Coperture e finanziamenti: così il Regno Saud amico degli Usa ha alimentato al-Qaeda
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Coperture e finanziamenti: così il Regno Saud amico degli Usa ha alimentato al-Qaeda

L'Arabia saudita culla del wahabismo e finanziatore di al-Qaeda. Il Regno alleato con Israele, e Stati Uniti. In questa forbice c’è la spiegazione del fallimento della “guerra al terrorismo” jihadista.

Osama Bin Laden
Osama Bin Laden
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

13 Settembre 2021 - 12.08


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Il Regno Saud, culla del wahabismo e finanziatore di al-Qaeda. Il Regno Saud, il più stretto alleato, con Israele, degli Stati Uniti in Medio Oriente. In questa forbice c’è la spiegazione del fallimento della “guerra al terrorismo” jihadista.

Quei documenti esplosivi

Il Federal Bureau of Investigation (Fbi) ha diffuso il primo di una serie di documenti relativi alla sua indagine sugli attacchi terroristici dell’11 settembre e al sospetto sostegno del governo saudita ai dirottatori, dopo un ordine esecutivo del presidente Joe Biden. Il documento, che risale al 2016, fornisce una serie di dettagli circa le indagini dell’Fbi sul presunto supporto logistico che un funzionario consolare saudita e un sospetto agente dell’intelligence saudita a Los Angeles avrebbero fornito ad almeno due degli uomini che hanno dirottato gli aerei l’11 settembre 2001.    In particolare descrive molteplici connessioni e testimonianze che hanno spinto l’FBI a sospettare di Omaral-Bayoumi, ufficialmente uno studente arabo a Los Angeles, sospettato di essere un agente dell’intelligence saudita che avrebbe poi fornito “assistenza di viaggio, alloggio e finanziamenti” ai due dirottatori.   Si fa anche riferimento a Fahad al-Thumairy, all’epoca un diplomatico accreditato presso il consolato saudita a Los Angeles che secondo gli investigatori guidava una fazione estremista nella sua moschea. Il rapporto di 16 pagine, pubblicato nel 20° anniversario degli attacchi, è il primo documento investigativo ad essere divulgato da quando il presidente Joe Biden ha ordinato una revisione e declassificazione di materiali che per anni sono rimasti segreti.  

L’ambasciata saudita a Washington aveva dichiarato mercoledì di “accogliere con favore il rilascio” dei documenti dell’FBI ma che “qualsiasi accusa di complicità dell’Arabia Saudita negli attacchi dell’11 settembre sarebbe categoricamente falsa”.  L’ordine esecutivo di Biden è giunto dopo che più di 1.600 persone, feriti o familiari di vittime degli attacchi, gli hanno scritto una lettera chiedendogli di astenersi dall’andare a Ground Zero a New York per celebrare il 20esimo anniversario a meno che non avesse pubblicato le informazioni sul ruolo dell’Arabia Saudita.  Brett Eagleson, il cui padre, Bruce, è stato ucciso nell’attacco al World Trade Center, ha detto che la desecretazione del materiale dell’Fbi “accelera la nostra ricerca della verità e della giustizia”. Jim Kreindler, avvocato dei parenti delle vittime, sostiene che “i risultati e le conclusioni di questa indagine dell’FBI convalidano le argomentazioni che abbiamo portato nel contenzioso relativo alla responsabilità del governo saudita per gli attacchi dell’11 settembre e mostra come al Qaeda abbia agito con l’appoggio saudita”, ha aggiunto citando le telefonate intercorse tra funzionari sauditi e agenti di al Qaeda e gli incontri “accidentali” con i dirottatori degli aerei che avrebbero avuto sopporto logistico per alloggi e scuole di volo.  Gli Stati Uniti hanno indagato su alcuni diplomatici sauditi e altri con legami con il governo saudita che conoscevano i dirottatori dopo il loro arrivo negli Stati Uniti, come risulta da documenti già declassificati, ma il rapporto della Commissione sull’11 settembre del 2004 non ha trovato “nessuna prova che il governo saudita come istituzione o alti funzionari sauditi abbia finanziato” gli attacchi ideati da al Qaeda, pur sottolineando che associazioni di beneficenza saudite potrebbero aver inviato denaro al gruppo.  

