di Giorgio Benigni *
La decisione del Sottosegretario ai Servizi Segreti Gabrielli, di declassificare il “bollettino sulla disinformazione” e quindi rendere pubblico il suo contenuto, a seguito della pubblicazione a mezzo stampa di parti significative dello stesso è una decisione saggia che però deve essere seguita da una ferrea e inflessibile punizione dei
responsabili della fuga di notizie.
In Italia già viviamo il malcostume delle procure della Repubblica che offrono stralci di intercettazioni di imputati ai giornali, il più delle volte prive di notizie di reato. Volentieri ci saremmo risparmiati quest’altro caso.
Chiarita la questione deontologica c’è però chi da questo fatto ha mosso rilievi di natura più profonda, ovvero se decidere di secretare o desecretare un documento sia una questione politica o giuridica, optando evidentemente per la seconda ipotesi. Quindi, concludono questi opinionisti, che la toppa che starebbe mettendo Gabrielli sia
forse peggiore del buco.
Sul punto occorre essere chiari nel distinguere in modo netto piano giuridico e piano politico. Il piano giuridico, ovvero quello che regola il comportamento e le attribuzioni dei servizi segreti nonché la loro organizzazione, è definito dalla legge 124/2007 che prevede appunto anche il famigerato Copasir, organo di controllo parlamentare
con rappresentanza unitaria di tutte le componenti politiche e presidenza assegnata all’opposizione.
Ora, non è un caso che i lavori del Copasir abbiano carattere riservato, contrariamente a tutti gli altri lavori parlamentari. Questo organismo deve controllare gli “arcana imperii” ma non deve eliminarli.
E’ in questo processo politico la garanzia giuridica della correttezza dell’operato dei servizi, non nell’adempimento o meno a un vademecum e di una procedura trasparente e di dominio pubblico. Per questo non ha senso porre la questione della “trasparenza” e della “certezza del diritto” relativa all’operato dei servizi.
Le procedure sono quelle stabilite dalla legge. La decisione di secretare o desecretare un documento è tutta politica e non potrebbe essere altrimenti. Se la decisione dipendesse da una casisitica definita e pubblica non sarebbe più tale, ma anche i servizi segreti non sarebbero più segreti e sarebbero dei servizi pubblici qualsiasi.
E’ importante, per la tutela dello stato di diritto, che la dimensione giuridica tenda sempre il più possibile a coprire quella politica, ma bisogna riconoscere che non ci potrà mai essere ed è giusto che non ci sia, perfetta coincidenza tra l’una e l’altra. Questo non vuol dire il primato dell’arbitrio sulla certezza del diritto, vuol dire rispetto della discrezionalità politico amministrativa e quindi dell’autonomia della politica. Il diritto può e deve dire alla politica quello che la politica non può fare, ma non può obbligare la politica a fare, a
prendere solo determinate decisioni.
*Consigliere politico per il Presidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati