War room ucraina: i caccia che hanno "tradito" lo Zar Putin e l'incubo di un nuovo Afghanistan
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War room ucraina: i caccia che hanno "tradito" lo Zar Putin e l'incubo di un nuovo Afghanistan

Parlino gli esperti: l’esatto contrario di quei filosofi in divisa, politici con l’elmetto, strateghi della domenica, che una guerra non l’hanno mai vista da vicino ma ne pontificano dai caldi e ben remunerati salotti mediatici.

War room ucraina: i caccia che hanno "tradito" lo Zar Putin e l'incubo di un nuovo Afghanistan
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

20 Marzo 2022 - 21.30


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Quando si parla di cose serie, come una guerra, sarebbe cosa buona e giusta dar voce e spazio a chi la questione da maneggia da tempo. A chi sa di cosa sta parlando. Insomma, l’esatto contrario di quei filosofi in divisa, politici con l’elmetto, strateghi della domenica, che una guerra non l’hanno mai vista da vicino ma ne pontificano dai caldi e ben remunerati salotti mediatici.

Gli aerei tradiscono lo Zar

Globalist ha scelto la strada opposta. Dar voce ad esperti. Esperti veri. Come Andrea Mottola ed Elena Zacchetti. Di grande interesse è il focus di Mottola su Rid, (Rivista Italiana Difesa) diretta da Pietro Batacchi.

Scrive Mottola: “ Il lieve incremento nelle sortite che nella prima settimana di marzo lasciava pensare ad un graduale, ma progressivo, aumento delle operazioni aeree russe in Ucraina, parallelamente all’eliminazione dei sistemi antiaerei ucraini – in particolare quelli a medio-lungo raggio S-300PS/PT/V1 – e delle capacità aeree di Kiev, di fatto non è stato confermato nelle 2 settimane successive. L’unica reale variazione da parte russa è stato il ricorso, decisamente più ampio, a raid missilistici effettuati con vettori cruise a lungo raggio KALIBR lanciati da unità di superficie e sommergibili della Flotta del Mar Nero, e da missili balistici di teatro ISKANDER-M (circa 800 lanci dall’inizio dell’operazione) provenienti da batterie presenti in Bielorussia (integrate nell’ultima settimana da vecchi TOCHKA/SCARAB), accompagnati da impieghi, decisamente più sporadici, di missili da crociera Kh-55SM/101/555 lanciati in un paio di occasioni dai bombardieri strategici Tu-95MS BEAR e Tu-160 BLACKJACK.

I suddetti raid – accompagnati da grossi volumi di fuoco d’artiglieria, come da consolidata dottrina sovietica, nel caso di bersagliamento di obiettivi situati all’interno di grandi centri abitati (Kiev, Kharkiv, Kherson, Mariupol, Odessa) – dovrebbero aver ridotto ulteriormente le capacità di difesa aerea ground based ucraine, nonché l’operatività della stragrande maggioranza delle basi aeree – principali (tra cui Gavrishkova/Vinnytsia, Ivano Frankivsk e Vasilkyv) e, soprattutto, quelle ausiliarie – che ospitano i FLANKER ed i FULCRUM di Kiev e situate nelle aree centro occidentali del Paese. Tuttavia, dovrebbero restare ancora attivi sia i cacciabombardieri Su-24 FENCER che i sempre temibili interditori Su-25 responsabili di attacchi efficaci contro le colonne corazzate e meccanizzate russe. La loro più o meno continua e costante attività è dovuta, probabilmente, alla dispersione in un massimo di 3/4 aerei sulle suddette piste ausiliarie ancora operative, situate probabilmente nel quadrante sudoccidentale.

