Italia, spese militari record. Ma nel governo ci sono ministri 'progressisti' e di 'sinistra'?
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Italia, spese militari record. Ma nel governo ci sono ministri 'progressisti' e di 'sinistra'?

Cambiano i governi, le maggioranze che li sostengono. Ora si dice che al governo vi siano ministri che si considerato “progressisti”, “democratici”, addirittura di sinistra.

Italia, spese militari record. Ma nel governo ci sono ministri 'progressisti' e di 'sinistra'?
Armamenti
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

14 Gennaio 2022 - 16.41


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Cambiano i governi, le maggioranze che li sostengono. Ora si dice che al governo vi siano ministri che si considerato “progressisti”, “democratici”, addirittura di sinistra. Ma se guardiamo a queste definizioni con la lente delle spese militari, allora “sinistra” diventa una parola vuota, priva di senso.

Spese crescono

A darne conto è il documentato report di Enrico Piovesana sul sito di Osservatorio Milex.

Scrive Piovesana: Il nuovo anno per il Ministero della Difesa inizia come era finito quello passato: con una valanga di programmi di riarmo inviati dal Ministro Guerini al Parlamento per un’approvazione rapida e scontata. Si tratta di programmi targati ancora “SMD 2021”, annata che a questo punto straccia ogni record storico con ben 31 richieste presentate per un valore complessivo finanziato di oltre 15 miliardi di euro (e in proiezione un onere complessivo di oltre 30 miliardi di euro).

Tra gli otto ulteriori programmi trasmessi l’11 gennaio alle Commissioni Difesa di Camera e Senatospiccano quelli per i due nuovi cacciatorpedinieri lanciamissili classe Orizzonte da circa 1,2 miliardi l’uno che saranno prodotti da Fincantieri. Fanno riferimento alla Marina anche il programma per la nave supporto per le operazioni subacquee degli incursori del Comsubin da 35 milioni, una trentina di blindati anfibi 8×8 da sbarco di Iveco e Oto Melara da 10 milioni l’uno e altrettanti gommoni armati da sbarco dal prezzo unitario di quasi un milione e mezzo.

Un’altra trentina di gommoni sono destinati alle forze da sbarco dell’Esercito, cui sono destinati anche una prima tranche (45 mezzi) dei 300 nuovi blindati Orso 2 6×6 in versione “posto di comando e supporto logistico”, prodotti da Iveco e dalla tedesca Krauss Maffei Wegmann al costo di quasi 8 milioni ciascuno.

All’Aeronautica sono destinate invece cinque nuove batterie missilistiche antiaeree CAMM-ER da quasi 50 milioni l’uno per la base di Rivolto in Friuli (prodotte da Mbda Italia e Uk, Avio e Leonardo), i nuovi sensori digitaliper i radar della rete NATO di difesa aerea (100 milioni) e l’avamposto di comando aereo per le missioni all’estero (in continuo sviluppo capacitivo: complessivamente costerà 365 milioni di euro).

Queste novità aggiornano il quadro complessivo dei programmi di armamento presentati dalla Difesa nel 2021. 

I programmi riferiti all’Aeronautica sono stati 10 per un controvalore di 6,8 miliardi di euro (onere complessivo previsto 12,5 miliardi) con il progetto dell’EuroDrone MALE (1,9 miliardi) e della ricerca e sviluppo per il cacciabombardiere Tempest (2 miliardi) a prendersi la maggior parte delle risorse. 

La Marina Militare si è vista assegnare 9 programmi dal costo totale di 3,9 miliardi di euro (onere complessivo previsto 5,5 miliardi) in particolare per i due nuove cacciatorpediniere (2,35 miliardi) e i radar missilistici per le fregate Orizzonte (500 milioni). 

All’Esercito sono destinati 5 programmi per circa 1,4 miliardi di euro di costo (ma con proiezione di onere complessivo per ben 8,2 miliardi) in particolare per l’avamposto di comando (500 milioni) e per i blindati Lince 2 (385 milioni) e Orso 2 (348 milioni). Iprogetti Interforze sono 4 con ben 3 miliardi di euro di controvalore (3,7 miliardi di onere complessivo) soprattutto per le batterie missilistiche anti-aeree da 2,3 miliardi. 

Ai Carabinieri destinati 2 programmi di armamento da 323 milioni di euro complessivi (638 milioni in proiezione) e un piccolo programma da 46 milioni per i gommoni armati da sbarco è ascritto congiuntamente ad Esercito e Marina.

L’alto numero di richieste avanzato dal Ministero della Difesa a partire dalla metà del 2021 ha incontrato ogni volta il favore del Parlamento che, a parte il caso dei primi due programmi inviati alle Commissioni ad inizio agosto, ha sempre provveduto ad approvarle all’unanimità (parere positivo delle Commissioni Bilancio prima del voto finale delle Commissioni Difesa) nel giro di una quarantina di giorni. 

Alla data odierna la Commissione Difesa della Camera dei Deputati ha già approvato 18 programmi, con ultima votazione avvenuta nella seduta del 28 dicembre 2021 a riguardo del sistema integrato per il comando e controllo per le operazioni aeree, del rinnovamento delle unità navali ausiliarie della Marina militare e della implementazione di suite operative «multi-missione multisensore» su piattaforma condivisa Gulfstream G-550. Solo su quest’ultimo programma il parere votato unanimemente ha previsto una “osservazione” da parte della Commissione, ma solo per chiedere che “sia svolta dal Governo (..) ogni attività utile per valorizzare la partecipazione dell’industria nazionale (…) ricorrendo a strumenti contrattuali differenziati in relazione ai diversi Paesi coinvolti nel programma al fine di massimizzare il ritorno industriale, sia di tipo diretto che di tipo indiretto”. 

La Commissione Difesa del Senato ha invece già approvato 23 programmi d’armamento sui 31 totali, gli ultimi cinque nella recente seduta dell’11 gennaio 2022. Tutte senza un solo voto contrario e con la Presidente Roberta Pinotti che si è più volte compiaciuta nel rilevare l’esito unanime della votazione. I pareri hanno riguardato il potenziamento e ammodernamento del Joint Force Air Component Command (JFACC) nazionale, il munizionamento per cannoni e lanciatori per razzi di contromisura elettromagnetica navali, il programma Multi Data Link (MDL) della Difesa nell’ambito del più ampio progetto Defence Information Infrastructure (DII), le scorte di munizionamento Vulcano nella versione guidata e di unità portatili di controllo del fuoco per obici da 155 mm dell’Esercito Italiano e l’area addestrativa galleggiante per il Gruppo Operativo Incursori”.

Fin qui Piovesana. Insomma, finanziamenti a pioggia. E ce n’è per tutti.

Quell’invocazione inascoltata

Scrive su Avvenire Francesco Palmas
“C’erano state le invocazioni del Pontefice e dell’Onu, tutte tese a far tacere le armi, almeno nei momenti più drammatici della pandemia. E alcuni avevano sperato che il mondo post-Covid sarebbe diventato meno bellicoso. Invece il risveglio è stato ancora più duro. Nel 2020, le spese militari mondiali sono aumentate del 2,6% rispetto al 2019, anno record di esborsi, mai così iperbolici dalla fine della guerra fredda. L’anno scorso eserciti e armi hanno fagocitato quasi due trilioni di dollari (1.981 miliardi), a dispetto del crollo della ricchezza mondiale, prevista dal Fmi intorno al -4,4%. 

È lapidario l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (Sipri) di Stoccolma: «La pandemia non ha inciso significativamente sulle spese militari mondiali». Il mondo si è fatto policentrico, non solo economicamente, ma anche dal punto di vista strategico. Le grandi potenze militari, Stati Uniti, Cina e Russia in testa, non spiegano da sole le dinamiche in atto. Il campo delle medie potenze è in forte ascesa, se solo si pensa alla Turchia, al Giappone, alla Corea del Sud, agli Emirati Arabi Uniti, all’Iran, a Israele. Tutte, o quasi, reclamano uno spettro d’azione più ampio, hanno una strategia integrale, combinano metodi di soft power, assoldano vassalli e «proxy», investono nel cyber e nello spazio, ordiscono operazioni militari interforze a distanze geografiche impensabili dieci anni fa. Riarmano. La potenza d’urto, brutale, dura, lungi dall’essere scomparsa, come profetizzato da alcuni analisti negli anni ’90, è divenuta la chiave di volta dei conflitti attuali, come si è visto nel Caucaso, nel Donbass e nelle tecno-guerriglie mediorientali e africane. 

La sfida è immensa. Ci sarebbe da pensare alla pace, agli investimenti colossali del post-pandemia e invece i grandi del pianeta si stanno ri-preparando a scontri fra titani. Non è un caso che Stati Uniti (39%), Cina (13%), India (3,7%), Russia (3,1%) e Regno Unito (3%) concentrino il 62% delle spese militari mondiali

 Per il Sipri, Pechino spende molto più di quanto dichiari: 252 miliardi di dollari anziché 212. Le sue poste di bilancio crescono per il 26° anno consecutivo, obbligando la rivale India ad allungare il passo (72,9 miliardi). Le mire cinesi sullo scacchiere indo-pacifico spingono al rialzo anche gli investimenti giapponesi, sudcoreani e australiani. Potenza bicontinentale, la Russia sborsa sempre di più (+2,5%), costringendo i Paesi europei a rimodulare i loro investimenti (+4%), vuoi per controbattere, vuoi per sottostare agli obblighi con la Nato, vuoi per la ricerca di una maggiore autonomia strategica. Fatto grave, le spese militari tornano a crescere pure in Africa, soprattutto nei paesi più colpiti dalle ribellioni jihadiste, come il Mali (+22%), la Mauritania (+23%), la Nigeria (+29%), il Ciad (+31%) e, caso a parte, l’Uganda (+41%)”.

