Amnesty: "Qualsiasi accordo in Libia passi per il rispetto dei diritti umani"
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Amnesty: "Qualsiasi accordo in Libia passi per il rispetto dei diritti umani"

Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. La sua organizzazione ha documentato crimini di guerra sia da parte di Serraj che di Haftar

Guerra civile in LIbia
Guerra civile in LIbia
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

18 Gennaio 2020 - 10.58


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“Il rispetto dei diritti umani deve essere un tema centrale della Conferenza di Berlino. Noi chiediamo ai partecipanti che la protezione dei civili e la giustizia per le vittime della violazione dei diritti umani sano punti fermi di ogni eventuale accordo di pace sulla Libia che dovesse emergere dai colloqui di pace in programma domenica a Berlino”.

A sostenerlo, in questa intervista a Globalist, è Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. Nell’ottobre 2019, Amnesty International ha diffuso quella che finora è l’unica approfondita ricerca svolta sulla linea del fronte di Tripoli. L’organizzazione ha visitato 33 luoghi colpiti da attacchi aerei e terrestri nella capitale e nei suoi immediati dintorni, rinvenendo prove di possibili crimini di guerra da parte sia del Governo di accordo nazionale guidato da Fayez al-Sarraj e riconosciuto dall’Onu, che del sedicente Esercito libico nazionale (Lna) comandato dall’uomo forte della Cirenaica, il generale Khalifa Haftar. Se non vi saranno clamorosi colpi di scena dell’ultim’ora, sia Sarraj che Haftar saranno presenti a Berlino.

  Secondo le Nazioni Unite, rappresentate a Berlino dal segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, nel 2019 il conflitto armato in Libia ha causato oltre 284 morti tra la popolazione civile e provocato lo sfollamento di più di 140.000 persone. Una dichiarazione diffusa dall’Onu il 3 gennaio 2020 ha denunciato l’aumento degli attacchi indiscriminati che hanno messo in pericolo scuole, centri sanitari e altre infrastrutture civili a Tripoli e nei suoi dintorni, come l’aeroporto di Mitiga. A soffrire di più sono i deboli tra i deboli: i bambini. “I bambini in Libia – denuncia l’Unicef –  anche quelli rifugiati e migranti, continuano a soffrire gravemente fra le violenze e il caos scatenati dalla lunga guerra civile del Paese. Da aprile dello scorso anno, quando le ostilità sono scoppiate a Tripoli e in Libia occidentale, le condizioni per migliaia di bambini e civili sono ulteriormente deteriorate.

Attacchi indiscriminati in aree popolate hanno causato centinaia di morti e l’l’Unicef  ha ricevuto notizie di bambini uccisi o mutilati. I bambini vengono anche reclutati nei combattimenti. Intanto, oltre 150.000 persone, 90.000 delle quali bambini, sono state costrette a fuggire dalle proprie case e sono attualmente sfollati interni. Sono state attaccate anche infrastrutture da cui dipendono i bambini per il loro benessere e la loro sopravvivenza. Circa 30 strutture sanitarie sono state danneggiate nei combattimenti, 13 sono state costrette a chiudere. Gli attacchi contro le scuole e le minacce di violenza hanno portato a chiusure e lasciato circa 200.000 bambini fuori da scuola. Il sistema idrico è stato attaccato e il sistema di gestione dei rifiuti è praticamente collassato, aumentando notevolmente il rischio di malattie legate all’acqua, fra cui il colera. Anche i 60.000 bambini rifugiati e migranti attualmente nelle aree urbane sono estremamente vulnerabili, soprattutto i 15.000 non accompagnati e coloro che sono trattenuti nei centri di detenzione. Questi bambini avevano già accesso limitato a servizi essenziali e di protezione, quindi l’intensificazione dei conflitti ha solo amplificato i rischi che corrono”. E’ questo il quadro, drammatico, che fa da sfondo, angosciante, alla Conferenza di Berlino.

Berlino si appresta ad ospitare la Conferenza per la Libia, un Paese martoriato da una guerra per procura. Cosa chiede Amnesty International agli Stati dell’Unione europea che parteciperanno all’incontro di Berlino?

”Chiediamo di riconsiderare completamente la loro collaborazione con la Libia e di annullare ogni misura che favorisca la detenzione di migranti e rifugiati nel Paese. Questi Stati dovrebbero premere sulla Libia affinché cessi la prassi di trattenere arbitrariamente e per lunghi periodi di tempo i migranti e i rifugiati e di accelerare gli sforzi per l’evacuazione di questi ultimi anche attraverso il reinsediamento o ulteriori percorsi che favoriscano la loro protezione”.

Una tragedia umanitaria che si consuma da anni incrocia ora una guerra per procura che si combatte in Libia. Con quali effetti?

“Il conflitto in corso ha ulteriormente peggiorato la già drammatica situazione di migliaia di migranti e rifugiati trattenuti in Libia, molti dei quali grazie alla collaborazione tra i governi europei e le autorità libiche. Amnesty International denuncia da tempo come la politica comune dell’Ue e della Libia di intercettare migranti e rifugiati in mare e riportarli nel Paese nordafricano abbia determinato detenzioni arbitrarie prolungate, torture e uccisioni, anche a seguito di attacchi indiscriminati o mirati”.

A Berlino sarà presente il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Cosa chiede Amnesty all’Italia?

Io credo che l’Italia sia un po’ indietro, perché la bozza che sta circolando di Dichiarazione finale, parla dell’evacuazione dei migranti e dei rifugiati in Libia, mentre noi stiamo presentando a Tripoli alcune irrilevanti modifiche al memorandum, trascurando di fatto che quel Paese è in guerra e confidando ancora nell’aiuto della Guardia costiera libica nell’intercettare persone in mare e riportarle in mezzo alla guerra”.

A Berlino saranno presenti leader di Paesi che hanno pesanti responsabilità nella guerra per procura che sta marchiando la Libia e alimentando la tragedia umanitaria in atto da anni.

“Il problema è se li lasci fuori perché li lasci fuori, se li coinvolgi perché li coinvolgi. Il punto è cosa esce da Berlino il 19 gennaio. Quali impegni concreti e verificabili verranno assunti. In questa ottica, Amnesty International chiede a tutti i Paesi che saranno al tavolo di Berlino di rispettare l’embargo Onu del 2011 sulle armi, embargo che alcuni Paesi hanno violato, inviando oltre alle armi anche mercenari sul terreno. Altra richiesta impellente, è di collaborare con il Consiglio Onu dei diritti umani per favorire, in tempi rapidi, l’istituzione di una commissione d’inchiesta, o un organismo similare, con lo scopo di conservare le prove dei crimini di guerra e di altre violazioni dei diritti umani e di aprire la strada verso la giustizia e la riparazione del danno per le vittime e i loro familiari. Se i convenuti a Berlino si convincono a diventare una soluzione, cessando di essere un problema, bene, altrimenti finirà come le tante  inutili conferenze sulla Siria”.

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