Questa volta niente sangue, nessuna scena raccapricciante, niente decapitazioni o boia. Ma solo sorrisi, abbracci e buoni sentimenti.
Eppure il filmato dell’Isis messo in rete ad uso e consumo della propaganda interna è egualmente terribile mostra una forma di violenza. Perché mostra come un bambino di nemmeno due anni, che a malapena ha cominciato a camminare e non sa ancora parlare, possa essere allevato nel nome della guerra e delle armi.
Il video, nel migliore stile della propaganda dei sentimenti rivolta ad un pubblico relativamente ingenuo, mostra un giovane padre che armato del suo fucile fa il suo turno in trincea, poi torna a casa, dove ad aspettarlo c’è un bambino di circa 18 mesi (accompagnato dal nonno) che camminando a malapena corre tra le sue braccia e viene sollevato.
Immagini tenere del non padre che prende in braccio il figlio, del nonno che bacia il piccolo. E poi il papà che gioca con il figlio, gli compra una cioccolata, lo porta con sé a fare un giro in città, lo porta nella moschea, lo porta in ospedale dove, da uomo caritatevole, distribuisce dolcetti ai malati e agli amici.
Ma poi il bimbo viene vestito con una mimetica, in testa un berretto nero dell’Isis e come giocattolo un fucile di plastica, mentre il padre ne imbraccia uno vero.
Messaggio dell’Isis: così un buon padre alleva il figlio. E nello sfondo il secondo messaggio: dove c’è l’Isis regna la pace, i negozi sono pieni, non si fa la fame, la gente è solidale.
Su tutto resta una domanda: se mai un giorno (speriamo presto) quelle città e quelle province fossero liberate militarmente dallo Stato Islamico, come potrebbero quelle terre essere liberate da un fanatismo così diffuso? Quale sarà il futuro dei bambini allevati con le armi e trasformati in boia prima ancora di essere adolescenti?