Ucraina, la guerra durerà anni: ecco chi brinda e fa i miliardi
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Ucraina, la guerra durerà anni: ecco chi brinda e fa i miliardi

. Che la guerra si cronicizzi è nell’interesse di Putin, è nell’interesse di Biden, è nell’interesse di quella fotocopia venuta male di un originale nefasto (Tony Blair), che risponde al nome di Boris Johnson

Ucraina, la guerra durerà anni: ecco chi brinda e fa i miliardi
Armi per la guerra in Ucraina
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

19 Giugno 2022 - 18.36


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Il sistema (globale) militare-industriale gongola. I produttori, venditori, intermediari, faccendieri di tutte le risme e trascorsi, anche governativi, possono brindare a champagne millesimato: la guerra in Ucraina durerà ancora a lungo. Anni, non mesi. Purtroppo a pagarne il prezzo, in morte, sfollamento e distruzione, sarà il popolo ucraino, ma questo per i miliardari per i quali vale il motto che dette il titolo ad un indimenticabile film di Alberto Sordi, “Finché c’è guerra c’è speranza”. Per i Paperoni in mimetica i civili massacrati sono “danni collaterali” di quell’affare senza eguali che è la guerra. Valeva per l’Iraq, per l’Afghanistan, per la Libia, per lo Yemen, per la Siria, e oggi vale per l’Ucraina. 

Finché c’è guerra ci sono i miliardi

La guerra in Ucraina deve durare a lungo. E per ragioni che nulla hanno a che fare con la fine dell’aggressione russa e il diritto sacrosanto degli ucraini a vivere in pace e in sicurezza in uno Stato pienamente sovrano su tutto il territorio nazionale. 

La guerra deve protrarsi negli anni perché ciò è nell’interesse de i maggiori protagonisti, palesi e occulti, di ciò che avviene, ben prima peraltro del 24 febbraio, il giorno dell’invasione, sul fronte Est. Che la guerra si cronicizzi è nell’interesse di Putin, è nell’interesse di Biden, è nell’interesse di quella fotocopia venuta male di un originale nefasto (Tony Blair), che risponde al nome di Boris Johnson, il cui sogno nel cassetto è quello di passare alla storia come il “Churchill del XXI° secolo” (il grande Winston si starà rivoltando nella tomba).  Ed è nell’interesse di quanti sulla guerra prosperano: i capitani dell’industria degli armamenti. Un’industria che non conosce limiti né confini: a Est come a Ovest, in Europa come nel Vicino Oriente, in Africa come nel Pacifico asiatico. Una guerra che dura a lungo ha bisogno di armi. Di ogni genere. Armi sempre più letali. Dure. E costose.

Chi paga? Elementare Watson. I governi che sostengono militarmente l’Ucraina. Tra essi, quello italiano. Sia chiaro: il sostegno militare alla resistenza ucraina è stata la condizione sine qua non la bandiera russa sventolerebbe di già a Kiev e Putin potrebbe benedire le armate vittoriose come un novello Pietro il Grande. Ma….Si c’è un “ma” enorme, e sempre più tale alla luce delle previsioni sulla durata della guerra. Perché non sono le dichiarazioni a getto continuo né i viaggi in treno a Kiev che cancellano la sensazione, per usare un eufemismo, che l’Europa non abbia uno straccio di idea, non parliamo di piano, per costruire le condizioni minime per provare a negoziare una soluzione di compromesso fra le parti belligeranti.

Si dirà: è tutta colpa di quell’autocrate sanguinario che regna al Cremlino. E’ lui l’aggressore. Che lo sia, non ci piove. Ma che sia solo ed esclusivamente responsabilità sua che la guerra continui, sono in diversi a dubitarne. Tutti al soldo di Putin? Permettete di dubitarne. Perché altrimenti dovremmo mettere in cima alla lista di proscrizione, un signore in bianco che risiede oltre Tevere. E poi generali che hanno avuto funzioni di comando in ambito Nato – Mini, Cucchi, Angioni, solo per citarne alcuni – o analisti di geopolitica seri, preparati e indipendenti come il direttore di Limes, Lucio Caracciolo. Per non parlare di persone che hanno trascorso una vita in diplomazia. Un nome per tutti, l’ambasciatore Sergio Romano.

