Putin punta alla foce del Danubio per entrare nella gestione degli interessi vitali e strategici dell’Europa
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Putin punta alla foce del Danubio per entrare nella gestione degli interessi vitali e strategici dell’Europa

L’obiettivo della foce del Danubio e dell’Oblast di Odessa salderebbe poi la Federazione Russa con la Transnistria lungo la riva sinistra del fiume Nistro o Dniestr, ennesima autoproclamata repubblica in secessione dalla Moldavia

Putin punta alla foce del Danubio per entrare nella gestione degli interessi vitali e strategici dell’Europa
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Giorgio Benigni Modifica articolo

7 Luglio 2022 - 18.06


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Da quattro mesi analisti, osservatori, politici giornalisti si interrogano sui veri obiettivi dell’invasione russa nei confronti dell’Ucraina. E’ uno sforzo che si è esercitato in due sensi, per un verso analizzando e interpretando i discorsi di Putin che hanno scandito e continuano a caratterizzare appuntamenti, scadenze e ricorrenze dell’”operazione militare speciale”, per altro verso compulsando la cartina geografica e cercando di capire, secondo una visione strategica, le mosse dell’esercito russo sul terreno, al di là degli arretramenti e degli avanzamenti tattici quotidiani.

Quello che si può affermare è che l’obiettivo iniziale di rovesciare il governo legittimo e stabilire un governo fantoccio, facendo dell’Ucraina una sorta di grande Bielorussia, è stato mancato. 


Che la Russia desideri annettere un pezzo di Ucraina è però fuori discussione, il punto è quale e quanto. Che possano essere le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk dopo tutto questo tempo appare inverosimile. Quale può essere allora il vero obiettivo strategico di Putin, quale linea di confine potrebbe fargli dire: missione compiuta?

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La linea che qui si ipotizza svolgere tale funzione è la foce del Danubio. Ovvero il confine attuale tra Ucraina e Romania, una regione peraltro oggetto di contenziosi irrisolti tra questi due paesi e che amministrativamente appartiene all’Oblast di Odessa. Secondo questa ipotesi il disegno strategico russo punterebbe quindi ad annettere tutta la costa dell’Ucraina, la quale, a quel punto consterebbe solo di Kiev, di Karkov della Galizia e della regione montuosa dei Carpazi. Un altro stato senza sbocco al mare. 


Come già ampiamente discusso in questi mesi, le categorie per comprendere questo conflitto, togliendo il fumogeno cultural ideologico della denazificazione, sono eminentemente geopolitiche ma di una geopolitica ottocentesca: controllo del territorio, delle risorse agricole e minerarie, dei porti, delle rotte commerciali. Insomma pura politica di potenza. 


L’obiettivo della foce del Danubio e dell’Oblast di Odessa salderebbe poi la Federazione Russa con la Transnistria, una fascia stretta di terra lungo la riva sinistra del fiume Nistro o Dniestr, ennesima autoproclamata repubblica in secessione dalla Moldavia e di chiare simpatie filorusse. Uno dei tanti conflitti congelati che caratterizzano lo spazio post sovietico. Pronto però a scongelarsi non però in direzione ovest, ovvero per invadere la Moldavia ma per congiungersi alla Federazione Russa.  

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Ma perché è importante arrivare fino al Danubio? Perché essere una potenza danubiana di fatto significa entrare a tutti gli effetti nella gestione degli interessi vitali e strategici del cuore d’Europa, dell’Europa centrale come di quella balcanica; incidere sui diritti di navigazione, ma anche sul mercato ad esempio le royalties di passaggio, poter far sponda con nazioni amiche come la Serbia e recentemente non ostili come l’Ungheria, disarticolando ulteriormente più di quanto non sia già dissestato, l’equilibrio politico economico e diplomatico di questa regione europea. 


Una Russia dentro la “Commissione internazionale per la protezione del fiume Danubio”, l’organo internazionale che presiede la gestione del bacino idrografico, difficilmente si muoverebbe secondo logiche cooperative, più realisticamente introdurrebbe logiche competitive tese al divide et impera, fidelizzando una serie di piccoli paesi delusi e disillusi dalle incertezze dell’occidente e dalle lentezze dell’Unione europea. 


I fatti di questi giorni come l’abbandono da parte dei russi dell’isola dei serpenti, potrebbero far supporre una rinuncia a questo disegno. E’ possibile ma potrebbe anche essere una scelta tattica. La Russia è come Sparta, la sua forza non è mai stata nel mare ma sulla terra. Ora, i limiti rivelati dall’arretratezza tecnologica russa sono evidenti, ma anche la capacità di sopportazione del suo popolo ha termini a noi sconosciuti.  

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Forse solo una volta ritrovato il ruolo di potenza danubiana Putin dichiarerà il cessate il fuoco unilaterale.

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