La liberazione di Saif al Islam da parte delle milizie armate di Zintan inserisce un ennesimo elemento di riflessione sull’esplosivo mosaico libico, dove la costante è data dalla conflittualità armata tra governi che, rivendicando legittimità, non esitano a dare voce alle armi per corroborare la loro (presunta) fondata aspirazione a rappresentare il Paese e magari anche le sue enormi ricchezze nel settore energetico.
La Libia, negli anni seguiti all’abbattimento della dittatura di Muammar al Khaddafi (Gheddafi nella versione italianizzata del nome, nds) è caduta nell’ingovernabilità provocata dall’assenza di una visione politica futura da parte della coalizione che abbattè, a colpi di razzi e missili, il rais. Una guerra che fu scatenata sulla spinta della Francia, che non aveva perdonato a Khaddafi alcune scelte, per così dire, materiali. Come, ad esempio, quella di non acquistare i francesi Rafales, fortissimamente sponsorizzati dall’allora inquilino dell’Eliseo, Sarkozy.
Ma questa è storia di ieri. Oggi è arduo trovare in Libia il bandolo di una matassa che è, insieme, politica, militare, economica, ma anche sociale, perchè il Paese risente ancora fortemente della ingombrante ruolo delle tribù, cui lo stesso Khaddafi non seppe sottrarsi.
Il fatto che Saif al Islam sia tornato libero, dopo alcuni anni di reclusione (certamente molto più sopportabile rispetto a quella riservata a tutti i libici che si trovano in stato di detenzione nel Paese), piuttosto che aprire un nuovo capitolo nella cronaca quotidiana, determina una serie di interrogativi sul futuro della Libia, che, oggi più di ieri, avverte la necessità di una parvenza di stabilità, cui forse qualcuno spera possa contribuire il rampollo prediletto del rais.
Ma Saif al Islam è personaggio controverso perchè, nel periodo di massimo fulgore della dittatura parterna, non si fece mancare nulla, a cominciare dall’arrogante esercizio del potere, che amministrò comunque con intelligenza. A differenza dei suoi fratelli che si macchiarono di gravissimi delitti, prima e dopo lo scoppio della rivolta (come il feroce Mutassim), oppure preferivano trascorrere le loro giornate negli agi concessi dalle ricchezze di papà, che ai figli tutto perdonava.
Saif al Islam era l’unico che poteva ambire a succedere al padre e per questo aveva lavorato per lunghi anni, cercando di mostrarsi come il volto dialogante della dittatura, grazie anche al controllo dell’economia libica e del suo fondo sovrano, pronti a razziare titoli, azioni ed imprese in mezzo mondo.
Ma oggi Saif , persona ingombrante sin che si vuole, potrebbe dimostrarsi terribilmente utile nelle mani di coloro che si candidano a guidare il Paese, come il controverso generale Haftar.
In uno Stato la cui società è parcellizzata tra le tribù (per effetto delle migrazioni interne, forti anche nelle metropoli della costa e non solo nel deserto), il figliolo di Khaddafi potrebbe agire da collante – non certo da catalizzatore – almeno tra quei nuclei tribali che sostenevano il padre e che facevano da cuscinetto nel sud del Paese, nel quadrante geografico più esposto a pressioni dall’esterno di ogni tipo. Ma le tribù tra di loro, pur se si rispettano e si temono, certo non si amano ed usare Saif come una Madonna pellegrina da mostrare in giro ad uso e consumo della folla potrebbe anche dimostrarsi alla fine dannoso. D’altra parte l’uomo, intelligente come ha sempre dimostrato di essere, potrebbe, con i suoi comportamenti nel futuro immediato, non certo smarcarsi dalla figura paterna, ma usare a suo uso e consumo, come un manifesto delle sue intenzioni, gli aspetti positivi (pochi, a dire il vero, ma tangibili) che la dittatura ha comunque avuto.
La popolazione libica non direttamente coinvolta nella fase armata del post-dittatura oggi rimpiange la tranquillità sociale (seppura fasulla e comunque pagata con un prezzo altissimo in termini di diritti umani) che il regime garantiva. Con la forza e la violenza, certo, ma comunque la garantiva. E’ cinico ragionare in questi termini, ma è assolutamente necessario considerare anche questo, che spazza in un sol colpo l’asserzione che la peggiore delle democrazie è comunque meglio della più perfetta delle dittature perchè alla fine ci sarà sempre qualcuno cui la mancanza di libertà personali poco importa se ha la pancia piena.
Se Saif al Islam saprà resistere alle pressioni che già gli sono riservate, potrebbe essere un elemento (comunque non decisivo o necessario) per giungere ad una soluzione negoziale del conflitto intestino alla Libia. Non sarà facile, perchè le prigioni libiche grondano ancora del sangue degli oppositori massacrati per volere di Khaddafi e nel silenzio dei figli. A cominiciare da Saif al Islam, che certo non può proporsi al suo popolo come chi abbia ripudiato il padre. Non gli crederebbe nessuno.
L'ombra di Saif al Islam Gheddafi sul futuro della Libia
Il figlio del colonnello potrebbe dimostrarsi utile nelle mani di coloro che si candidano a guidare il Paese, come il controverso generale Haftar.
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Diego Minuti Modifica articolo
12 Giugno 2017 - 15.14
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