Aiuti allo sviluppo: le promesse disattese e la vergogna italiana

I numeri dicono che a 50 anni dalla promessa dei paesi ricchi di destinare lo 0,7% della loro ricchezza nazionale in cooperazione, mancano all’appello 5.700 miliardi di dollari nei paesi più poveri

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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

23 Ottobre 2020 - 08.49


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Ecco come va per davvero il mondo. Al di là delle chiacchiere, delle lacrime di coccodrilli, al di là delle promesse non mantenute e dei buoni propositi che restano puntualmente sulla carta. E al di là dell’ipocrita reiterazione dell’ormai insopportabile mantra per cui “di fronte al Covid siamo tutti sulla stessa barca”. La realtà è un’altra. La realtà è nei numeri, implacabili, inoppugnabili. E i numeri dicono che a 50 anni dalla promessa dei paesi ricchi di destinare lo 0,7% della loro ricchezza nazionale in cooperazione, mancano all’appello 5.700 miliardi di dollari nei paesi più poveri: avrebbero scongiurato la fame per 2 miliardi di persone e consentito di studiare a 260 milioni di bambini.

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Alla vigilia del 50° anniversario della promessa fatta dai paesi ricchi alle Nazioni Unite, di destinare lo 0,7% del loro reddito nazionale lordo (rnl) in aiuto pubblico allo sviluppo (aps), Oxfamdenuncia il completo fallimento di questo fondamentale impegno: in 50 anni ai paesi in via di sviluppo sono mancati all’appello 5.700 miliardi di dollari, ossia circa 114 miliardi all’anno.

Aiuti internazionali oggi quanto mai necessari per contrastare l’impatto socio-economico del Covid-19 e dei cambiamenti climatici. La crisi economica che stiamo vivendo rischia di ridurre in povertà da 200 a 500 milioni di persone, rendere volatili gli stanziamenti in aiuto pubblico dei paesi ricchi, impedire a quelli poveri di investire in servizi essenziali – cibo, salute, istruzione –  e far fronte alle altre misure indispensabili di protezione sociale, essenziali per combattere disuguaglianza e povertà. L’aiuto allo sviluppo, in tempi di pandemia, non è un gesto di beneficienza o carità, ma di giustizia.

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 Aiuto pubblico: com’è andata in Italia?

Dall’analisi condotta da Openpolis e Oxfam nel nuovo dossier Cooperazione Italia 2020, tra declino e un futuro incerto,scende a 0,22% il rapporto tra aiuto pubblico allo sviluppo e reddito nazionale lordo raggiunto dall’Italia nel 2019.Una inarrestabile e pericolosa discesa in termini reali, che fa segnare un – 11,8% tra il 2018 e il 2019. Nel 2017 erano oltre 5 miliardi di euro le risorse destinate alla cooperazione, nel 2019 non sono stati raggiunti nemmeno i 4, fermandosi a 3 miliardi e 897 milioni. 

“L’Italia, come tutti i paesi del comitato Ocse Dac, si era nuovamente impegnata a raggiungere quota 0,7% aps/rnl per centrare l’obiettivo dell’Agenda 2030 a questo dedicato. – rimarca Francesco Petrelli, portavoce di Oxfam Italia  Un impegno che cerca di rivitalizzare una promessa del tutto disattesa dalla maggior parte dei paesi donatori. Il nostro paese, come altri, si era però posto anche un obiettivo intermedio che consisteva nel raggiungere lo 0,30% entro il 2020. Un traguardo raggiunto momentaneamente nel 2017 ma a cui, per 2 anni consecutivi, è seguita una forte riduzione che nel 2019 ha riportato il rapporto aps/rnl ai livelli del 2015. Scendiamo così nella classifica dei paesi Ocse Dac, passando dal 18° al 19°posto”.

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La gestione opaca del Ministero dell’Interno

Come nel 2018, anche quest’anno è emerso come in sede di legge di bilancio gli importi indicati dal Ministero dell’Interno per il settore della cooperazione risultassero ampiamente sovrastimati.

Nel 2019 sono stati stanziati 1,67 miliardi di euro per la voce di spesa “rifugiati nel paese donatore” – cifra molto simile a quella prevista nel 2018 e 2017 – nonostante il drastico calo degli sbarchi, passati da 120.000 nel 2017 a 23.000 nel 2018 e dimezzatasi ulteriormente nel 2019 (poco più di 10mila arrivi).