La guerra va alimentata. Per calcoli affaristici e perché ad essa qualcuno, e non solo Putin, lega i suoi destini politici. Chi sono? L’inquilino della Casa Bianca e il suo sodale di Downing Street. 

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Parla il “ventriloquo” di Biden

La guerra in Ucraina potrebbe durare per anni”. A dirlo è il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg in un’intervista pubblicata oggi dal quotidiano tedesco Bild.   “Dobbiamo essere preparati che duri anni” ha detto, suggerendo di “non indebolire il sostegno all’Ucraina, anche sei costi sono elevati, non solo in termini di supporto militare, ma anche a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia e dei generi alimentari”.  Tuttavia, secondo Stoltenberg, “i costi di cibo e carburante non sono nulla rispetto a quelli pagati quotidianamente dagli ucraini in prima linea. Inoltre, se il presidente russo Vladimir Putin dovesse raggiungere i suoi obiettivi in Ucraina, come quando ha annesso la Crimea nel 2014, “dovremmo pagare un prezzo ancora maggiore”, ha avvertito.   In questo contesto, il segretario generale della Nato ha esortato i Paesi dell’alleanza a continuare le consegne di armi a Kiev. “Con armi moderne aggiuntive, la probabilità che l’Ucraina sia in grado di respingere le truppe di Putin dal Donbass aumenterebbe”, ha affermato. La regione dell’Ucraina orientale è attualmente in parte sotto il controllo delle forze russe. 

Ora, chiunque conosca il funzionamento della catena di comando politico-militare della Nato, e magari abbia qualche autorevole fonte confidenziale a Bruxelles, sa bene due cose: la prima, che  il comandante militare dell’Alleanza Atlantica deve essere sempre un generale americano; la seconda, che chi viene chiamato. A  ricoprire il ruolo di Segretario generale, di qualunque nazionalità sia, deve essere comunque gradito e “vistato” dalla Casa Bianca e dal Pentagono. Poi, ci sono varie gradazioni di vassalli. Quello che ricopre oggi l’incarico di Segretario generale è uno dei più servili, tant’è da essere definito, da persone autorevoli e informate dei fatti, una sorta di megafono, di più, di ventriloquo del presidente in carica negli Usa, in questo frangente, Joe Biden. Che Biden abbia interesse a “cronicizzare” la guerra non lo dice il professor Orsini ma studiosi ben più autorevoli, in America, in Europa, in Italia. Le ragioni sono molteplici. E vanno da calcoli elettorali, in vista delle elezioni di medio termine del novembre prossimo, al fatto che una delle lobby più potente e influente negli Stati Uniti, al punto di decidere l’elezione di congressisti e presidenti, è quella delle armi. 

Il paggetto londinese

Anche il premier britannico, Boris Johnson, in un suo intervento sul Sunday Times si concentra sul fattore tempo e spiega ai lettori: “Il tempo è un fattore vitale; tutto dipenderà dal fatto che l’Ucraina riesca a rafforzare la sua capacità di difendere il territorio più velocemente di quanto la Russia possa rinnovare la sua capacità di attacco”.” Temo che sia necessario prepararsi a una lunga guerra, poiché Putin ricorre a una campagna di logoramento, cercando di schiacciare l’Ucraina con brutalità”, ha commentato il primo ministro del Regno Unito. 

