azioni della Cina durante la notte, abbiamo convocato l’ambasciatore della Repubblica popolare cinese, Qin Gang, alla Casa Bianca per parlargli delle azioni provocatorie della Repubblica Popolare cinese“. Così il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale John Kirby, alimentando il botta e risposta fra Washington e Pechino. Le due superpotenze sono ormai ai ferri corti, come testimonia la scelta della Cina di sospendere il dialogo con gli Stati Uniti dal punto di vista non solo militare.

La Cina “sospenderà i colloqui sui cambiamenti climatici tra Cina e Stati Uniti”, annullerà un incontro tra i leader militari e due incontri sulla sicurezza, ha affermato il ministero degli Esteri cinese, citando il “disprezzo” mostrato da “Pelosi per la forte opposizione della Cina” alla sua visita a Taiwan. La Cina e gli Stati Uniti, responsabili delle maggiori emissioni di gas serra, hanno raggiunto un accordo sul clima al vertice COP26 di Glasgow lo scorso anno, impegnandosi a lavorare insieme per accelerare l’azione per il clima nel prossimo decennio e a incontrarsi regolarmente per “affrontare la crisi climatica”. 

Tra le altre decisioni, il ministero degli Esteri ha dichiarato di sospendere la cooperazione con Washington sul rimpatrio dei migranti illegali, sulla giustizia, sulla criminalità transnazionale e sulla lotta alla droga. Pechino, inoltre, ha annunciato sanzioni– non ancora specificate- nei confronti della speaker della Camera americana, Nancy Pelosi, per la sua visita a Taiwan dei giorni scorsi che ha infiammato gli animi. Pelosi, secondo quanto dichiarato in una nota dal ministero degli Esteri cinese, avrebbe ignorato le preoccupazioni e la ferma opposizione della Cina alla sua visita nell’isola. E’ ormai scontro aperto fra Washington e Pechino sulla vicenda della tour di Nancy Pelosi in Asia, durante il quale la speaker della Camera ha fatto tappa anche a Taipei, mandando su tutte le furie la Cina. Così, dal piccato scambio di battute fra le due superpotenze si è passati rapidamente ai fatti con l’avvio da parte delle forze cinesi di una massiccia esercitazione attorno a Taiwan. Alle 11 ora locale (le 5 in Italia), infatti, aerei e navi da guerra cinesi hanno attraversato la linea mediana dello Stretto di Taiwan. A riferirlo è stato il ministero della Difesa dell’isola che in una nota ha definito le ultime manovre da parte di Pechino “provocatorie”. Si è aperto così il secondo giorno di esercitazioni cinesi attorno all’isola dove la tensione sta salendo sempre di più. Di fronte alle manovre militari che stanno animando i cieli sopra Taipei, la compagnia aerea Singapore Airlines ha deciso di annullare i voli per e da Taiwan a causa della “crescente restrizione dello spazio aereo” dovuta alle pericolose esercitazioni militari cinesi in quella striscia di mare che separa l’isola ” ribelle”– come la definisce Pechino- dalla Cina. “La sicurezza del nostro staff e passeggeri sono la nostra priorità”, ha dichiarato il portavoce della compagnia aerea in un’intervista rilasciata ai media locali.

Dopo la visita della speaker della Camera, Nancy Pelosi, a Taiwan, dunque, la tensione nell’Indo-Pacifico non sembra attenuarsi, anzi. Quello a cui si sta assistendo attorno all’isola è una rapida e pericolosa escalation militare. A buttare benzina sul fuoco e irritare Pechino ancora una volta, sono le dichiarazioni della rappresentante della Camera americana che, durante la sua permanenza a Tokyo, tappa finale del suo tour asiatico, ha affermato che la Cina non isolerà Taiwan impedendo ai funzionari statunitensi di recarsi lì. Pelosi accusa direttamente Pechino, infatti, di aver cercato di isolare Taipei anche di recente impedendo all’isola di entrare a fare parte dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità. “Potrebbero cercare di impedire a Taiwan di visitare o partecipare in altri luoghi, ma non isoleranno Taiwan impedendoci di viaggiare lì”, ha dichiarato la speaker. La presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen ha affidato ad un tweet il suo appello alla comunità internazionale affinchè fermi questa pericolosa escalation: “Il nostro governo e le nostre forze armate stanno monitorando da vicino le esercitazioni militari cinesi e le operazioni di guerra dell’informazione, pronti a rispondere se necessario. Invito la comunità internazionale a sostenere la Taiwan democratica e a fermare qualsiasi escalation della situazione della sicurezza regionale”.