L’esistenza di tali piste ha rappresentato – e rappresenta – uno dei migliori esempi delle ridotte capacità ISR russe mostrate finora nel conflitto. Una (in)capacità responsabile dell’impreparazione del dispositivo militare russo a fronteggiare la minaccia aerea ucraina nei confronti delle proprie truppe a terra (con perdite che si attestano oltre 1/3 delle unità schierate) e che spiega, di concerto con altri fattori che verranno evidenziati nello speciale sul conflitto ucraino presente su RID 4/22, la conseguente incapacità di istituire una superiorità aerea russa sull’intero territorio dell’Ucraina che, dopo 24 giorni, risulta ancora limitata a meno di 2/3 dello spazio aereo ucraino. Nello specifico: Donbass e parte dei settori meridionale e nordorientale, fondamentalmente sugli spazi aerei collocati sulle linee dei vari fronti. A conferma di ciò va segnalato che i raid effettuati contro obiettivi situati nei quadranti centrale e occidentale/sudoccidentale, vengono effettuati con missili balistici o cruise a lungo raggio, inclusi gli ipersonici Kh-47M2 KINZHAL, 2 dei quali avrebbero colpito un deposito di munizioni sotterraneo in Ucraina occidentale, lanciati probabilmente da MiG-31.

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Va segnalato, tuttavia, che col proseguire del conflitto i russi stanno affinando le proprie capacità ISR con un più diffuso impiego di mini-UAV da ricognizione da parte dei pochi FAC “embedded” con le unità terrestri e con il contemporaneo utilizzo di ricognitori Su-24MR e piattaforme aeree strategiche Il-20/22 e Tu-214R per la raccolta COMINT/ELINT/SIGINT e la successiva condivisione di tali informazioni con almeno 2 velivoli AWACS A-50 – costantemente in volo su Bielorussia e oblast di Rostov, a ridosso del confine ucraino ma a distanza di sicurezza dagli S-300 ucraini – che, grazie a tali informazioni, coordinano le operazioni aeree, definendo la priorità e l’assegnazione dei bersagli primari – soprattutto batterie di S-300 e sistemi BUK – ai pochi Su-34/35 armati con missili antiradiazioni Kh-31P, mentre agli elicotteri d’attacco e ai Su-25 vengono riservati quelli situati all’interno o a ridosso delle linee dei vari fronti.

Tornando ai raid missilistici, la diminuzione nel numero di abbattimenti documentati di aerei russi nelle ultime 2 settimane starebbe a dimostrare il successo di tali attacchi. Tuttavia, non è da escludere che la suddetta diminuzione possa essere legata ad una minor attività generale degli aerei delle VKS e dell’Aviazione di Marina. Anche perché, se ci fosse stata una reale soppressione o, quantomeno, degradazione delle capacità missilistiche ucraine, sarebbe logico ipotizzare, come detto, un incremento delle sortite russe che, al contrario, non superano le 10/12 sortite giornaliere. Se si escludono le attività di supporto aereo ravvicinato alle unità corazzate/meccanizzate effettuate dagli assaltatori Su-25 sui fronti settentrionale (Kiev, Zhitomyr e Chernihiv), orientale (ovest di Donetsk) e meridionale (Bashtanka, Mikolayev e Mariupol) e dagli elicotteri d’attacco Mi-24/35, Mi-28N e Ka-52 che, al contrario, hanno sempre mantenuto un elevato rateo d’impiego fin dalle prime ore dell’invasione, l’impiego documentato di caccia FLANKER e bombardieri tattici Su-34 resta molto limitato. Le uniche eccezioni sono rappresentate da 12/15 sortite effettuate su Kharkiv, Popasna, Voznesensk e Zhitomyr durante le quali, peraltro, sono stati abbattuti almeno 4 Su-34 e un paio di Su-30SM da sistemi missilistici a medio-corto raggio e da quelli spalleggiabili MANPADS. La diffusa presenza di questi ultimi, in particolare, rappresenta un ulteriore fattore che spiega la continua “parsimonia” nell’utilizzo di velivoli ad ala fissa da parte russa con i rispettivi equipaggi che, alla luce di tale minaccia, hanno modificato i profili di volo, passando da quote medio-basse a quelle medio-alte (oltre i 10.000 piedi) nelle missioni di attacco al suolo effettuate con bombe non guidate OFAB-250 e OFAB-500.