Una Gran Bretagna pronta a sostenere le forze ucraine e cosciente che si possono preannunciare tempi piuttosto cupi, quella che si delinea dalle parole del Generale Patrick Sanders. Costui, da poco salito al comando generale delle forze armate britanniche, non ha usato mezzi termini su quali potrebbero essere gli sviluppi del conflitto in Ucraina: “Siamo la generazione che deve preparare l’esercito a combattere ancora una volta in Europa” poiché l’invasione russa dell’Ucraina mina la stabilità globale. “Siamo entrati in una nuova era di insicurezza” ha scritto in un messaggio. Sono il primo capo di stato maggiore dal 1941 a prendere il comando dell’esercito all’ombra di una guerra di terra in Europa che coinvolge una potenza continentale. Lapersistente minaccia dalla Russia mostra che siamo entrati in una nuova era di insicurezza” ha scritto in un messaggio. “È mio unico dovere rendere il nostro esercito il più letale ed efficace possibile. Il momento è adesso e l’opportunità è da cogliere.’

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Uno che se ne intende

Fabio Mini è generale di Corpo d’Armata dell’Esercito Italiano ed è stato Capo di Stato Maggiore del Comando NATO del Sud Europa e comandante della missione internazionale in Kosovo. Ha comandato tutti i livelli di unità meccanizzate ed ha prestato servizio negli Stati Uniti, in Cina e nei Balcani. Ha diretto la Comunicazione della Difesa e l’Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze. È autore di numerosi saggi e una decina di libri. Tra gli ultimi pubblicati: La guerra dopo la guerraSoldatiMediterraneo in GuerraLa guerra spiegata a…Eroi della guerraI guardiani del potere e Perché siamo così ipocriti sulla guerra? Per la Libreria Editrice Goriziana (Leg) ha curato le edizioni italiane di Guerra senza limiti dei colonnelli cinesi Qiao Liang e Wang XiangsuiFanteria all’attacco di Rommel, i Diari di HitlerParide di B. Liddel Hart e altri. E’ da poco nelle librerie, il libro scritto assieme allo storico Franco Cardini Ucraina. La guerra e la storia (Feltrinelli). Insomma, nel suo campo, è un’autorità assoluta.

Sulle armi fornite dall’Italia all’Ucraina, Mini non usa mezzi termini nel manifestare la sua contrarietà. E in un’intervista concessa a chi scrive, haribadito: “Non si sa a chi vanno le armi ma anche i soldi, tutti gli aiuti che confluiscono” in Ucraina. Non si essa neanche dove vanno gli uomini”. E aggiunge: “Tecnicamente siamo in guerra”. Guardando alla storia, Mini torna sull’errore strategico commesso 30 anni fa: “Dovevamo smantellare la Nato alla fine della Guerra fredda”.

Quanto poi al ruolo assunto da Londra, Mini è tranchant: “la Gran Bretagna che sta facendo carte false pur di avere un suo ruolo. Non gliene importa niente né della Russia né della libertà dell’Ucraina. Ciò che le importa davvero è il ruolo fondamentale nell’ambito del Nord Atlantico, del Mare del Nord, del Baltico e dell’Artico. Anche con il supporto imbecille che sta dando ai Paesi che non c’entrano niente con la Nato, come al Moldavia e altri, la Gran Bretagna sta facendo il giochetto di riprendersi una parte di potere che durante la prima fase della Guerra fredda aveva anche in ambito Nato. Dopo la caduta del muro di Berlino, e dal ’92 in poi, non ha avuto più questo ruolo. Ha dovuto ritirare le truppe dalla Germania. E non solo. La Gran Bretagna non ha avuto più un comando del Nord Europa, che prima aveva. Adesso sta cercando di recuperare il potere perduto, facendo più danni che Carlo in Francia…”.

Promemoria per parlamentari “distratti”.