Una medaglia del disonore

Rimarca Alberto Bobbio su L’eco di Bergamo, in un articolo pubblicato il 12 agosto 2021, quando l’Italia si esaltava per le medaglie olimpiche:Abbiamo scalato la classifica dei primi quindici con una spesa di qualità, nonostante la pandemia, con una corsa fantastica all’ultimo miglio – scrive Bobbio -. I dati del Sipri, l’istituto svedese più autorevole del pianeta nel monitoraggio dei supermercati armati, ci inchiodano senza replica e svelano l’inganno dei numeri. Infatti se è vero che la nostra spesa complessiva non raggiunge il 2% del Pil e apparentemente il dato ci tiene al riparo dalle polemiche dei pacifisti, è purtroppo altrettanto vero che siamo quelli che corrono più veloce come a Tokyo 2020 e, soprattutto, abbiamo scelto il nuovo che si offre su un mercato meraviglioso. superando con uno scatto mai avvenuto nella storia della Repubblica la cifra record di sette miliardi di euro per nuovi armamenti. La dottrina del ministro della Difesa Lorenzo Guerini su un esercito più moderno, più efficiente, più «proiettato» sugli scenari internazionali è stata un successo. Il virus ha distratto le opinioni pubbliche e la pioggia di miliardi europei ha autorizzato una sorta di «tana libera tutti» e avviato processi mai accordati precedentemente, quando sulla spesa militare si andava più cauti. Questa volta invece mentre Bruxelles il mese scorso autorizzava la madre di tutti i bonifici, il ministero della Difesa con firma del ministro, pubblicava il Documento programmatico pluriennale della Difesa, 250 pagine nascoste tra un oro olimpico e l’altro, che pongono l’Italia in cima alla classifica della vergogna. Anche il dibattito sulla loro necessità è sparito. Per welfare, salute, lavoro, innovazione, digitale, opere pubbliche e il resto ora i soldi li abbiamo, dunque, senza più disagio e imbarazzo politico, occupiamoci gagliardamente di armi accontentando generali e centri studi strategici, lucidando il rapporto tra Forze armate e industria e sostenendo l’export, che per le armi significa vendere a chi le usa o intende usarle. La dottrina Guerini prevede un migliore coordinamento tra Difesa, Esteri, Sviluppo economico e Finanze. Insomma per produrre e vendere bene occorre «sincronizzare», come ha spiegato il ministro in un report di pochi giorni fa «tutte le componenti del Paese». Ecco giustificati i sette miliardi e più per nuovi armamenti”.

Se per sole 26 ore…

 “Se i governi rinunciassero alle spese militari per sole 26 ore, avremmo 5,5 miliardi di dollari a diposizione per salvare 34 milioni di persone dalla fame nei prossimi mesi in paesi piegati da guerra, pandemia e cambiamenti climatici”. Lo denuncia Oxfam con altre 250 organizzazioni umanitarie, in una lettera aperta, con la quale rivolgono un appello ai leader mondiali per scongiurare la catastrofe umanitaria in Paesi come Yemen, Afghanistan, Etiopia, Sud Sudan, Burkina Faso, Nigeria, a un anno esatto dall’allarme delle Nazioni Unite sull’aumento esponenziale della fame. “Secondo le stime delle Nazioni Unite, già a fine 2020, 270 milioni di persone erano sull’orlo della carestia – rimarcava per l’occasione  Francesco Petrelli, policy advisor di Oxfam Italia -. Ebbene, 174 milioni di persone in 58 Paesi stanno già rischiando di morire di malnutrizione e questo numero potrebbe aumentare nei prossimi mesi, senza un intervento immediato da parte della comunità internazionale. Sono 80 i Paesi su 100 in cui le agenzie delle Nazioni Unite intervengono sono colpiti da conflitti. Bisogna spezzare il nesso mortale guerra-fame e simbolicamente noi chiediamo di farlo, smettendo di vendere armi anche solo per un giorno”.
Oxfam segnala inoltre che, nel primo trimestre del 2021, i grandi donatori internazionali hanno stanziato solo il 6,1% dei 36 miliardi di dollari richiesti dalle Nazioni Unite per fronte alle più gravi emergenze umanitarie in corso, mentre per la lotta alla fame aggravata dalla pandemia hanno destinato appena 415 milioni (il 5,3%) dei 7,8 miliardi di dollari necessari ad evitare milioni di morti. “Anche l’Italia, secondo gli ultimi dati disponibili, è passata da oltre 108 milioni di aiuti bilaterali per far fronte all’insicurezza alimentare nei paesi poveri nel 2018, a poco più di 66 nel 2019″. “Abbiamo avvertito i donatori più e più volte: la loro inerzia sta portando alla morte e alla disperazione dei bambini, come vediamo ogni giorno nei paesi di tutto il mondo. A inizio marzo, la conferenza per gli aiuti in Yemen non ha raccolto nemmeno la metà dei fondi necessari e ora quel Paese è a un punto critico”, ha commentato Inger Ashing, ceo di Save the Children International.

L’appello è del 20 aprile 2021. Nove  mesi dopo, la situazione è peggiorata. 

Stavolta poi non si può prendersela con la destra con l’elmetto. Alla Difesa c’è Lorenzo Guerini, autorevole esponente del Partito democratico. Un “progressista”. 

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