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L’aps al contrario ha scopi e finalità, quali la lotta alla povertà, lo sviluppo, il perseguimento degli obiettivi dell’Agenda 2030. In particolare lo stanziamento negli anni di una componente dell’aps per i costi dei rifugiati risulta palesemente sovradimensionata rispetto all’evoluzione e ai numeri del fenomeno migratorio e quindi non giustificabile.

“Ci troviamo di fronte ad allocazione di fondi che entrano in bilancio come aps e che poi solo in parte sono ritenute dall’OCSE eleggibili e computabili nell’aiuto pubblico italiano. – aggiunge Petrelli – Questo fenomeno configura da un lato una profonda incoerenza a dall’altro una gestione opaca da parte del Ministero dell’Interno”. 

 Aiuto pubblico: com’è andata tra i paesi dell’OCSE?

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Nel 2019 solo 5 paesi – Lussemburgo, Norvegia, Svezia, Danimarca e Regno Unito – hanno raggiunto o superato l’obiettivo dello 0,7%: la media tra i paesi OCSE è stata appena dello 0,30%, leggermente al di sotto degli anni precedenti. Cinquant’anni di promesse disattese significano 5,7mila miliardi di dollari mai arrivati nelle casse dei paesi più poveri, 260 milioni di bambini senza istruzione, metà della popolazione mondiale senza accesso ai servizi, 2 miliardi di persone in condizione di insicurezza alimentare cronica.  Senza pensare che la spesa in aiuto internazionale è solo una piccola parte di quanto i governi ricchi non investano in altri settori: i sussidi per i combustibili fossili, per esempio, sono costati 320 miliardi di dollari solo nel 2019.

 “Dobbiamo pensare che la crisi innescata dal Covid-19 renderà sempre più vitale l’aiuto allo sviluppo – conclude Petrelli – Aiuto che serve, se utilizzato in modo efficace. Molte concrete esperienze ci dimostrano esattamente questo: la dichiarazione ufficiale di liberazione dalla polio in Africa, annunciata dall’OMS solo 2 mesi fa; i programmi sanitari del Fondo Globale che hanno permesso di salvare 27 milioni di persone; l’accesso all’istruzione per 34 milioni di bambini dal 2000. L’Italia, anche nelle attuali difficoltà, non può mancare di fare la sua parte. È un imperativo morale e assieme un atto di lungimiranza rispetto ai nostri stessi interessi, se abbiamo realmente compreso con la pandemia globale, che salvezza e futuro dovranno esserci per tutti.”

Le richieste di Oxfam a livello globale

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Oxfam chiede ai Paesi donatori di: colmare il gap dell’aiuto allo sviluppo portandolo da 150 miliardi di dollari attuali a 300 miliardi;   investire nel raddoppio della spesa sanitaria pubblica negli 85 paesi più poveri del mondo pari a 159 miliardi di dollari;     cancellare il fardello del debito per tutti i paesi poveri.

 E all’Italia...

Oxfam chiede: al Parlamento e al Governo italiano, che a partire dalla prossima legge di bilancio, nonostante le difficoltà in prospettiva triennale si produca una prima inversione di tendenza. Garantendo livelli quantitativi di aps stimabili attorno allo 0,27% nel rapporto Aps/Rnl, attestandosi sulla cifra in termini reali di 4,5 miliardi di euro per l’Aps, segnando così un ragionevole incremento rispetto ai 3,9 miliardi di euro del 2019;     che si garantisca una chiara e trasparente rendicontazione nella programmazione delle risorse da parte del Ministero dell’Interno, in coerenza con le regole stabilite da parte del comitato sviluppo dell’Ocse;    che vi sia una coerenza tra le priorità indicate nel documento di programmazione triennale e le effettive allocazioni per temi e settori. Ponendo particolare attenzione ad un aumento di risorse verso i paesi Ldcs a più basso tasso di sviluppo;   che il Parlamento e le commissioni esteri preposte esercitino pienamente la funzione di indirizzo e di monitoraggio in termini di coerenza delle politiche della cooperazione italiana, essendo a loro volta messe in grado di esercitare questa funzione attraverso la costante e puntuale trasmissione della documentazione prevista dalla legge 125/2014.

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 Richieste precise, praticabili. A patto che si abbia la volontà politica di realizzarle. Ma nel paese dei don Abbondio la volontà politica è come il coraggio…

 

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