Tra qualche giorno, il Parlamento discuterà su nuove forniture di armi all’Ucraina. Per chi, specie sui banchi del centrosinistra, ha bisogno di rinfrescarsi un po’ la memoria, riproponiamo un documentato rapporto della Rete Italina Pace e Disarmo (Ripd)

 “Gli Stati membri dell’Unione europea stanno aumentando le loro spese militari da diversi anni: il massimo si è avuto con i 217 miliardi di euro del 2021 (e si arriva fino a 275 miliardi di euro se si include il Regno Unito). Questo fa sì che gli Stati membri dell’UE-27 e il Regno Unito siano collettivamente al secondo posto a livello mondiale, dopo gli Stati Uniti e prima della Cina, e spendano quasi 5 volte più della Russia. Sia l’Europa che la Russia hanno aumentato la loro spesa militare continuamente dal 2014 dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia. Come la storia ha costantemente dimostrato, ciò contribuisce a un “dilemma di sicurezza” in cui tutte le parti si sentono sempre più minacciate, che sia giustificato o meno. Uno scenario che spinge verso un confronto militare di cui già ora il popolo ucraino è la prima vittima. Oggi l’UE sta cinicamente sfruttando l’invasione dell’Ucraina come scusa per accelerare la sua militarizzazione e il suo sostegno all’industria delle armi, un processo iniziano molto prima della guerra. Oltre alle spese militari nazionali anche il bilancio UE metterà diversi miliardi di euro a sostegno dell’industria delle armi, dello sviluppo di armamenti all’avanguardia e del loro trasferimento dentro e fuori l’Unione.

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Tra il 2021 e il 2027 ben 8 miliardi di euro saranno destinati alla ricerca e allo sviluppo della prossima generazione di armamenti, 1,5 miliardi andranno alla mobilità dei beni e delle truppe militari in tutta l’UE, e almeno 5 miliardi di euro saranno in gran parte utilizzati per “consegnare” armi ai paesi partner al di fuori dell’UE. Quest’ultimo importo che viene incanalato attraverso il presunto “Servizio europeo per la pace” può essere aumentato anche in maniera sostanziale se gli Stati membri lo decideranno, considerando che una parte significativa di esso è già stata utilizzata per rimborsare le consegne di armi all’Ucraina.

Inoltre l’industria delle armi è stata così tanto “sterilizzata” da avere ora accesso alla maggior parte dei programmi di finanziamento dell’UE come un “business normale”, dai programmi sociali a quelli regionali o ambientali. Centinaia di milioni di euro saranno quindi utilizzati anche per sovvenzionare questo controverso settore senza un controllo preventivo.

Ciò è tanto più preoccupante in quanto questo denaro andrà principalmente a beneficio dei grandi gruppi dell’industria delle armi, molti dei quali sono tra le prime 100 aziende del settore, e quindi grandi esportatori. E queste aziende hanno sede in Paesi europei che sono essi stessi tra i maggiori esportatori di armi.

Per esempio, il 59% dei finanziamenti stanziati finora dal fondo per la difesa dell’UE nel 2017-2020 va a 15 grandi beneficiar (i primi 5 sono Leonardo, Indra, Safran, Thales, Airbus), e molti di loro sono coinvolti in esportazioni di armi controverse, in gravi accuse di corruzione o nella produzione e manutenzione di armi nucleari. Più di due terzi (68,4%) del bilancio assegnato va ai “quattro grandi” paesi: Francia, Italia, Germania e Spagna, che si trovano rispettivamente al secondo, quarto, sesto e settimo posto nella classifica degli esportatori di armi del Sipri.

Aumentando esponenzialmente i suoi sussidi all’industria delle armi, l’UE sta largamente alimentando la corsa globale alle armi, che a sua volta alimenta i conflitti in tutto il mondo. Così facendo, l’UE sta tradendo la visione dei suoi padri fondatori che volevano prevenire una nuova corsa agli armamenti e dovrebbe piuttosto aumentare esponenzialmente i suoi finanziamenti per mezzi nonviolenti di risoluzione dei conflitti e delle tensioni, ampiamente sottofinanziati, e promuovere un nuovo ordine mondiale basato sulla sostenibilità, la giustizia e la sicurezza umana”.

Così Ripd.

Meditate gente, meditate.

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