Quello che appare in netto aumento è il rateo di utilizzo – o, quantomeno, la diffusione di documenti che ne certificano l’impiego – di velivoli a pilotaggio remoto da parte russa negli ultimi 10 giorni, un trend rilevabile anche da parte ucraina. I russi sembrano prediligere l’impiego di UAV da ricognizione – ORLAN-10, ELERON-3 e FORPOST, il derivato russo del SEARCHER II israeliano – utilizzati per la scoperta di obiettivi e la guida dei proietti di artiglieria laser dei sistemi KRASNOPOL contro di essi. Ma non mancano esempi di impiego di UAV armati ORION o di munizioni circuitanti/persistenti KUB-BLA.

Dal punto di vista dell’Ucraina, le operazioni missilistiche effettuate nelle ultime 2 settimane sono state estremamente limitate e ridotte ad una manciata di lanci di missili balistici tattici TOCHKA-U, solo 2 dei quali hanno raggiunto i rispettivi obiettivi situati nell’area di Donetsk, mentre i restanti sono precipitati o per guasti, o per abbattimenti da parte degli S-300V/S-400 russi. Come già evidenziato, le capacità di difesa aerea dovrebbero essere state ridotte, soprattutto nei sistemi più temibili S-300, con almeno 6 lanciatori eliminati. A tal proposito va segnalato il possibile arrivo di un paio di batterie di S-300 dalla Slovacchia e dall’Egitto ad integrazione dei sistemi perduti. I sistemi missilistici antiaerei a medio-corto raggio, al contrario, risultano ancora molto attivi anche sui fronti più “caldi”, come quello del Donbass. In particolare gli OSA-AK e i TOR-M responsabili di diversi abbattimenti ai danni di 5 Su-25, di missili KALIBR e di una decina di elicotteri.

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Per quanto concerne le operazioni aeree, secondo le fonti ufficiali apparirebbero nettamente aumentate quelle relative agli UAV, sia dei soliti apparecchi armati TB2 BAYRAKTAR – 2 dei quali abbattuti, ma sempre molto attivi soprattutto nel quadrante meridionale – sia dei velivoli ISR LELEKA-100 e dei vecchi Tu-141, sia, ancora, da quadricotteri commerciali che, in almeno 2 occasioni, sono stati utilizzati, come i BAYRAKTAR, per l’eliminazione di convogli, sistemi tattici di difesa aerea BUK e centri di comando e controllo tramite sgancio di granate RKG-1600.

Passando, infine, ai velivoli convenzionali, come detto nelle ultime 2 settimane sono state pochissime le sortite documentate dei Su-27 e dei Mig-29 ucraini, mentre risultano ancora attivi i Su-24 ed i Su-25 – almeno 4 dei quali abbattuti sul fronte meridionale e nella zona di Peski (Donetsk) – che effettuano un minimo di 3 sortite al giorno, con picchi fino a 7, come nelle operazioni delle ultime 48 ore eseguite sul fronte di Mariupol. Tuttavia, le difficili operazioni di manutenzione effettuabili sulle citate piste ausiliarie dove sono stazionati, nonché la carenza di carburante e la scarsità di informazioni necessarie per una “picture” radar adeguata, rischiano di rendere progressivamente più basso il loro rateo d’impiego o trasformarli in facili prede dei sistemi antiaerei o dei FLANKER russi. Elementi che, probabilmente, hanno causato la quasi totale inoperatività dei Mig-29 e Su-27 ucraini, limitati a pochissimi voli di intercettazione”.

Chi ha avuto la perseveranza di leggere fino in fondo il focus di Rid ora ne sa un po’ più, e meglio, di ciò che sta avvenendo sul territorio e nei cieli dell’Ucraina.

Gli inesperti soldati russi che non sapevano di essere in guerra
Altro prezioso contributo alla conoscenza è quello di Elena Zacchetti su Il Post.

Annota tra l’altro Zacchetti: “La debolezza più riconoscibile e immediata della Russia, e infatti raccontata già durante i primi giorni di guerra, è stata l’ampia presenza nell’esercito di coscritti e riservisti, spesso giovanissimi e senza esperienza. Soldati russi fatti prigionieri dagli ucraini hanno raccontato di non essere stati informati sull’importanza della loro missione, e alcuni hanno addirittura sostenuto di avere creduto che l’operazione militare fosse in realtà un’esercitazione.