Il primo ad accogliere con una certa soddisfazione la svolta è uno degli avvocati dei parenti delle vittime, Jim Kreindler. Alla Cnn ha spiegato che «i risultati e le conclusioni di questa indagine convalidano le argomentazioni che abbiamo portato nel contenzioso relativo alla responsabilità del governo saudita e mostra come al Qaeda abbia agito con l’appoggio di Riyadh». Non solo, Kreindler parla con una certa sicurezza di telefonate intercorse tra diplomatici dell’Arabia Saudita e miliziani di Al Qaeda nei giorni precedenti all’11 settembre. «L’allora governo di re Fahd ha persino provveduto a pagare le scuole di volo ai terroristi».

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I familiari delle vittime hanno trovato un alleato nel senatore democratico Richard Blumenthal, primo sostenitore di una legge al Congresso che permettesse alle famiglie di citare in giudizio l’Arabia Saudita (le legge federale impediva la causa civile contro un paese sovrano), che non ha esitato a schierarsi contro Obama per annullare il veto (l’unico in otto anni alla Casa Bianca) con cui il primo presidente afro-americano si era opposto alla legge. Ottenendo un successo bipartisan con rari precedenti: il Senato per 97 a 1 ha annullato il veto di Obama. 

“Il governo saudita – rileva Alberto Flores d’Arcais su Huffington Post – continua a negare ogni collegamento ma diversi documenti pubblici rilasciati negli ultimi due decenni, compresi quelli della Commissione 11 settembre, hanno esposto in dettaglio numerosi coinvolgimenti sauditi, pur senza mai provare la diretta la complicità del governo. Un esempio? I primi dirottatori ad arrivare negli Stati Uniti, Nawaf al-Hazmi e Khalid al-Mihdhar, furono ricevuti e assistiti da un cittadino saudita nel 2000. Omar al-Bayoumi, che li aiutò a trovare e ad affittare un appartamento a San Diego, aveva legami con il governo saudita ed era “attenzionato” dal Fbi”.. 

Ed ora?

Ci si domanda che cosa accadrà adesso nei rapporti diplomatici tra Washington e Riyadh, caratterizzati negli ultimi tempi da una dinamica da montagne russe, con picchi di collaborazione e rapide discese. Un fatto è certo: nel 2019, durante la campagna per la nomination democratica, Biden definì l’Arabia Saudita «pariah», promettendo di interrompere il sostegno Usa.

