La guerra di Putin, un crimine internazionale di aggressione: la denuncia di Amnesty
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La guerra di Putin, un crimine internazionale di aggressione: la denuncia di Amnesty

Amnesty Internazional ha dichiarato  che l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è una evidente violazione della Carta delle Nazioni Unite e costituisce il crimine internazionale di aggressione.

La guerra di Putin, un crimine internazionale di aggressione: la denuncia di Amnesty
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22 Marzo 2022 - 19.27


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Guerra di Ucraina: un crimine internazionale di aggressione.

La denuncia di Amnesty International

Amnesty Internazional ha dichiarato  che l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è una evidente violazione della Carta delle Nazioni Unite e costituisce il crimine internazionale di aggressione.

L’organizzazione per i diritti umani ha chiesto che tutte le persone coinvolte in tale crimine siano chiamate a rispondere dal punto di vista individuale, personale e collettivo, dei tanti crimini che hanno finora caratterizzato l’invasione dell’Ucraina.

Amnesty International ha sollecitato gli stati membri delle Nazioni Unite a sostenere la Carta delle Nazioni Unite, che proibisce l’uso della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica degli stati con le uniche eccezioni dell’autodifesa e quando l’uso della forza sia autorizzato dal Consiglio di sicurezza, eccezioni che non possono essere riferite al contesto attuale.

Sulla base del diritto internazionale, ha ricordato Amnesty International, gli stati devono risolvere le dispute internazionali attraverso mezzi pacifici e in forme tali da non mettere in pericolo la pace, la sicurezza e la giustizia internazionali.

“L’invasione dell’Ucraina è un fatto grave che può essere definito solo in un modo: aggressione. La Russia sta invadendo il cuore dell’Ucraina, sta cercando di deporre il suo governo legittimamente eletto con azioni che hanno un impatto concreto e massiccio sulla vita, sull’incolumità e sul benessere dei civili. Le azioni della Russia non possono minimamente essere giustificate da alcuno dei motivi proposti da Mosca. E tutto questo viene commesso da un membro permanente del Consiglio di sicurezza”, ha dichiarato Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International.

“La Russia sta chiaramente violando i suoi obblighi internazionali, Il suo operato è palesemente contrario alle norme e ai principi su cui sono state fondate le Nazioni Unite. Questo flagrante disprezzo non può essere imitato da altri e non dovrebbe compromettere la capacità delle Nazioni Unite di contrapporsi a questo modo di fare”, ha aggiunto Callamard.

Dall’inizio dell’invasione russa, Amnesty International ha documentato un crescendo di violazioni del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale dei diritti umani, come gli attacchi indiscriminati contro aree e infrastrutture civili che hanno causato perdite di vite umane. Gli attacchi contro obiettivi protetti, come scuole e ospedali, l’uso di armi indiscriminate come i missili balistici e l’impiego di armi vietate come le bombe a grappolo possono costituire crimini di guerra.

Amnesty International ha sollecitato gli stati membri a condannare congiuntamente il crimine di aggressione da parte della Russia, a fornire aiuti e assistenza ai cittadini ucraini, compresi quelli in fuga dal conflitto, e ad assicurare che le conseguenze dell’aggressione russa non avvicineranno il mondo a un abisso di violenza, violazioni dei diritti umani e insicurezza.

“In meno di una settimana, l’invasione dell’Ucraina ha causato una massiccia crisi umanitaria, dei diritti umani e di sfollati che ne hanno fatto la peggiore catastrofe della recente storia europea. La Russia non sta solo violando la sovranità di uno stato vicino e del suo popolo ma sta anche sfidando l’architettura di sicurezza globale e sfruttandone le fragilità, anche di un Consiglio di sicurezza mal funzionante”, ha proseguito Callamard.

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L’annuncio del procuratore del Tribunale penale internazionale dell’intenzione di aprire un’indagine in Ucraina ha avvisato tutti gli autori di crimini di guerra e crimini contro l’umanità – compresi quelli maggiormente responsabili e nelle posizioni di più alto livello – che saranno chiamati individualmente a risponderne.

“Sollecitiamo tutti gli stati parte del Tribunale penale internazionale e l’intera comunità internazionale a cooperare a questa indagine, che non può andare avanti da sola. Perché vi sia un accertamento delle responsabilità occorreranno tanto uno sforzo innovativo e comune delle Nazioni Unite e dei loro organi quanto iniziative a livello nazionale basate sull’applicazione del principio della giurisdizione universale”, ha commentato Callamard.

“In questa fase iniziale, la raccolta e la conservazione delle prove saranno fondamentali per l’esito delle future indagini. Soprattutto, dovremo assicurare che le vittime dei crimini di guerra in Ucraina, tragicamente in aumento, sappiano che la comunità internazionale è determinata ad assicurare una riparazione alla loro sofferenza”, ha concluso Callamard.