Nonostante sia difficile verificare questi racconti, l’ipotesi che alcune delle truppe ammassate al confine con l’Ucraina prima dell’invasione fossero completamente ignare dei piani di guerra viene considerata oggi credibile: sembra infatti che l’operazione sia stata pianificata da Putin e da un piccolo gruppo di consiglieri, e condivisa con pochissime altre persone.

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C’è poi un’altra cosa: l’esercito russo si è trovato di fronte una resistenza inaspettata e tenace. Ha avuto certamente un ruolo il presidente ucraino Zelensky, che rifiutandosi di andarsene da Kiev è diventato subito una specie di eroe nazionale e internazionale, ma non solo: l’hanno avuto anche le unità di difesa cittadine e le milizie indipendenti, organizzate in fretta e furia e presto in grado di respingere diverse offensive russe.

La vulnerabilità dei carri armati e degli altri mezzi militari
Uno dei problemi più grossi che ha incontrato l’esercito russo finora è stata la vulnerabilità dei propri carri armati e di tutti gli altri mezzi corazzati e non, tra cui i furgoni carichi di rifornimenti di cibo e munizioni per le linee più avanzate. Anche qui qualcosa non ha funzionato.

Anzitutto la convinzione di poter rovesciare il governo di Zelensky in una “guerra lampo”, sfruttando il fattore sorpresa e senza incontrare resistenza, ha fatto sì che i mezzi russi si dirigessero verso le città con pochi soldati a protezione, di fatto rendendo i convogli estremamente vulnerabili ad attacchi laterali compiuti con armi anticarro. […].Le difficoltà che la Russia ha incontrato hanno per ora cambiato il corso della guerra, facendo saltare il piano di Putin di conquistare l’Ucraina con un’operazione “lampo”, ma non hanno compromesso del tutto le possibilità russe di raggiungere l’obiettivo finale. Le forze russe sono riuscite a conquistare diversi territori soprattutto nell’Ucraina meridionale e orientale, per esempio riuscendo a creare una contiguità territoriale tra la Crimea e le due repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk. Stanno assediando Mariupol, nel sud, la città finora più martoriata dai bombardamenti, e stanno cercando di farsi strada verso Odessa, nel sud-ovest. I problemi si sono visti soprattutto nel nord, nell’assalto a Kiev. Ma come hanno scritto diversi analisti, l’esercito russo sta già imparando dai suoi errori e sta riposizionando le forze in maniera da essere pronto per nuove offensive, questa volta più efficaci.

Secondo James Stavridis, ex comandante supremo delle Forze Nato e del comando statunitense in Europa, la Russia può ancora mettere in campo una certa capacità di compiere attacchi informatici contro obiettivi ucraini, che finora non si è praticamente vista; ha ancora molti soldati da mandare, forse fino a diverse centinaia di migliaia; e soprattutto ha dalla sua parte il tempo, se dovesse decidere di proseguire l’assedio e il bombardamento sistematico delle città ucraine fino a ridurle in macerie, come aveva fatto in diverse occasioni durante la guerra in Siria.

I fallimenti militari russi stanno infatti provocando una trasformazione del conflitto da “guerra lampo” a guerra con altissimi livelli di brutalità, e probabilmente destinata a durare per molto tempo, a meno che non si verifichino particolari condizioni politiche che spingano Putin a fermarsi (condizioni che oggi non sembrano esserci).

Anche se le forze russe dovessero imporsi su quelle ucraine, infatti, difficilmente si arriverebbe alla fine delle ostilità. Diversi analisti militari sostengono che la resistenza ucraina potrebbe bloccare le forze russe per anni, cosa che renderebbe estremamente difficile per la Russia raggiungere il suo obiettivo militare dichiarato all’inizio dell’invasione: sostituire Zelensky con un governo “fantoccio” e stabilire un controllo effettivo sulla popolazione ucraina”.

E così si materializza l’incubo di Putin: uno scenario “afghano” in Ucraina. Ai confini di casa sua. 

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