Prove su prove

Di grande interesse  è il report di Michele Paris su altrenotizie.org: Da un interrogatorio connesso a un procedimento legale in corso negli Stati Uniti a carico del regime dell’Arabia Saudita  – scrive Paris – sono giunte gravissime accuse nei confronti della casa regnante di questo paese del Golfo Persico e, indirettamente, del governo americano suo alleato. La testimonianza in questione è quella di Zacarias Moussaoui, ex corriere di al-Qaeda molto vicino a Osama bin Laden, sentito in carcere lo scorso mese di ottobre dai legali dei famigliari delle vittime dell’11 settembre nell’ambito di una causa che intende chiarire le responsabilità saudite negli attentati del 2001. Moussaoui ha lanciato accuse che pesano come macigni e, inevitabilmente, è stato subito denunciato dalla monarchia saudita come un “criminale disturbato” e un “malato mentale”. Una diagnosi relativa al suo presunto disagio mentale era stata in effetti presentata da uno psicologo nel corso del processo a suo carico nel 2006, conclusosi con una condanna all’ergastolo, anche se gli avvocati che hanno raccolto la recente deposizione in un carcere di massima sicurezza del Colorado hanno definito l’uomo “completamente sano di mente”.
In passato, alcune sue testimonianze erano state inoltre controverse e successivamente smentite, ma il giudice che presiedette il procedimento penale, Leonie Brinkema, aveva definito Moussaoui “del tutto capace di intendere” e “estremamente intelligente”. Il giudice aveva anche affermato, in maniera non troppo scherzosa, che l’imputato aveva “una migliore comprensione del sistema legale di quanto non l’avessero alcuni avvocati” di sua conoscenza.
Soprattutto, le accuse rivolte a Riyadh di finanziare direttamente e indirettamente il fondamentalismo sunnita coincidono con numerose indagini e rivelazioni che, nel recente passato, hanno messo in luce quanto meno l’ambiguità del regno nei confronti del terrorismo internazionale.
Moussaoui, in sostanza, ha raccontato di come i più generosi finanziatori di al-Qaeda fino alla fine degli anni Novanta fossero stati alcuni membri di spicco della casa regnante saudita, tra cui l’attuale sovrano, Salman,.
In qualità di responsabile per al-Qaeda, tra il 1998 e il 1999, della creazione di un archivio digitale contenente i nomi dei finanziatori dell’organizzazione terroristica, Moussaoui ha ricordato una serie di incontri con i leader sauditi. Tra i più autorevoli membri della famiglia reale finiti nel database figurano l’allora capo dell’intelligence, principe Turki al-Faisal, l’ex potente ambasciatore di Riyadh a Washington, Bandar bin Sultan, e l’imprenditore miliardario Al-Waleed bin Talal.
Come risulta evidente dalla sua testimonianza, Moussaoui agiva da intermediario tra Osama bin Laden e gli ambienti di corte e del clero in Arabia Saudita. Addirittura, lo stesso testimone avrebbe discusso a Kandahar, in Afghanistan, con un diplomatico dell’ambasciata saudita negli Stati Uniti un piano per abbattere l’aereo presidenziale (Air Force One) con un missile Stinger.

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 La testimonianza di Zacarias Moussaoui è stata resa pubblica di recente, in quanto facente parte dei documenti presentati dall’accusa per impedire l’ennesima richiesta dell’Arabia Saudita di annullare il procedimento. Riyadh sostiene di non avere avuto alcun ruolo nel finanziamento di al-Qaeda e degli autori degli attentati del 2001, come avrebbe confermato anche il rapporto della commissione speciale sull’11 settembre.
In realtà, il rapporto pubblicato nel 2004 lascia parecchi dubbi in proposito. In esso si afferma che “non sembrano esserci prove del fatto che altri governi, oltre a quello dei Talebani [in Afghanistan], abbiano sostenuto finanziariamente al-Qaeda prima dell’11 settembre, nonostante all’interno di alcuni governi possano esserci stati simpatizzanti che hanno chiuso un occhio di fronte alle attività di raccolta fondi” dell’organizzazione terroristica fondata da bin Laden.
“L’Arabia Saudita”, continua il rapporto, “è da tempo considerata la principale fonte di finanziamento di al-Qaeda”, tuttavia i membri della commissione sull’11 settembre “non hanno trovato prove che il governo saudita come istituzione o importanti esponenti sauditi su iniziativa individuale abbiano finanziato l’organizzazione” terroristica.
Questa difesa di Riyadh è comunque parzialmente smentita da un’altra conclusione contenuta nel rapporto, quando cioè la commissione sostiene di non potere escludere che “organizzazioni caritative sponsorizzate dal governo saudita abbiano dirottato fondi verso al-Qaeda”.