Ulteriori informazioni 

Le gravi violazioni delle norme che regolano i conflitti costituiscono crimini di guerra. Alcune di esse sono qualificate come tali dallo Statuto di Roma del Tribunale penale internazionale.

Il Tribunale penale internazionale potrebbe esercitare la sua giurisdizione sui crimini di guerra commessi in Ucraina, in quanto nel 2015 questo stato ha accettato la competenza del Tribunale per i crimini commessi sul suo territorio a partire dal 20 febbraio 2014. La Russia aveva firmato lo Statuto di Roma nel 2000 ma ha ritirato la firma nel 2016.

L’intervento militare in Ucraina può configurarsi come crimine di aggressione ai sensi dello Statuto di Roma del Tribunale penale internazionale, il cui articolo 8 bis (1) lo definisce come “atto di aggressione che, per le sue caratteristiche, la sua gravità e la sua dimensione, costituisce una chiara violazione della Carta delle Nazioni Unite”.

Sebbene il Tribunale penale internazionale, a meno di un improbabile deferimento da parte del Consiglio di sicurezza, non avrà giurisdizione sul crimine di aggressione in questa situazione, in diversi stati – tra cui la stessa Ucraina – sono in vigore leggi nazionali che consentono procedimenti giudiziari nei confronti dei responsabili di tale crimine.

L’invasione dell’Ucraina ha già provocato attacchi indiscriminati contro zone residenziali, strutture mediche, infrastrutture sociali e altri obiettivi e infrastrutture civili e ha causato morti e feriti tra la popolazione civile. Ha causato uno sfollamento di massa e la distruzione di abitazioni. Nei combattimenti di Donetsk e Luhansk, soprattutto nel 2014-15, vi sono state esecuzioni extragiudiziali, torture e maltrattamenti, sparizioni forzate e privazioni arbitrarie della libertà.

Repressione interna

Secondo Amnesty International le autorità russe, all’indomani dell’invasione ucraina, hanno lanciato una repressione senza precedenti contro i media nazionali indipendenti, il movimento contro la guerra e tutte le voci dissidenti.

Hanno bloccato i più popolari organi d’informazione critici del governo, chiuso le emittenti radiofoniche indipendenti e costretto decine di giornalisti a fermare il loro lavoro o a lasciare il paese. La stretta decisa dal Cremlino ha quasi del tutto privato la popolazione di informazioni obiettive, veritiere e imparziali.

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Il servizio federale russo Roskomnadzor, che sovrintende alle comunicazioni, dal 24 febbraio ha istituito una censura di tipo bellico per ridurre al silenzio il dissenso. Lo stesso giorno dell’inizio dell’invasione, ha ordinato a tutti gli organi d’informazione di usare soltanto fonti ufficiali, minacciando altrimenti gravi punizioni per “diffusione di notizie false”. Le parole “guerra”, “invasione” e “attacco” sono state vietate. 

Il 28 febbraio Roskomnadzor ha bloccatoNastoyashchee Vremya (“Tempi attuali”), collegata a Radio Free Europe / Radio Liberty, per aver diffuso informazioni “inattendibili”. Dal 1° marzo quasi tutti i portali ucraini sono risultati inaccessibili agli utenti russi di Internet.

Nei giorni seguenti, sono stati censurati altri organi d’informazione indipendenti come l’emittente televisiva TV Rainla radioEcho Moskvy (“Eco di Mosca”), il portale Meduza che ha sede in Lettonia, altri organi di stampa russi come Mediazona, Republic e Sobesednik, il portale di attivismoActivatica e i servizi in lingua russa diBBC, Voice of America e Deutsche Welle.

Il blocco dei portali d’informazione e la minaccia di procedimenti penali hanno causato l’esodo di molti giornalisti. Secondo Agentstvo, un portale di giornalismo d’inchiesta ora inaccessibile, almeno 150 di loro hanno lasciato la Russia dall’inizio della guerra.

TV Rain ha deciso di sospendere le trasmissioni per timore di rappresaglie, il canale regionale d’informazione Znak.com ha fatto lo stesso. I proprietari di Echo Moskvy, allineati al governo, hanno deciso di liquidare l’azienda. Persino la Novaya Gazeta, l’esempio del giornalismo indipendente diretto dal premio Nobel per la pace Dmitry Muratov, ha annunciato il 4 marzo che avrebbe rimosso gli articoli sull’invasione russa dell’Ucraina.