Anche il segretario di Stato americano Antony Blinken ha definito la reazione della Cina alla visita di Pelosi a Taiwan come “clamorosamente provocatoria”.
Blinken che si trova in Cambogia per partecipare al Summit dell’Asean, organizzazione che riunisce le nazioni del Sud-est asiatico, ha affermato che Pechino ha cercato di intimidire non solo Taipei, ma anche i vicini, dopo aver lanciato le manovre militari più grandi di sempre nello Stretto di Taiwan, puntando al cambio dello status quo. Il riferimento è al Giappone che, nella giornata di ieri, ha denunciato la caduta di cinque missili cinesi nella sua zona economica esclusiva. Il primo ministro giapponese Fumio Kishida ha affermato che le esercitazioni militari della Cina intorno a Taiwan rappresentano un “grave problema” che minaccia la pace e la sicurezza regionale. I lanci devono essere “fermati immediatamente”, ha affermato Kishida parlando dopo la colazione con Nancy Pelosi e una delegazione del Congresso, commentando l’iniziativa militare di Pechino che coinvolge sei zone attorno a Taiwan. Secondo quanto riferisce Bloomberg, durante il Summit dell’Asean a cui hanno partecipato anche il ministro degli esteri cinese e russo, Wang Yi e Sergei Lavrov, il Segretario di Stato americano ha cercato di ridimensionare lo scontro, rimarcando che la visita di Pelosi era pacifica. Il ministro degli esteri russo gli risponde prendendo le difese di Pechino– che non ha mai condannato apertamente l’invasione russa dell’Ucraina- e rilanciando l’accusa rivolta alla speaker della Camera di aver provocato la tensione con la sua visita a Taiwan. Pechino non ci crede e bolla l’ingerenza degli Stati Uniti nel rapporto Cina – Taiwan- rappresentata dalla visita di Nancy Pelosi sull’isola- come una grave violazione dell’integrità territoriale della Cina. Pechino “impedirà al Paese di dividersi con la più forte determinazione, usando tutti i mezzi e ad ogni costo. La visita di Pelosi a Taiwan è una palese manipolazione politica e un’evidente e grave violazione della sovranità e dell’integrità territoriale della Cina”. A dirlo è stato il vice ministro degli Esteri cinese Deng Li che ieri ha convocato gli ambasciatori europei- oltre a quello giapponese, Hideo Tarumi-per protestare contro le dichiarazioni rilasciate dai Paesi del G7 e dell’Unione Europea sull’esercitazione militare “senza precedenti” che Pechino sta conducendo intorno all’isola. “In risposta alla collusione tra Stati Unitie Taiwan, il contrattacco della Cina è naturale”, ha aggiunto il ministro cinese.

La dottrina di Pechino

L’essenza della vicenda di Taiwan “non è una questione democratica, ma una questione di principio importante sulla sovranità e l’integrità territoriale della Cina”. È la risposta della portavoce del ministero degli esteri Hua Chunyingalle critiche di Usa e paesi occidentali sulla reazione eccessiva di Pechino che ha varato un ciclo di massicce manovre militari intorno all’isola in risposta alla visita a Taipei della speaker della Camera americana Nancy Pelosi.

L’attuale situazione “è stata interamente causata da Pelosi e dai politici americani”, ha aggiunto Hua nel briefing quotidiano.

La parte americana “dovrebbe pensare in modo diverso. Se un certo stato negli Stati Uniti cerca di separarsi dagli Stati Uniti e di affermarsi come paese, mentre un altro paese continua a fornirgli armi e sostegno politico, il governo e il popolo degli Stati Uniti possono permetterlo?”, ha aggiunto Hua, omettendo che Taiwan non è mai stata nel controllo della Repubblica Popolare cinese. La visita di Pelosi a Taiwan è stata “una seria mossa provocatoria” che viola gravemente il principio della Cina unica, calpestando “le norme fondamentali delle relazioni internazionali e danneggiando pesantemente la sovranità e l’integrità territoriale della Cina”. Pechino, ha concluso Hua, “ha compiuto sforzi diplomatici nella massima misura possibile e ha ripetutamente avvertito gli Usa attraverso vari canali che se Pelosi fosse andata a Taiwan avrebbe causato danni molto gravi e che tutte le conseguenze sarebbero poi ricadute unicamente sulla parte statunitense”.  

La lettura di Zakaria

“Da parte americana, diversi errori – molti di questi tattici e legati alla politica interna – hanno prodotto una realtà pericolosa: non ci sono serie relazioni bilaterali tra i due attori più influenti del 21esimo secolo”. Fareed Zakaria, in un’opinione pubblicata online sul Washington Post, inquadra la visita a Taiwan della presidente della Camera dei Rappresentati americana all’interno dei pessimi rapporti tra Stati Uniti e Cina, aggiungendo che la speaker “avrebbe voluto fare la sua visita già mesi fa”.  Si può partire da qui per raccontare la tensione di queste ore, che nasce da lontano. E’ stata una visita utile o una visita controproducente? La prima a rispondere è stata la stessa Pelosi. A chi le ha chiesto in conferenza stampa se ritenesse che la sua visita abbia portato o meno benefici all’isola, la presidente ha risposto che si tratta di una disputa “ridicola”, aggiungendo che il Paese asiatico è uno dei “più liberi del mondo”. Una cosa è certa, ha aggiunto durante la sua ultima tappa del tour asiatico in Giappone, gli Usa “non permetteranno” alla Cina di isolare Taiwan.

Alla stessa domanda iniziale arrivano risposte profondamente diverse dalla Cina e dalla Russia. Pechino ha deciso di imporre sanzioni non meglio specificate contro Pelosie i suoi familiari più prossimi, ha annunciato il ministero degli esteri. La spiegazione è sufficientemente scomposta. “In spregio alle gravi preoccupazioni e alla ferma opposizione della Cina. Pelosi ha insistito, recandosi a visitare la regione cinese di Taiwan. Ciò costituisce una grossolana interferenza negli affari interni cinesi. Mina gravemente la sovranità e l’integrità territoriale della Cina, interferisce seriamente con il principio di una sola Cina e minaccia gravemente la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan”. Le sanzioni, quindi, secondo la Cina, arrivano “in risposta alla provocazione smaccata di Pelosi”. 

Pechino, ovviamente, ha il pieno sostegno dell’alleato russo. “La Cina sta agendo in modo legittimo per difendere la sua sovranità”, insiste il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. “Queste provocazioni non restano senza ripercussioni”, ha detto Peskov nelle dichiarazioni riportate dalla Tass, convinto che “le tensioni non si placano così rapidamente”. L’ambasciatore cinese negli Usa è stato convocato alla Casa Bianca per “condannare l’escalation di azioni di Pechino contro Taiwan” e ribadire che gli Usa “non vogliono una crisi nella regione”, dopo la visita di Nancy Pelosi sull’isola e il crescendo di tensioni, scrive il Washington Post. “Dopo le azioni della Cina nella notte – afferma il funzionario della Casa Bianca John Kirby in una dichiarazione fornita al Post – abbiamo convocato l’ambasciatore Qin Gang alla Casa Bianca” per protestare per “le azioni provocatorie” della Cina. “Abbiamo condannato le azioni militari della Cina, che sono irresponsabili e in contrasto con il nostro obiettivo di lunga data di mantenere pace e stabilità nello Stretto di Taiwan”. Il Post evidenzia come la Casa Bianca abbia cercato di smorzare le tensioni con la Cina prima e durante la visita della Pelosi a Taiwan, che Pechino considera una “provincia ribelle” e su cui non tollera “interferenze”. Il Segretario di Stato americano Antony Blinken durante una conferenza stampa a margine del vertice dell’Asean a Phnom Penh, in Cambogia, chiude il cerchio: “La Cina ha scelto di reagire in modo esagerato e di usare la visita della presidente Pelosi come pretesto per aumentare l’attività militare provocatoria dentro e intorno allo stretto di Taiwan”. Il Segretario di Stato americano ha ribadito che gli Stati Uniti ”non sostengono l’indipendenza di Taiwan”. Perché, evidentemente, è necessario ribadirlo anche ufficialmente.

La Cina convoca l’ambasciatore giapponese

Irritato dalle critiche rivolte dal Giappone alle manovre cinesi intorno a Taiwan nel quadro del G7, il  ministero degli Esteri cinese ha convocato l’ambasciatore nipponico.  Il Ministero ha comunicato oggi che al diplomatico è stata consegnata una protesta formale. Il giorno prima, sono stati convocati anche gli ambasciatori dei Paesi del G7 e i rappresentanti dell’Ue. Il G7 ha espresso preoccupazione in una dichiarazione dei ministri  degli Esteri, sottolineando che non c’è ragione per usare la visita di un politico Usa come pretesto per “attività militari aggressive”. 

Nell’Indo-Pacifico la tempesta non si placa. 

Native

Articoli correlati