Non basta. “I finanziamenti provenienti dal regno saudita e diretti ad al-Qaeda – annota ancora Paris – sembrano essere passati proprio da organizzazioni con scopi apparentemente caritatevoli, messe in piedi dai vertici del regime del Golfo Persico. Una di queste è ad esempio l’Alta Commissione Saudita per l’Assistenza alla Bosnia-Herzegovina, fondata nel 1993 dall’attuale sovrano, Salman.
Questa organizzazione aveva raccolto ben 600 milioni di dollari da spendere nei Balcani e la sua opera andava con ogni probabilità oltre gli scopi umanitari. Quando, infatti, nel febbraio del 2002 i caschi blu dell’Onu fecero irruzione in un ufficio della stessa Commissione a Sarajevo trovarono, tra l’altro, immagini di installazioni militari americane e di luoghi colpiti da attentati di al-Qaeda, istruzioni su come creare falsi badge del Dipartimento di Stato Usa e informazioni relative ad attacchi con armi biologiche.
Inoltre, quando nell’ottobre del 2001 gli Stati Uniti arrestarono sei cittadini algerini con l’accusa di avere progettato attacchi contro l’ambasciata Usa di Sarajevo, si scoprì che uno di essi era un dipendente proprio dell’Alta Commissione Saudita per l’Assistenza alla Bosnia-Herzegovina e che aveva avuto contatti telefonici con bin Laden e altri leader di al-Qaeda.
I sospetti sui legami tra Riyadh e al-Qaeda sono innumerevoli, come quelli che riguarderebbero il figlio defunto di re Salman, Ahmed bin Salman. Quest’ultimo, secondo quanto affermato in un libro del giornalista americano Gerald Posner, sarebbe stato legato all’organizzazione jihadista, nonché a conoscenza dei preparativi per gli attacchi dell’11 settembre 2001.
Proprio l’attuale sovrano saudita sarebbe stato dunque l’uomo incaricato di supervisionare il trasferimento di fondi dai donatori del regno alle formazioni integraliste. In questa attività, d’altra parte, Salman vanta parecchia esperienza, visto che, come ha scritto recentemente l’ex agente della Cia, Bruce Riedel, sulla testata americana on-line The Daily Beast, si era occupato della “raccolta di fondi privati per sostenere i mujahedeen afgani negli anni Ottanta, lavorando a stretto contatto con l’establishment clericale wahabita del regno”.

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L’ex senatore democratico Bob Graham, ex capo del comitato di intelligence del Senato, ha ribadito la sua convinzione che l’Arabia Saudita fu coinvolta negli attacchi al più alto livello. Ha detto: “La cosa più importante è la domanda senza risposta di 9/11: queste 19 persone poterono condurre questa trama molto sofisticata da soli, o furono supportati? Allora, chi era il soggetto più probabile che fornì loro tutto il supporto necessario e ove andare a scovare le prove? in Arabia Saudita. credo che copre una vasta gamma, dai più alti ranghi del Regno attraverso questi, quello che sarebbe soggetti privati”. Stephen Lynch, un democratico del Massachusetts, ha dichiarato che il rapporto offre prove dei legami tra “alcuni individui sauditi” e i terroristi dietro gli attentati del 2001. Walter Jones, un repubblicano, ha detto che getta luce anche sul motivo per cui il presidente Bush è stato così contrario alla pubblicazione: “Si tratta dell’amministrazione Bush e il suo rapporto con i sauditi.” 

Chiosa finale

La lasciamo ad un giornalista che di terrorismo jihadista se ne intende come pochi: Fulvio Scaglione: “I sauditi e le altre monarchie del Golfo Persico (cioè, gli Stati che fino all’altro ieri definivamo “musulmani moderati”) sono da decenni gli ispiratori e i “padrini” del radicalismo islamico e del terrorismo. Quegli stessi che colpirono l’11 settembre, animarono la seconda guerra di Cecenia, diedero ai Talebani i mezzi per impadronirsi dell’Afghanistan, hanno diffuso il wahabismo e le sue violenze in Asia, promossero le ondate di violenza sunnita nell’Iraq del dopo-Saddam, hanno fatto nascere l’Isis dalle ceneri di al-Qaeda”.

Scusate se è poco…, aggiungiamo noi. 

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