Dal 1° marzo Roskomnadzor ha iniziato a rallentare il traffico su Twitter e Facebook, poi ha accusato le due piattaforme di diffondere informazioni inaccurate e infine il 4 marzo le ha bloccate. La famigerata legislazione repressiva introdotta per reprimere la libertà di stampa e le voci dissidenti è stata a sua volta arruolata in guerra.

Il 5 marzo due organi d’informazione specializzati nel giornalismo investigativo, Vazhnye Istorii(“Storie importanti”) e il Progetto d’informazione sul crimine organizzato e sulla corruzione, sono stati etichettati come “organizzazioni indesiderate” ed è stato dunque fatto loro divieto di lavorare in Russia.

Il 9 marzo è stato presentato alla Duma un progetto di legge sulla creazione di un “registro unico” di tutti gli ex e attuali impiegati e membri di organizzazioni non governative, associazioni pubbliche, organi d’informazione e singoli individui etichettati come “agenti stranieri”.

Nonostante l’introduzione di norme durissime e la feroce risposta della polizia alle proteste pacifiche, il movimento contro la guerra continua a riempire le strade della Russia.

Secondo l’organizzazione non governativa OVD-Info, che monitora il comportamento delle forze di polizia, dal 24 febbraio sono stati arrestati arbitrariamente almeno 13.800 manifestanti pacifici, più di 5.000 dei quali solo il 6 marzo in una settantina di città.

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Lo Zar ordina, il tribunale esegue

Il tribunale Lefortovo di Mosca ha giudicato colpevole di “frode su larga scala” Alexey Navalny, il leader dell’opposizione russa da tempo in carcere con altre accuse. Il dissidente è stato condannato a 9 anni di carcere. L’udienza si è tenuta nel carcere di Pokrov, una colonia carceraria a est di Mosca, dove Navalny è già detenuto da circa un anno. 

Il giudice Margarita Kotova – molto vicina al presidente russo – lo ha dichiarato colpevole all’inizio della lettura della sentenza. “Navalny ha commesso una frode su vasta scala, con l’appropriazione indebita di denaro da parte di un gruppo organizzato”, ha detto il giudice Kotova. La pubblica accusa sostiene che Navalny abbia sottratto milioni di rubli in donazioni alle sue organizzazioni anticorruzione che avrebbe speso “per attività estremiste e bisogni personali”.

E’ stato ritenuto colpevole anche di “oltraggio alla corte” per insulti rivolti a un giudice durante una delle udienze dei processi che lo vedono imputato. I suoi legali ritengono le accuse costruite ad arte, per tenerlo dietro le sbarre il più a lungo possibile. Navalny sarà trasferito, su richiesta dell’accusa, in un carcere a “regime severo”, dove le condizioni di detenzione sono molto più dure e in una struttura molto più lontana da Mosca rispetto all’attuale.

Circa 100 giornalisti hanno assistito alla trasmissione video dell’audizione in una sala stampa allestita nella colonia penale. Nessun sostenitore dell’avversario era presente, ad eccezione dei suoi due avvocati, nel mezzo di un’ondata di intimidazioni e repressioni contro le voci critiche del Cremlino.

Nell’agosto del 2020 Navalny era stato vittima di un avvelenamento con l’agente nervino Novichok, che lo aveva ridotto in fin di vita. Le analisi di specialisti tedeschi avevano trovato tracce della neurotossina sulla bottiglietta d’acqua offerta gratis dall’hotel nel quale alloggiava, a Tomsk.

Navalny sta attualmente scontando un’altra pena detentiva di 2 anni e mezzo: i suoi collaboratori hanno affermato che il nuovo processo aveva lo scopo di tenere Navalny dietro le sbarre il più a lungo possibile. Navalny ha ovviamente respinto le accuse definendole false. “Inorridita dalla notizia che il premio Sakharov Alexei Navalny è stato dichiarato colpevole in un nuovo processo farsa. Questa è una presa in giro della giustizia. Chiediamo il suo rilascio immediato“, scrive in un tweet la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. “Siamo al fianco suo e di tutti i russi che si oppongono alla corruzione, al dispotismo e alla guerra“, aggiunge.

La nuova condanna inflitta dalla giustizia di Mosca a Navalny è frutto di “accuse fabbricate”. Lo ha dichiarato un portavoce del premier britannico Boris Johnson ai giornalisti a Downing Street. “I nostri pensieri sono per Aleksei Navalny e la sua famiglia, mentre egli continua a mostrare un incredibile coraggio nell’opporsi al regime” del Cremlino, ha detto il portavoce. Le imputazioni di truffa e oltraggio alla corte di cui Navalny è stato riconosciuto colpevole oggi sono solo “altre accuse fabbricate che Putin usa contro chi cerca di chiamarlo a rispondere dei suoi atti”. 
  

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